giovedì 31 dicembre 2020

LIMITI, DERIVATE, INTEGRALI in un CALCOLO INFINITESIMALE NARCISISTA

Quanto sono contento che, come mi ha fatto rimarcare il mio grandissimo amico Paolo Letizia (qui in questa fotO nel marzo 1962) mi sono riallacciato totalmente, senza si e senza ma, alla mia vera , unica essenza esistenziale, che a questo punto si configura sopratutto come insistenziale ....di fiero reazionario, anti modernista, anti progressista, anti tecnologico,a questo punto anche antidemondizzazionista (secondol'accezione Junghiana e anche Heideggeriana, suscettibile di scadere sempre un pò alla Mephisto di Klaus Mann): decisamente orientato "A DESTRA", senza mai aver avuto niente a che spartire con l'aborrita sinistra buonista e political corrett....(non so neppure come si scrive, nè lo voglio sapere. DESTRA, DESTRA, DESTRA come la mano, come il braccio e la gamba , come l'emisfero del cervello quello dell'intuizione, dell'arte , della poesia, e se qualche cosa deve essere di conto, di calcolo, ebbene può anche esserlo, ma con una accezione narcisista e peculiarità di infinitesimale. come è noto Il calcolo infinitesimale si basa sul concetto di limite di funzione e di infinitesimo, inteso come valore estremamente piccolo assunto dalla funzione nei punti prossimi a uno in cui essa si annulla. Per convenzione, si usa suddividere il calcolo infinitesimale in calcolo differenziale, che approfondisce il comportamento delle funzioni nell’operazione di derivazione, e in calcolo integrale, che studia le proprietà delle funzioni nell’operazione di integrazione, il calcolo infinitesimale è essenziale per la formalizzazione matematica dei fenomeni naturali e viene utilizzato come strumento di lavoro in tutte le discipline di scienze fisiche. Il concetto di infinitesimale cioè di grandezza che può essere resa più piccola di ogni grandezza assegnabile o, come meno propriamente si dice,di grandezza tendente a zero è gia rintracciabile nel pensiero greco. Dice infatti Anassagora un sofista come Gorgia, come Protagora di cui spesso ho citato la massima più famosa "l'uomo è la misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono, di quelle che non sono in quanto non sono ".... “ non vi è mai limite minimo del piccolo ma vi è sempre un più piccolo essendo impossibile che ciò che è cessi di essere per divisione” questa affermazione può essere letta come infinita divisibilità e vi si può dunque rintracciare un primitivo concetto di limite. Le radici del calcolo infinitesimale sono da ricercare nella geometria dell'antica Grecia. Democrito calcolò il volume della piramide e del cono, probabilmente considerandoli costituiti da un numero infinito di sezioni di spessore infinitamente sottile. Eudosso e Archimede usarono il "metodo di esaustione" per determinare l'area del cerchio, approssimandola a quella di poligoni in esso inscritti, dal numero di lati via via maggiore. I problemi che sorsero nella comprensione dei numeri irrazionali. Di Leibniz e Newton ho già diffusamente parlato in molti post dei miei blog, per cui passo al XVIII secolo che vide l'applicazione del calcolo infinitesimale in tutto il mondo: fondamentale il contributo di Lagrange che per la prima volta mostrò la possibilità di risolvere compiutamente entro l’analisi i problemi di statica e dinamica (Meccanica analitica, 1788); comunque l'uso approssimativo delle quantità infinite e infinitesime pose in discussione i fondamenti della teoria e innescò un acceso dibattito, cui presero parte numerosi esponenti di spicco delle comunità filosofica e scientifica. Nel XIX secolo, grazie all'analisi, le vaghe nozioni di infiniti e infinitesimi allora esistenti vennero sostituite con definizioni precise, formulate in termini di quantità finite. Bernhard Bolzano con i suoi Paradossi sull’infinito e Augustin–Louis Chaucy definirono con precisione i limiti e le derivate; lo stesso Chaucy, insieme a George Riemann, formalizzò il calcolo integrale, ed ebbe il grande merito di aver portato nell’analisi matematica una profonda esigenza di rigore sconosciuta ai matematici dei secoli precedenti che si erano preoccupati soprattutto di applicare il calcolo infinitesimale a problemi sempre nuovi, quasi sempre a scapito del rigore mentre Julius Dedekind e Karl Theodor Weistrass fecero altrettanto per i numeri reali. Fu dimostrato che le funzioni differenziabili sono continue, e le funzioni continue sono integrabili, ma che per nessuna delle due affermazioni vale il teorema inverso. Nella matematica del Settecento e dell’Ottocento l’infinito fu definito mediante il concetto di “limite” al quale però i matematici del tempo non riconobbero un tipo di grandezza a sé stante. Diceva Gauss in una lettera del 1831: “Protesto contro l’uso di una grandezza infinita come qualcosa di completo, uso che non venne mai ammesso nella matematica. L’infinito è soltanto una "façon de parler" a voler essere rigorosi si parla invece di limiti, cui alcuni rapporti vengono vicini quanto di vuole, mentre ad altri rapporti è permesso crescere oltre ogni misura".

Il calcolo infinitesimale è un ramo della matematica che studia principalmente i concetti di limite, funzione, derivata, integrale e serie infinite. Questa branca costituisce la parte più consistente della matematica e sta alla base di molte equazioni che descrivono i fenomeni fisici e meccanici, il calcolo infinitesimale è lo studio di come le cose cambiano: si tratta di una branca della matematica che osserva i numeri e le linee, che appartengono in genere al mondo reale, e cerca di descrivere il modo in cui cambiano. Sebbene a prima vista possa sembrare un'analisi con poca utilità, il calcolo infinitesimale è invece uno dei rami della matematica più applicati al mondo. Immagina di avere gli strumenti necessari per capire quanto velocemente il tuo volume d'affari aumenti in ogni momento, oppure che ti permettano di tracciare la rotta di una navicella spaziale e capire quanto velocemente questa consumi il carburante. A questo punto è evidente che si tratta di un mezzo fondamentale in ingegneria, economia, statistica, chimica e fisica e che ha permesso la realizzazione di molte invenzioni e scoperte del mondo reale. Si dovrà anzitutto familiarizzarsi con il concetto di "funzioni":le funzioni sono relazioni fra due numeri e si utilizzano per analizzare dei rapporti numerici nel mondo reale. Si tratta delle regole rispettate da dei numeri fra loro correlati e i matematici le rappresentano con dei grafici. In una funzione, ogni dato inserito porta a un risultato. Per esempio nella funzione y = 2x + 4, per ogni valore assegnato a "x" corrisponde un nuovo valore di "y". Se x = 2, allora y = 8, se x = 10, allora y = 24. Tutti gli studi del calcolo infinitesimale si concentrano sulle funzioni per capire come cambiano, per poi applicarle alle relazioni nel mondo reale. Le funzioni spesso sono scritte rispettando questo tipo di notazione: f(x) = x + 3. Questo significa che la funzione, f(x), prevede di sommare il valore 3 a ogni valore di x. Se vuoi assegnare il valore 2 alla variabile x allora devi scrivere: f(2) = 2 + 3 cioè f(2) = 5. Tuttavia, le funzioni possono descrivere delle relazioni ben più complesse. La NASA, ad esempio, ha sviluppato funzioni che fanno capire la velocità di un razzo basandosi sulla quantità di carburante consumato, la resistenza del vento e il peso della navicella. Prendiamo il concetto di infinito: lo si può associare alla ripetizione continua e senza fine di un processo. Non si tratta di un luogo specifico (non si puo' raggiungere l'infinito), ma piuttosto il comportamento di un numero o di una equazione che viene calcolato continuamente. Questo è un fattore molto importante per studiare il cambiamento: forse vuoi sapere la velocità della tua auto in ogni dato momento; tuttavia, significa che vuoi sapere la velocità di un determinato secondo, di un certo millisecondo o di un nanosecondo? Puoi calcolare la velocità dell'auto per intervalli di tempo infinitamente sempre più piccoli per essere estremamente preciso. Questo è il momento in cui il calcolo infinitesimale ti viene in aiuto, e qui ci viene in aiuto un altro concetto quello di limite.Il limite ti informa di cosa succede quando un processo è in prossimità dell'infinito. Ad esempio, prendi il numero 1 e dividilo per 2. Poi continua a dividere il risultato per 2. Il numero 1 diventerà prima 1/2 poi 1/4, 1/8, 1/16, 1/32 e così via. A ogni passaggio il quoziente è sempre più piccolo "avvicinandosi" allo zero. Ma come finirà? Quante volte devi dividere 1 per 2 per ottenere 0? Nel calcolo infinitesimale, invece di rispondere a questa domanda, imponi un limite. Nel caso di questo esempio il limite è lim=0.
I limiti sono facilmente visualizzabili su un grafico; ad esempio, ci sono dei punti a cui il grafico si avvicina moltissimo senza mai toccarli?
I limiti possono essere un numero, zero oppure l'infinito. Ad esempio se procedi con la somma 1 + 2 + 2 + 2 + 2 + ... all'infinito, il tuo numero finale sarà infinitamente grande. In questo caso il limite sarebbe l'infinito..
Sostanzialmente lo scopo principale del calcolo infinitesimale è quello di capire perché qualcosa sta cambiando in un preciso istante. Si può studiare non solo la velocità di una vettura, ma anche analizzare la variazione di velocità in ogni dato momento. Questo è uno degli esempi più semplici in cui si utilizza il calcolo infinitesimale; tuttavia, è estremamente importante: immagina quanto sia utile conoscere questo dato in merito a una navicella spaziale che sta cercando di raggiungere la luna! Trovare la variazione istantanea è un processo chiamato derivazione. Il calcolo differenziale è il primo dei due insiemi principali che compongono il calcolo infinitesimale. E' a questo punto che entrano in gioco le derivate: comprendere come una funzione cambia in un determinato istante. Il termine "derivata" sottende"quanto velocemente cambia un dato".
La derivata più comune con cui ci confrontiamo ogni giorno è relativa alla velocità. Probabilmente non la chiami "derivata della velocità" bensì "accelerazione".
L'accelerazione è una derivata che ti dice quanto rapidamente un oggetto sta aumentando o diminuendo la sua velocità, cioè in che modo modifica la sua velocità.La derivata rappresenta anche la pendenza (coefficiente angolare) fra due punti sul grafico. Questa è una delle scoperte chiave del calcolo infinitesimale. La derivata fra due punti corrisponde alla pendenza della retta che li unisce. Pensa a una retta comune, come quella identificata dalla funzione y = 3x. In questo caso il coefficiente angolare è pari a 3, il che significa che al variare di x, y varia di 3 volte. La pendenza corrisponde alla derivata: un coefficiente angolare pari a 3 significa che la retta cambia di 3 volte a ogni variazione di x. Quando x = 2, y = 6; quando x = 3, y = 9.
Il coefficiente angolare di una retta è pari alla variazione di y divisa per la variazione di x.
Maggiore è la pendenza e più "verticale" è la retta. In genere si può dire che le rette con un elevato coefficiente angolare variano "più rapidamente".Quando si tratta di linee rette, il calcolo della pendenza è piuttosto semplice: quanto cambia il valore di y al cambiare di x? Nelle equazioni con linee curve, il calcolo si fa più complesso, ad esempio con y = x2. Per trovare una pendenza ancora più precisa, si avvicinano fra loro i punti. Minore è la distanza che li separa è più accurato sarà il valore. Gli scienziati studiano quanto velocemente si stanno estinguendo alcuni animali nel tentativo di salvarli. Tuttavia, gli animali hanno un tasso di mortalità superiore in inverno rispetto all'estate; quindi studiare la velocità media con cui gli esemplari scompaiono durante l'anno non è un dato utile; gli scienziati hanno bisogno di conoscere il tasso di mortalità in un intervallo più breve — ad esempio, dal primo luglio al primo agosto.
Trova delle linee infinitamente piccole per trovare la "variazione istantanea", o derivata. Questa è la fase in cui il calcolo infinitesimale può suscitare un po' di confusione, ma in verità è il risultato di due semplici fatti:per prima cosa si sa che il coefficiente angolare di una retta è pari alla velocità con cui cambia, in secondo luogo si sa che più sono vicini i due punti considerati e più preciso sarà il dato che si otterra'. Ma come è possibile trovare la pendenza in un punto se questa è il rapporto fra le variazioni di due punti? Il calcolo infinitesimale è la risposta: scegli due punti infinitamente vicini fra loro;basta ripensare all'esempio in cui si è cercato di dividere 1 per 2 all'infinito ottenendo: 1/2, 1/4, 1/8 e così via, alla fine ci si avvicinera' molto allo zero e la soluzione potrebbe essere "praticamente zero". In questo caso i due punti sono talmente vicini fra loro da essere "in pratica indistinguibili".Questa è la natura della derivata. Ci sono molte tecniche che permettono di trovare le derivate e dipendono dal tipo di equazione:ogni derivata è un modo per trovare la pendenza di una linea "infinitamente piccola".La derivata di y = x2, ad esempio, è Yl = 2x. Questo significa che può essere trovata la derivata per ogni punto del grafico y = x2 inserendolo nell'equazione della derivata. Al punto con coordinate (2; 4), dove x = 2 e y = 4, la derivata è 4, poiché Yl = 2*(2).
Le funzioni derivate, in genere, si indicano con un apice; ad esempio la derivata dell'equazione Y è scritta come Yl. E' importante ricordare che la derivata è la misura di quanto rapidamente qualcosa sta variando.
Ora per realizzare dei modelli geografici e studiare la loro area e il volume, ora questo viene definito "integrazione". Gli integrali permettono di calcolare la superficie che si trova al di sotto di ogni linea, quindi di trovare l'area di forme strane e irregolari.
L'integrazione consiste nel sommare l'area di molti piccoli rettangoli per trovare quella totale. Se ingrandisci moltissimo un segmento curvo, questo apparirà come una linea piana. Ciò accade anche nella vita quotidiana, ad esempio non puoi vedere la curvatura della Terra perché sei troppo vicino alla superficie. L'integrazione crea una serie infinita di piccoli rettangoli sotto la linea curva e sono così piccoli che il lato "curvo" si può considerare piatto, così da procedere facilmente con i calcoli. Somma l'area di tutti questi piccoli rettangoli per trovare la superficie totale.Ecco il suo aspetto tipico:
∫ f(x) dx
l primo simbolo, ∫, indica l'integrazione. La seconda parte, f(x), indica la funzione in esame (2x + 2, t2 e così via), mentre la sigla dx che trovi alla fine indica la direzione in cui devi misurare.
Se alla fine dell'integrale trovi la sigla dy al posto di dx, significa che stai misurando in orizzontale, dall'asse delle y; Bisogna considerare che che l'integrazione è l'operazione inversa della derivazione:questo è un concetto "inamovibile" del calcolo infinitesimale ed è quello che ha permesso di raggiungere molte scoperte scientifiche e tecnologiche. Dato che queste due operazioni sono strettamente correlate, la loro combinazione ti permette di trovare il tasso di variazione, l'accelerazione, la velocità e il movimento, a prescindere dalle informazioni che si possiede.
Ad esempio, dato che la derivata della velocità è l'accelerazione, si puo' usare questo dato per trovarla,tuttavia, se si conosce solo l'accelerazione di un corpo (ad esempio di un oggetto che cade per effetto della gravità), si puo' procedere all'integrazione e trovare la velocità! Quindi, a prescindere dai dati in possesso, si puo' usare gli integrali e le derivate per conoscere più dettagli.
Con gli integrali si puo' anche trovare il volume di solidi tridimensionali. Se si ruota una figura piana attorno a un asse puoi creare un solido 3D. Immaginiamo di far ruotare una moneta sul tavolo, si notera' che si crea una sfera durante il suo movimento. Si puo' sfruttare questo concetto per trovare il volume in un processo definito "volume per rotazione".
In questa maniera si puo' trovare il volume di qualunque solido finché si è in possesso di una funzione che lo può tracciare. Ad esempio si puo' trovare una funzione che definisca il fondale di un lago e poi utilizzarla per calcolare il volume del lago stesso, cioè il suo contenuto di acqua.

martedì 29 dicembre 2020

fluido come flusso: quindi onde, stringhe e insiemi infiniti

 

Un nuovo studio sottoposto a Peer Review suggerisce che il vuoto dello spazio esterno potrebbe essere un fluido non newtoniano, cosa che riporta di attualità un mistero astrofisico vecchio di decenni relativo a due sonde spaziali della NASA. Il nuovo approccio non solo fornisce una soluzione esatta all’anomalia delle sonde spaziali, ma propone anche un modo completamente nuovo di pensare allo spazio, all’universo e alla teoria della relatività generale di EinsteinIn questa nuova teoria, viene proposta un’equazione che presume che lo spazio esterno sia un fluido addensante (dilatante), un tipo di fluido non newtoniano che sfida la legge di viscosità di Newton. Un esempio di questo è il liquido di oobleck, lo strano impasto fatto di amido di mais e acqua che diventa più viscoso quando viene compresso. Gli oggetti che viaggiano attraverso questo fluido, come le sonde della NASA, sarebbero rallentati dalla viscosità
Per me è molto più plausibile... Uno spazio fluido é sostanzialmente un flusso e quindi ecco che può essere ripresa l'equazione d'onda di Schrodinger, non uno, ma molteplici collassi che potrebbero interessare molteplici realtà... e quindi si potrebbe anche riportare in auge la teoria delle stringhe e pervenire ad un tutto... ma non illudiamoci il cerchio non lo chiuderemo mai, e questo per un semplice motivo: non c'è chiusura! Tutto è aperto, e nel contempo tutto é insieme, valgono le intuizioni di Eraclito sul Logos, ma vale anche l'inconscio freudiano, magari quello che scivola per insiemi infiniti, sempre perfettamente simmetrico, come precisa Matte'Blanco. Negli anni ’70, due sonde spaziali della NASA, le Pioneer 10 e 11, furono lanciate nello spazio con destinazione Giove e Saturno. Mentre i tecnici della NASA seguivano la loro traiettoria, ad un certo punto si accorsero che le sonde erano migliaia di chilometri più vicine alla Terra del previsto, in qualche modo avevano rallentato di 0,874 nm/s2 (nanometri al secondo quadrato). La comunità scientifica ha cercato di capire perché le due sonde avevano misteriosamente rallentato, e nel 2012 è stato pubblicato un documento che suggerisce che l’anomalia sia stata dovuta ai fotoni termici delle sonde emessi dalla dissipazione non uniforme del calore emesso dalle sonde. Per capirci tramite un’analogia, sarebbe come quando si spara un proiettile in avanti con un fucile sentendo la forza del rinculo sulla spalla.Secondo il documento, il rinculo delle sonde avrebbe dovuto causare una decelerazione di 0,74 ± 0,25 nm / s 2   un valore abbastanza vicino a quello reale. Un editoriale in proposito è stato pubblicato su Nature Physics con il titolo …and farewell to the Pioneer anomaly, chiudendo efficacemente il problema. Dopo che una simile pietra tombale era stata posta sull’anomalia delle sonde Pioneer è stato difficile per me pubblicare nuovi risultati; non c’era alcun desiderio di riaprire il problema“, ha affermato il dott. Marco Fedi, un ricercatore italiano che ha pubblicato il nuovo studio sul Canadian Journal of Physics. “Ma la scienza non si ferma mai e i miei risultati sono stati sorprendenti“. Nel suo articolo, Fedi ha ottenuto il valore esatto di decelerazione di 0,874 nm / s 2 misurato dalla NASA. Secondo la sua teoria, le sonde della NASA hanno rallentato perché lo spazio esterno agiva come un fluido viscoso, rallentando le sondeSe la teoria di Fedi fosse corretta, l’implicazione immediata sarebbe che tutto nello spazio si muove attraverso un fluido dilatante che lo rallenta, anche il nostro pianeta. Se i pianeti del nostro sistema solare rallentassero troppo, tuttavia, cadrebbero fuori dall’orbita e finirebbero per precipitare nel Sole. Per verificare se la sua teoria è compatibile con la stabilità orbitale, Fedi ha calcolato quanto tempo impiegherebbe la Terra a uscire dall’orbita supponendo che si stia muovendo attraverso un fluido dilatante e la risposta è di trilioni di anni, grazie alla sua massa molto più grande rispetto a quella delle sonde PioneerFino a quando Einstein non propose la sua teoria della relatività generale, i ricercatori non avevano alcuna spiegazione del perché l’orbita ellittica di Mercurio attorno al sole spostasse lentamente la sua direzione nel tempo più del previsto dalle leggi della fisica classica e in modo notevolmente più pronunciato rispetto ad altri pianeti.Il mistero, chiamato precessione del perielio di Mercurio, è stato risolto quando Einstein ha proposto che la massa del Sole crea un campo gravitazionale attorno ad esso e che l’orbita di Mercurio è interessata perché è il pianeta più vicino al SoleFedi, per testare la validità della sua teoria, ha derivato la formula di Einstein per la precessione del perielio usando le sue equazioni per lo spazio come fluido dilatante. Il risultato è stato identico a quello prodotto dall’equazione di Einstein per la precessione di Mercurio, lo stesso delle tradizionali equazioni per la relatività generale. Ciò suggerisce che i suoi risultati siano perfettamente compatibili con la teoria di Einstein e che potrebbero aggiungervi le basi quantistiche della relatività generale. Poiché i fluidi devono essere composti da particelle, la nuova teoria pone anche delle domande sulla composizione di questo fluido addensante. Fedi ipotizza che questo fluido sia composto da materia oscura ed energia oscura, che si ritiene rappresentino il 95% della massa dell’universo ma la cui esistenza deve ancora essere provata sperimentalmente.Le interazioni di questo fluido con sonde e pianeti potrebbero costituire le prime prove dirette della loro esistenza. Dato che i granuli di amido di mais nell’acqua causano il comportamento non newtoniano della oobleck, le particelle di materia oscura diffusa in un mare di energia oscura potrebbero essere la ragione dell’esistenza di questo vuoto dilatanteFedi ha anche discusso del campo di Higgs, un campo viscoso onnipresente composto da bosoni di Higgs,
come possibile ragione dell’esistenza di un vuoto dilatanteSia le une che l’altro potrebbero essere il motivo per cui lo spazio esterno funge da fluido viscoso e ora saranno necessarie nuove ricerche più specifiche.Un secolo dopo la relatività generale e dalla sua formulazione puramente matematica dello spazio-tempo, sono convinto che siamo un passo avanti verso un cambiamento, i cui segreti sono probabilmente nel vuoto. Ex nihilo omnia [dal nulla viene tutto]”, ha concluso Fedi.Nei giorni tra il 16 e il 17 aprile si è diffusa una notizia riguardante l’osservazione della particolare “danza” di una stella attorno ad un buco nero, presentata come l’ennesima prova a favore della relatività generale.In effetti, una nota equazione del genio di Ulm è capace di predire esattamente tale “danza” stellare. Tecnicamente si tratta di una “precessione del perielio”, già nota da molto tempo agli addetti ai lavori, perché riguarda anche l’orbita di Mercurio attorno al Sole.Quando Einstein spiegò matematicamente lo strano comportamento di Mercurio questa fu un’importante conferma per la sua teoria. La prima prova classica della relatività generaleMa ora alla sua stessa equazione è arrivato anche qualcun altro, e per vie assolutamente inattese. E’ accaduto in sordina non troppo tempo fa, quando il Canadian Journal of Physics, piccola ma rispettabile rivista di fisica nordamericana, ha pubblicato con entusiasmo, dopo un positivo peer review, un nuovo studio, dove l’equazione di Einstein per la precessione del perielio è stata riottenuta partendo dal presupposto che lo spazio non sia curvo bensì “fluido”, per l’esattezza un “fluido dilatante”, come il simpatico liquido chiamato “oobleck”, protagonista di molti video che si possono trovare su YouTube. L’autore dell’articolo non è un illustre fisico di Princeton o di Oxford, bensì il preside di un istituto scolastico di Prato, il prof. Marco Fedi, il quale afferma: “numericamente le equazioni di Einstein producono risultati corretti. Ma siamo sicuri che la spiegazione qualitativa delle caratteristiche dello spazio (cioè uno spaziotempo “curvo”), che Einstein ci propone da più di un secolo, sia quella giusta? Io sto di fatto dimostrando che, se lo spazio fosse un fluido dilatante, la precisione nei risultati non sarebbe da meno! Certo, quando si parla di spazio fluido, molti esperti trasaliscono al pensiero che si voglia riportare in vita una sorta di vecchio “etere”: eppure grazie all’energia e alla materia oscure (che sono il 95% della massa-energia dell’universo) ed anche al campo di Higgs e ai tanti noti effetti che coinvolgono il vuoto quantistico (il “Lamb shift” per esempio), sappiamo bene che lo spazio vuoto… è tutt’altro che vuoto! Se quindi fosse proprio un fluido dilatante?

lunedì 28 dicembre 2020

PER IL GRANDE GIGI RIZZI

Un sentito omaggio a Gigi Rizzi che conobbi bel febbraio del 1969 al locale Lo Scarabocchio ancora permeato del trionfo dell'estate precedente quando ebbe quella sua esaltante storia d'amore con Brigitte Bardot, ovvero tradotta in termini di paragone per noi ragazzetti ventenni di belle speranze "essere stato lì dove abitano le dee dell'Olimpo. Prendo degli stralci di un articolo di Massimo Fini scritto per la sua morte avvenuta canonicamente a Saint Tropez il 23 giugno 1973, a 59 anni spaccati (era nato a Piacenza il 23 giugno dl 1944): 59 anni, quindi ancora nei cinquanta e non nei sessanta,che inaugurano ufficialmente quella "vecchiaia" mortificante e infame, specie per chi ha vissuto intensamente tipo Curzio Malaparte (1898-1957) che invece di scegliere il femminile come motivo di estasi della vita, scelse la vita come racconto. Dice dunque Fini "Il fatto che un giovane italiano si fosse presa la donna più bella, più affascinante, più attraente, più chiacchierata del tempo, il sex symbol per eccellenza, un mito, anzi il Mito, venne vissuto come una sorta di riscatto nazionale di un popolo che era da poco uscito dalla povertà, che viveva ancora in uno stato di inferiority complex nei confronti degli altri Paesi europei e in particolare degli arroganti cugini francesi allora in grande spolvero soprattutto nel mondo del cinema che, non avendo ancora la tv preso l'importanza che ha oggi, era quello che dava la grande celebrità, dove sfornavano registi (la nouvelle vague, Malle, Truffaut, Godard, Clouzot) e divi e dive a getto continuo: Alain Delon, Laurent Terzieff, Jean Paul Belmondo, Jacques Charrier, Jean Sorel, Robert Hossein, Sami Frey, Jean Claude Brialy e, fra le attrici, Brigitte Bardot, Annette Stroiberg, Milene Demongeot, Catherine Deneuve, Françoise Arnoul. Un popolo, il nostro, i cui playboy, meglio latin lover si erano dovuti fino ad allora accontentare di dragare tedesche, legnose, vestite con un infallibile cattivo gusto e prive di qualunque sex appeal, ma di coscia facile, sui litorali di Rimini e Riccione o sulle Riviere liguri oppure di fare flanella nei night di Milano e di Genova (Roma faceva, da sempre, storia a sé) con le entraineuse, cioè con delle puttane più o meno di lusso. Ma fra questa nostra povertà allupata (che, come a voler occultare o in qualche modo sfamare, aveva partorito «maggiorate», con enormi tette ma completamente prive di talento), e il 1968 c'era stato il boom economico del 1960-1964 che aveva messo qualche soldo in tasca ai nostri ragazzi e anche Gigi Rizzi era uno dei frutti di quel boom, di quel primo benessere diffuso: se ne era andato, con alcuni amici, a Saint-Tropez e al posto della tedesca o della svedese un po' linfatica, aveva catturato la più prelibata, la più esclusiva, la più difficile, la più desiderata delle prede: BB, alias Brigitte Bardot, la «numero uno», il cui mito resisteva da una decina d'anni, una che aveva attirato l'attenzione dell'indiscusso e schifiltoso guru degli intellettuali europei Jean-Paul Sartre, una di cui Simone de Beauvoir, che le aveva dedicato un saggio, aveva scritto, testualmente, nel 1960 «BB merita oggi di essere considerata un prodotto di esportazione importante come le automobili Renault», una alla quale, caso unico, era stata intitolata una canzone (mi pare da Bob Azam), una per cui tutti spasimavano e deliravano. E quest'idolo, vincendo la concorrenza di attori famosi e di miliardari attrezzati con Rolls, Ferrari e yacht, l'aveva infilzato Gigi Rizzi da Nervi, un ragazzo benestante ma non ricco, un italiano quasi qualsiasi. Rizzi aveva piantato la bandiera tricolore nel punto più delicato e sensibile dell'orgoglio francese.
Un trionfo, che equivaleva a una vittoria ai Campionati del mondo di calcio. Qualcosa di così stupefacente da oscurare, per il momento, il Sessantotto. ll breve flirt di Gigi Rizzi con la Bardot, un paio di mesi in tutto, non segnò l'inizio ma la fine di un'epoca, che proprio il Sessantotto avrebbe chiuso e che era stata aperta una decina di anni prima dai poeti e dagli scrittori della beat generation, Allen Ginsberg, Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti, Jack Kerouac, e dal movimento hippy, fermenti che avevano avuto il loro epicentro negli Stati Uniti e a Londra (la «swinging London» dei Beatles, di Mary Quant e della minigonna) e che si erano poi diffusi in tutta Europa, ad Amsterdam, a Berlino, a Ibiza e, da ultimo, anche in Italia. Erano stati quei movimenti a scardinare i vecchi costumi, peraltro in modo soft e incruento, e a portare anche a livello di massa una certa libertà sessuale. E quei movimenti, pur essendo principalmente esistenziali, avevano anche un sottofondo politico e antiborghese a cui Gigi Rizzi e i suoi amici, tra cui mi onoro di appartenere o perlomeno avere appartenuto, anch'io, rimasero sempre del tutto estranei, anche perche ' del sociale e sopratutto della politica ce ne fregavamo della bella. Personalmente avevo preso parte ad alcune manifestazioni del '68 con tanto di scritte, ritornelli cadenzati, e frasi ad effetto, ma non mi avevano minimamente impressionato, anzi se debbo essere proprio sincero, mi avevano alquanto infastidito. Avevano fatto rovinare la Festa della Matricola che era una Festa di cui andavo pazzo, e avevano cominciato a pretendere quell'impegno in servizio permanente effettivo che francamente mi urtava ....uuuuuhh che palle!!!! per carità io ero uno che leggeva le poesie di Ginsberg, Corso e Ferlinghetti, ascoltava Frank Zappa, i Jefferson Airplaine e conosceva a mena dito Bob Dylan e il suo ispiratore Woody Guthrie. Ero anche uno che non si era fatto mancare L'uomo ad una dimensione di Marcuse e anzi ci aveva aggiunto gli altri protagonisti della Scuola di Francoforte Adorno, Horkneymer, preferenziando però alla fine Fromm, più vicino alla psicoanalisi; uno che aveva letto e straletto tutti i romanzi più formativi del secolo La Montagna incantata di Thomas Mann, Il Castello di Kafka, tutto e dico tutto della Generazione perduta (Lost Generation di Gertruide Stein) e in quanto all'Italia: Pavese Carlo Levi e Calvino. eppure mannaggia la pupazza, mi piaceva anche ascoltare Peppino Di Capri, leggere qualche raccontino di Urania e addirittura di tanto in tanto incedere a qualche terrificante fotoromanzo della Lancio dove conoscendo alcuni protagonisti - Franco Gasparri, Franco Dani, Katiuscia, Marina Coffa e persino la futura Ornella Muti, allora Francesca Rivelli
mi facevano omaggio di alcune copie. Ho detto terrificanti, e a ragione, difatti non erano infrequenti quelle espressioni "voglio essere tua" "mi ha fatto sua". Gigi era comunque il campione indiscusso, il modello insuperato e ancor non si era diffusa la PNL di Bandler e Grinder, sennò ajvoia a fare esercizi di ristrutturazione in sei passi, sostituendo in seconda battuta del procedimento, la sua persona con la mia e cercare di replicarne il comportamento . in quanto al '68 per me che semmai l'unico accenno politico che mi aveva interessato era stato quello dell'invasione sovietica di Praga, (dove avevo anche cercato di accorrere ma ero stato bloccato alla frontiera di Cheb) ovvero non pro, ma contro il Comunismo, in merito a quel famoso anno, cui sono ancor oggi propenso ad attribuirgli l'epiteto di infausto, in quanto principio di tutto il male che ci ha portato alla situazione attuale di questo liberticida 2020, ecco.... mi piace identificarmi in toto nel libello che uscì qualche tempo dopo quella fatidica estate del 1968

martedì 22 dicembre 2020

MALASTRANA

 

Malastrana è stato il quartiere di Praga che mi ha da subito affascinato in maniera direi sconvolgente, anzi dirò di più : da ancor prima di esser-ci per davvero a Praga, magari ecco subito dopo la lettura di quel Praga Magica  di Ripellino del 1973, con una dilazione ventennale. Il sogno delle scimitarre e di Al Capone ricucivano quel simbolico anche nominalistico sulla zona che al di la’ del suo significato letterale Mala = piccola strana = parte , ovvero “piccola parte” quartiere più piccolo sia di stare e novè mesto, ma anche di Zizkov, Holesovice, forse anche Karlin,  che per me pero’ era anche il melange con una criminalità (una mala) che si comporta stranamente (Al Capone che rotea una scimitarra) ed anche con uno scrittore a me molto congeniale che il nome Malaparte se l’era dato di proposito: tutto confluiva nella suggestione di una prima  visita notturna    col freddo di un 31 gennaio 199…, l’anno preciso non lo metto, perche’ era già della nuova stagione con il regime comunista già superato dagli eventi  e la grande presenza del Presidente  intellettuale Vacav Havel, con già l’affollarsi della grande bolgia del turismo di massa, che però si era ritirata negli alberghi o nelle discoteche di un  
consumismo rampante, di cui Frank Zappa, si proprio lui quello di Hot Rats e di Grand Wazoo, metteva in guardia dal non lasciarsi irretire, con in mano una bottiglia di Becherovka.  I  lampioni  gettavano  sbrilluccicanti sprazzi di luce, color oro antico, sul selciato appena bagnato da una leggera pioggerellina e l’umidità che saliva dalla Moldava come una sinfonia di Smetana, si andava condensando in nuvole di nebbia che tutto avvolgeva e  ovattava. Lo ammetto è proprio  tra i vicoli di Malastrana che mi era capitato, così come d’incanto  di inseguire le ombre di Kafka, di Hasek, di Neruda e dei suoi racconti, e restare sorpreso da un improvviso scorcio che, quasi sempre obliquamente, mi portava la vista ad un improvviso bagliore come quello irradiato dal Castello che si insinua per il canale della Certovka o lungo il viale de U Sovovich Mlynu per  esplodere nella piazzetta di Kampa costringendoti a gettare una occhiata a quel rimando di piani orizzontali che sembravano un quadro di Braque e Picasso del periodo d'oro del cubismo, quello della 4^ dimensione; era una  sorta di geometrale, un geometrale che dal paesistico passava all'emozionale laddove dall'orizzontale  passava alla verticale dando improvvisa consistenza e alla metafora di Nezval, dove tutti quei tetti, le guglie, i pinnacoli, le cuspidi sembrano un accolita di negromanti che stanno grattando il costato del cielo. "Vestita di luce" recita una raccolta di versi di Seifert, e nel vestito ci metti il Kundera dell'insostenibile leggerezza dell’essere o la solitudine troppo rumorosa di Bohumil Hrabal

Malastrana così come tutta Praga è una condensa di  stati d'animo, popolato da fantasmi che girano per le strade ancora oggi, come il Kafka del  Ripellino  di Praga Magica, sulla Celetna ogni mattina alle cinque in punto, che ha deciso di allungare un po’ il passo, percorrere la Karlova e traversare il Ponte Carlo fino a spuntare sulla Mostecka. Mi sono perso per Malastrana tra i suoi vicoli a ridosso della grande piazza e prima ancora di salire su per la Nerudova, a ridosso del grande asse della Karmeltiska – Ujez, dando di fianco al corso della Vtlava e i vari ponticelli del canale della Certovka e del viale de U Sovovich Mlynu, dove risaliva quella nebbia ovattata che ti si fissava dentro il giaccone e ti inumidiva i capelli, pian piano, manco a dirlo sull’incedere della sinfonia di Smetana Ma vlast, ma anche rispecchiandosi negli occhi più azzurri di una fanciulla, che portava un nome impossibile da pronunciarsi, un nome che sempre per quella soffusa magia tendevo ad aggiungere  all’elenco di un romanzo di un altro italiano che aveva nominato 55 città, città ovviamente invisibili, ma che in quel nuovo contesto disvelava all’improvviso la sua percezione

venerdì 18 dicembre 2020

IL MAGICO 7 TRA SCIENZA, MITO E FAVOLA

 

E se tornassimo sul desiderio? folletti, barbe impigliate e a "cominciare con tre", numero magico rappresentante la perfezione, ma io non ne sono affatto convinto, il senso di compiutezza semmai me lo dà il quattro, oppure la zoppicatura/mancanza del sette, ecco ! sette, in una accezione più moderna direi quasi contemporanea è un altro numero magico e non solo nelle favole, difatti qualche decina di anni fa lo psicologo George Miller stabilì una specie di formula sul limite di capacità umana di rattenere informazioni che vedono il sette appunto investito della qualifica di "magico" mettendoci però un più o meno due: " The Magical Number Seven, Plus or Minus Two: Some Limits on Our Capacity for Processing" la tesi di questo psicologo afferma che il numero di informazioni che una mente umana media può tenere in mente mentre è in funzione di questo 7 ± 2. ed è una tesi che addirittura è assurta a livello di legge: la "Legge di Miller" appunto e ha molto influenzato le ricerche in tal senso della famosa scuola di Palo Alto diretta da Grigory Bateson. Ha influenzato anche le prime formulazioni di Bandler e Grinder che hanno diminuito non il sette, ma quel due portandolo a uno (7 ± 1), però attenzione  le informazioni non sono desideri, il desiderio ha sempre qualcosa che ha che fare con la magia e quindi ritornano i folletti, i nani (che anche loro sono canonicamente sette). Il desiderio, a ben vedere è la pietra angolare di tutta la psicoanalisi: cos'è l'infanzia difatti se non l'albergare del desiderio a livello di quasi infinito? ci somiglia anche l'infanzia all'eternità col suo tempo rallentato, col suo mondo a "portata di mano", sotto il balcone, coi suoi caschi di glicini che accompagnano i tuoi passi e i fiori che sembrano spuntare solo per te e che, a posteriori, da adulti si ritrova in un romanzo di Carlo Levi o in racconto di Hermann Hesse, se ne giustifica l'impatto con la ricapitolazione della filogenesi e la teoria dell'Animismo, si legge e si rilegge Freud, come diceva Lacan, si inizia col defilè degli archetipi dell'inconscio collettivo di Jung e si va alla ricerca degli insiemi infiniti di Mattè Blanco. e in buon ultimo (ideale... non cronologico) si cerca il folletto, la barba impigliata, il genio della lampada.
Per arrivarci a questo benedetto desiderio, se non proprio dentro, perlomeno nei pressi, all'intorno, come diceva Eraclito, e scoprire magari che non c'è nessun dio nei paraggi, ma piuttosto un demonio. Il detto di Eraclito suona infatti : "ηθος ανθρωπω δαιµων" c'è anche chi ha tradotto quell' Ηθος con carattere e quindi sarebbe il carattere degli uomini ad essere prossimo ad un demonio, ma Ηθος significa anche soggiorno, luogo dell’abitare ed ecco allora che secondo la parola di Eraclito: non il carattere, ma il luogo è δαιµων! e siccome Eraclito usa indifferentemente tale parola sia per demonio che dio, Il detto, significa che l’uomo, abita nella vicinanza del dio che però è anche demonio, ovvero !al di la' del bene e del male! tra le strade e stradelle di questo cammino possiamo quindi imbatterci nella curiosa scenetta del nanetto colla barba impigliata sotto un tronco d'albero o in quella famosa lampada che contiene il genio imprigionata. "bhe", come diceva Julia Roberts nel film "Pretty Woman" ...."voglio la favola!"


giovedì 3 dicembre 2020

INDIVIDUAZIONE E DEFINIZIONE

 

IL NEVROTICO E' UN MALATO CHE NON VUOLE GUARIRE " or non ricordo bene se la cosa l'abbia detta Freud o Lacan... però... ecco c'è un però: come la mettiamo se il nevrotico è arrivato ad una età così avanzata, da non solo riprendere la questione del processo di individuazione Junghiana, ovvero funzione trascendente, archetipi, la Persona e magari anche la ricostituzione regressiva della Persona, ma raddoppiati i fatidici 35 anni, sia andato ipotizzando un ulteriore processo che non ha più a che fare con l'individuarsi, ma con il definirsi....appunto un Processo di Definizione! Settantanni , quell'accenno sfumato e lontano della Commedia che, non a caso ha avuto l'epiteto di "Divina", tutto un cammino, qualche gioia, qualche soddisfazione, una marea di dolori, veri o presunti, si sopratutto presunti, ma quell'insistere ossessivo della "paura di aver paura di..." che fa quasi mettere in ombra anche quel poco di buono conseguito, e...si rifà pressante la necessità di un nuovo transfert indotto, non naturale o casuale alla Capria Li Masi o alla Francesco o allo spiritoso Medico del Centro Universitario Del Vecchio . "Vedi Mario" mi faceva osservare l'altro giorno Simone, tu non sei affatto guarito dalla nevrosi, sei sempre lì al terribile Ovatta e alla paura della tubercolosi, al terrore dei terrori dello sputare sangue, si d'accordo non ci sono più il "morta di dura tisi" e neppure i denti di Dracula, però c'è altro, c'è sempre una nuova veste che la paura della paura è capace di indossare " quest'ultima osservazione non l'ha fatta lui, ma io che ovviamente sono diventato un campione a infarcire di conoscenza e significato e con straordinaria insistenza qualsiasi manifestazione dell' esistenza; capirai al rozzissimo Ovatta, a sua madre che faceva la balia, ci ho appiccicato nientemeno che gli insiemi infiniti di Mattè Blanco e la perfetta simmetria inconscia nella traslazione delle classi di appartenenza, roba da far invidia a Freud e al suo uomo dei lupi. Mi sono tanto applicato per cambiare indice di riferimento referenziale, e lo vedi : anche con la sola coscienza dell'io, ci sono perfettamente riuscito (però suvvia non era difficile e sostanzialmente era specifico e congruo del mezzo, difatti era ed è "una metafora", quindi richiedeva solo una certa apertura mentale e ovviamente un cervello pensante), ma adesso si apparecchia un'operazione ben più ardua: l'adesione ad un "indice di accostamento proiettivo" e qui siamo su tutt'altro registro, non più una metafora, ma una metonimia, ovvero lo strumento non dell'io, ma dell'Es e quindi una comprensione non più solo intellettiva, ma emozionale. Roman Jacobson certamente, Pierce, Levi Strauss, De Saussure, Chomsky, ma mettici anche Lacan, Mattè Blanco, Jung, Jaynes, Bateson e... si, anche un andamento alla Milton Erickson; pacifico dunque che parlando di psicoterapia e non di psicoanalisi, che è un'altra cosa, io faccia conto solo di una psicoterapia che si rifaccia a Milton Erickson: ergo da una parte la PNL di Bandler e Grinder, divenuta però dopo la separazione dei due, un pò troppo commerciale, specie sulla focalizzazione impressa dal solo Richard Bandler che è divenuto una serie di guru di troppa Hubbardiana memoria; dall'altra ovviamente il Mentalt Research Institute di Palo Alto fondato da Donald De Avila Jackson con Grigory Bateson, che annovera tra i suoi protagonisti gente del calibro di Paul Watzlavitch, Jay Haley, Richard Fish, Joan Weakland e che appunto si rifà a Milton Erickson e non solo, anche ad altri "maghi" della terapia come Fritz Perls e Virginia Satir e ha una sua, diciamo così, tradizione di pragmatica comunicazionale in Harry Stack Sullivan l'ideatore della terapia interpersonale

mercoledì 2 dicembre 2020

INTEGRALE DI LIBERTA'

 

Bhe! comincia l'ultimo mese di questo incredibile anno che ha visto crollare, come in un rovinoso terremoto, tutte le certezze in merito di ragione, razionalità, intelligenza, fiducia, e quant'altro di nobile e positivo possa addursi al genere umano. C'è ancora un filo di speranza (lo vedi io che odio la parola speranza, ora ci faccio riferimento, proprio il caso di dirlo "mai dire mai" ) che proprio in questi ultimi giorni di dicembre possa ribaltare la situazione, però ecco io non riesco ad essere come amici più saldi
e quindi vado soggetto ad alti e bassi con relativi dubbi, disillusioni però anche sopratutto grazie alle persone citate, a recuperi di morale e stato d'animo . Come ho detto fin dall'inizio di questa cattività a filo di ragionamento (quello che non ho mai dismesso) la più grande speranza è quella di uno fuori da ogni schema come Trump che si pone sulla scia dei vari Kannedy, Italo Balbo, Dino Grandi, Ferruccio Parri, e persino Massena, Augerau, sopratutto Desaix, ecco si Desaix con il suo ritorno da Stradella a Marengo e l'esaltante "Una battaglia è perduta? c'è il tempo di vincerne un'altra !" Poca importanza che sia morto colpito da una palla al cuore nel corso del contrattacco, l'importante è che la vittoria arrida alla parte giusta, anche se, proprio i recenti studi, sopratutto quelli pilotati dal semisconosciuto storico dei primi del secolo Guglielmo Ferrero, mi fanno dubitare che la parte di Napoleone e quindi anche di residuo della rivoluzione francese, sia stata quella giusta . eh già perche in sostanza la Rivoluzione francese è anche la logica conseguenza della Rivoluzione industriale, ovvero quel cambiamento di indice referenziale dall'uomo alla macchina e quindi la rilevanza che viene ad assumere la bugia, il "recitare una parte" e quindi la comunicazione pilotata come prodromo dei mass media . Il riferimento è sempre quel Donald Trump e pochi altri epigoni: Putin, Luckacensko, Bolsonaro . Questi giorni sono quindi equivalenti a quello spazio/tempo dell'attesa che il Corpo d'armata di Desaix si appropinqui alla piana di Marengo, per il quale stiamo impiegando tutte le derivate anche con proiezione di numeri negativi, ovvero i numeri immaginari, per definire un più vasto avvenire , un compiuto Futuro Anteriore, si da comporre un perfetto calcolo infinitesimale, più alla Leibniz che alla Newton, che stabiliti i limiti possa ricomporre con opportune derivate le aree del più vasto consenso : un integrale con carattere di Libertà

ENTUSIASMO PER GLI DEI DELL'ETA' DELL'ORO

  La Techne' fu una  pratica di rappresentazione sempre piu’ raffinata - termine che nella accezione antica aveva pero’ un significato m...