Le parole, specie se accompagnate da musica (in sostanza l’etimologia stessa della parola “Lyrica”) evocano immagini che non sempre sono corrispondenti al significato, anzi spesso sono antitetiche, ed ecco allora che entra in gioco quella barra messa da De Saussure ai termini di “significato” e “significante” sulla quale Lacan ci ha costruito una bella fetta della sua teoria. I “mille violini suonati dal vento” assieme a “tutti i colori dell’arcobaleno” nella strafamosa canzone di Modugno andavano a “fermare una pioggia d’argento”… attenzione “fermare” non “formare” come certamente all’epoca non si era portati a distinguere troppo, presi come si era dall’entusiasmo della vittoria a Sanremo della canzone che il titolo ufficiale “Piove” era quasi subito andato in sottordine del molto più coinvolgente “ciao, ciao bambina”.
Ho pensato spesso quale sarebbe potuto essere il momento preciso in cui se, un qualche dio compiacente, o magari quel famoso “genio” della lampada ti avesse detto “ti do la possibilità di tornare indietro nel tempo e di cambiare tutta la tua vita!” Ecco ! Probabilmente questo del risuonare di quel “ciao, ciao bambina”, nel salotto e anche l’ingresso di via Nicolò V, ancora con la foto di nonno Mario in divisa di alpino, incorniciata in quella onda di vetro verdino, la sciabola, il cappello colla penna bianca, tempestata dei segni di rossetto dei baci delle “morose”, le cassette militari borchiate, lo scudo del dignitario etiopico, la grossa pistola argentata a tamburo Astra di fabbricazione spagnola e quella invece nera, di ordinanza, Beretta calibro 9, e anche la coramella nel bagno, si questo, avrebbe potuto essere il più opportuno. Momento di passaggio tra l’infanzia e la prima giovinezza, che a rigore aveva un prodromo in qualche mese prima, al ritorno delle vacanze estive del ‘58 passate in quel di Mondello, quando la riapertura del rubinetto a palline di via Nicolò non aveva comportato alcun riabituarsi a quella manualità e il getto di acqua screziato si era portato via anche tutto quel tempo quasi infinito in cui un giorno durava cent’anni e il sole in cielo sembrava non volesse tramontar mai...oramai il tempo si era velocizzato e la coscienza fatta di abitudini, di gesti oramai inscritti nel programma biologico dell’esistenza, divorava lo spazio/tempo di ogni percezione; un prodromo ed anche una sorta di correlato psicofisico, postdatato di 9 mesi, ovvero alla fine di ottobre di quel fatidico 1959, con uno spaghetto che ti era andato accidentalmente a finire nel naso (trauma effettivo) andandosi anche a infilare nel sentito dire che il terribile Ovatta (il giuggiolone più grande che ti aveva dato il tormento un paio d’anni prima) si era ammalato di tubercolosi. Bhe certo! è ovvio che allora non disponessi di una teoria come l’inconscio come insiemi infiniti di Mattè Blanco, che infrangeva tutte le regole della logica aristotelica per postulare un inconscio come traslazione di tutte le classi di appartenenza, e operante per simmetria, laddove riprendendo un altro punto del filosofo di Stagira quello del Sillogismo, la proprietà transitiva dell’enunciato agisce, appunto per simmetria del funzionamento dell’inconscio: Ovatta era cattivo, Ovatta è malato = io sono cattivo, io sono malato della stessa malattia. Ripeto, conclusioni di decenni posteriori, ma che presupponendo nel qui e ora del momento presente, l’incontro con il genio della lampada o con un qualsiasi folletto con la barba impigliata sotto un tronco di un albero, e il relativo esaudimento del desiderio, possono benissimo venire introdotte. Abbiamo scelto quindi un momento grosso modo a metà tra la prima impressione del cambiamento di stato (dall’infanzia alla giovinezza, un qualcosa che il mito, la filosofia, le fiabe, persino le religioni hanno rappresentato in vari modi, Prometeo e il furto del fuoco agli dei, il paradiso terrestre, la intelligenza pietrificata di Schelling, l’albero e la mela con quel “voi sarete come dei” del serpente tentatore) e le sue prime manifestazioni reali, condizionate dalla paura (agosto 1958 - fine gennaio 1959 - settembre 1959) . Ritornare quindi a quei mille violini suonati dal vento con tutti i colori dell’arcobaleno che vanno a fermare la pioggia d’argento che non è più la pioggia d’oro dell’infanzia, quella dell’antica cerimonia dell’alchimia, che anche il più vile dei metalli è in grado di trasformare in oro (proprio come tutto il mondo della dorata infanzia). L’argento come è noto, si addice ai sonnambuli, ovvero a coloro che dormono e vegliano nel contempo e una pallottola fatta del suo materiale è l’unico mezzo per fermare i licantropi, ovvero la paura. Quindi nella formulazione del desiderio, in quel tornare indietro in un preciso spaccato momento, abbiamo scelto proprio quello in cui la melodia dei mille violini è portata dal vento e ferma ogni successivo momento di una realtà che è portata da una pioggia d’argento, e nella quale, dal cambiamento di stato, da quando un dio dispettoso, un serpente tentatore, ci hanno costretti a lasciare qualsivoglia pioggia dorata, saremo costretti ad inter-agire.
Oro e argento, sono ovviamente una “metafora” un portare intorno, nei pressi , sono un linguaggio, antico e moderno: quello di un qualcosa di preesistente, di ancestrale, di archètipo, che si serve di “Simboli” : l’ES, e quello di un derivato, di una piccola parte, pervenuto alla parola, e che si serve di “sintomi “ : l’IO.
Puoi anche chiamarli Inconscio e Coscienza, metaforizzare il primo con una pioggia dorata che cerca di ri-mettere insieme (sum-ballein), il secondo con una pioggia d’argento, che invece divide, separa (dia-ballein) , quel grande controverso fenomeno che chiamiamo “VITA
Nessun commento:
Posta un commento