venerdì 26 febbraio 2021

ANCORA SUI MICROBI

 L’INGANNO PIU’ GRANDE  DELLA SOCIETA’ DEI CONSUMI  


Non è certo il primo articolo che scrivo su virus e batteri, e anche su funghi e micobatteri  ovvero i  tanto bistrattati microbi che da quasi duecento anni sono reputati i più probabili responsabili di tutte le malattie infettive, ci sono però spesso degli aggiornamenti che traggo da persone amiche e che ovviamente condividono le mie idee (Leggi rivoluzione di Hamer l'unica medicina che abbia una qualche ragionevolezza) Valdo Vaccaro, Nino Niandi da cui ultimo ho preso questi ragguagli, cambiando la dizione da microbi  che ha sempre un tono di minaccioso a quella di microrganismi : i  microrganismi si trovano dappertutto, vivono in qualsiasi ambiente, popolano a miliardi qualsiasi centimetro cubico della terraferma, del mare e dell'aria,  li si trovano  in luoghi e fra gli elementi fra i più ostili del pianeta, quali il ghiaccio, la neve e le acque ad altissime temperature. Ma cosa più importante essi si trovano nel corpo di tutti gli esseri viventi, piante ed animali compresi. È impossibile sfuggire ad essi, evitarli. Nel nostro corpo - per restringere il discorso all'essere umano - abbiamo circa 100 mila miliardi di microbi. Nel nostro corpo ci sono più batteri che cellule (dieci volte più batteri che cellule). Essi stazionano a centinaia di miliardi in ogni luogo del nostro corpo: bocca, naso pelle, intestino, muscoli, ossa sono pieni di microorganismi. Siamo letteralmente colonizzati, circondati dai microorganismi. Li inaliamo, li beviamo, li ingurgitiamo con i cibi, ce li passiamo a vicenda, ecc. I microrganismi  sono le prime forme di vita comparse sulla terra, anzi, per qualche miliardo di anni sono stati gli unici esseri viventi a popolare la Terra. Noi - al pari di qualsiasi forma di vita esistente sulla terra - deriviamo dai microbi, ci siamo sviluppati dai microbi e da milioni di anni viviamo a contatto e in perfetta simbiosi con essi. La stessa cellula non è altro che un antico batterio che ha inglobato al suo interno un altro batterio (il mitocondrio) per meglio svolgere le sue attività vitali (respirare e produrre energia). I microbi non sono affatto - come la contraffatta e antiscientifica TEORIA DEI GERMI di Louis Pasteur vorrebbe farci credere - i nostri nemici, non costituiscono una minaccia per la nostra vita e per la nostra salute. Tutto il contrario: essendoci noi sviluppati dai microbi, vivendo da sempre in diretto contatto con essi...noi non potremmo più vivere senza microbi, senza il loro apporto e la loro preziosa, fondamentale collaborazione. Infatti molte delle funzioni svolte dal nostro organismo avvengono con la mediazione, con l'azione decisiva dei microorganismi. Senza la loro presenza noi moriremo all'istante, come è stato dimostrato in molti esperimenti di STERILIZZAZIONE di cellule, piante ed animali. Tutti gli organismi viventi separati artificialmente dai batteri sono morti all'istante, non sono riusciti a sopravvivere all'uccisione dei microorganismi che popolano i loro corpi. E questo perchè i microrganismi sono essenziali allo svolgimento di molte funzioni, di molte attività proprie dei nostri organi e tessuti, prima fra tutte l'attività nutritiva (senza l'aiuto dei microbi, senza l'apporto della nostra flora batterica noi saremmo incapaci di digerire e assimilare il cibo, le sostanze nutritive. Così come saremmo incapaci di sintetizzare molte sostanze - fra cui vitamine e proteine - indispensabili alla costruzione di quei mattoncini cellulari che formano i nostri organi e tessuti). Come molti scienziati hanno spiegato tutti gli esseri viventi non sono in grado di svolgere molte attività per loro vitali senza l'apporto e l'intermediazione dei batteri. I batteri dunque, visti come nemici mortali dalla Teoria dei Germi e dalla medicina ufficiale vivono tutti intorno a noi, all'interno di noi, formano una parte essenziale del nostro organismo. Noi viviamo con essi e per mezzo di essi. Pretendere quindi di voler distruggere, sterminare ciò di cui in gran parte siamo fatti significa voler distruggere, sterminare noi stessi, le nostre persone. Se i microbi, come pretende la Teoria dei Germi, avessero voluto distruggerci essi l'avrebbero già fatto milioni di anni fa, quando il nostro corpo era ancora debole e in formazione, non ancora attrezzato e strutturato per resistere agli urti e agli attacchi esterni, all'assalto di una miriadi di agguerriti e famelici nemici. I microrganismi per primi avrebbero distrutto o fagocitato quell'embrione, quel progetto di cellula che a fatica stava per costruirsi ed emergere dalle insidie e dalle trappole della Natura. In verità, se la TEORIA DEI GERMI - e cioè che ci sono agenti patogeni che ci fanno ammalare e ci uccidono - fosse VERA non ci sarebbe più, da miliardi di anni, nessun essere vivente sulla Terra a testimoniare la verità di tale teoria. L'idea che i germi fossero dannosi per l'organismo e costituissero la prima causa delle malattie fu sviluppata per la prima volta in maniera compiuta dal chimico francese Louis Pasteur. Invero molti contemporanei di Pasteur si accorsero - grazie al microscopio ottico da poco inventato - che i germi si trovavano quasi sempre in ogni organo e tessuto malato:  nella parte del corpo dove infuriava la malattia là si trovavano, pullulavano i microbi, i batteri, funghi, micobatteri e anche qualche decennio dopo : i virus. Da questa osservazione fu facile arrivare alla conclusione che fossero i germi la causa della malattia. E questa fu la conclusione a cui approdò Pasteur: se i germi erano sempre presenti nel tessuto malato osservato allora essi dovevano essere i responsabili della malattia(un pò come il famoso “effetto pompieri”: dato che in ogni incendio in corso sono sempre presenti pompieri, si deduce che devono essere appunto i pompieri i responsabili di tale accidente, boutade che lo stesso Hamer non mancò di manifestare, mettendoci la variante degli alieni da Marte, i quali appena sbarcati sulla terra, si ritrovano per puro caso ad assistesse al divampare di molti incendi. Questi alieni - come fece Pasteur con i microbi - accuserebbero, senza pensarci due volte, i pompieri di essere gli unici responsabili degli incendi, i piromani della situazione. Gli alieni infatti notano che i pompieri si trovano sempre sul luogo dell'incendio. Non sapendo i marziani che i pompieri sono là per spegnere l'incendio essi sono spinti a credere che i pompieri solo coloro che appiccicano gli incendi). In realtà, come dimostrò  Hamer un secolo dopo Pasteur, i microbi, così come i pompieri, non si trovano sul "luogo del delitto", nel tessuto o nell'organo malato per appiccare l'incendio, per far divampare la malattia...ma piuttosto per spegnerla, per guarire l'organo o il tessuto malato, per aiutarlo a guarire. Infatti ciò che fanno i microbi è quello di demolire i tumori, di smantellare, aggredendole, le cellule tumorali, i tessuti del corpo cresciuti in eccesso. I microbi, inoltre intervengono per aiutare a rimarginare le ferite, per ricostituire e reintegrare i tessuti ulcerati o necrotizzati, per ricostruire i tessuti cellullari morti. I microbi dunque svolgono la funzione di chirurghi e di spazzini nel nostro organismo. Come i pompieri si trovano sempre nel luogo dell'incendio per spegnere il fuoco, i microbi si trovano nel tessuto malato per aiutare l'individuo a riacquistare la salute. Che i microbi non siano la causa della malattia fu notato da molti contemporanei di Pasteur,  il quale sia detto per inciso,  falsificò numerosi dati i dati degli esperimenti da lui condotti e scopiazzati da altri studiosi, in primis il molto più esperto e competente Antoine Bechamp  Lo stesso Pasteur sul letto di morte ammise che la sua Teoria dei Germi era sbagliata, che i suoi avversari avevano ragione, che egli aveva falsificato i dati degli esperimenti da lui condotti, dati contenuti in circa 10.000 pagine di diario. "Sembra che prima di morire Pasteur, abbia rivalutato l’asserzione di un suo piu’ anziano rivale Claude Bernard che sosteneva che “il microbo è nulla, il terreno è tutto” . Uno storico di Princeton, Professor Geison fece più di cent'anni dopo degli studi approfonditi sulle  note di laboratorio di Pasteur e presentò questi studi presso The American Association for the Advancement of Science a Boston nel 1993, con tali conclusioni : Pasteur pubblico’ molti dati contraffatti e fu colpevole in molte occasioni di "cattiva condotta scientifica", violando le regole della medicina, della scienza e dell'etica". 
Molti avversari di Pasteur, fra cui il citato  Antoine Bechamp, dimostrarono che i microbi non causano la malattia. Questi avversari di Pasteur ovviamente non furono presi in considerazione, dalla classe medica vigente  e sopratutto dalle già attive case farmaceutiche, in quanto le loro teorie più corrette da un punto di vista conoscitivo e diciamo anche "scientifico" non si rivelavano altrettanto proficue e redditizie sotto il profilo del profitto economico e del mercimonio della salute  Gli avversari di Pasteur, Bernard in primis con la sua famosa asserzione "il microbo è nulla, il terreno è tutto" avevano  dimostrato  che i microbi non sono la causa della malattia,  Essi si ritrovavano nell'organo o nel tessuto malato ma non erano certo essi a provocare l'affezione. Insomma detto papale papale "non sono essi la causa della malattia". Semplicemente essi migrano in colonie verso l'organo malato. A tal proposito è significativa la scoperta fatta Bechamp, che era  davvero la bestia nera delle razzaffonate e sempre velleitarie scoperte di Pasteur : a Bechamp fu consegnato un braccio amputato nel suo laboratorio. Il braccio era stato amputato a causa di una gravissima ferita la quale si trasformò in cancrena nel giro di poche ore. Analizzando con il microscopio il braccio Bechamp si accorse che sul braccio non erano presenti microbi o batteri di sorta. I microbi spuntarono sul braccio amputato solo un giorno dopo l'amputazione. Da questa scoperta Bechamp concluse che i microbi non potevano essere la causa della cancrena  semmai, ecco, erano l'effetto di essa. Se noi diamo uno sguardo a come si decompongono i cadaveri possiamo notare che i microbi intervengono sempre uno o due giorni dopo la morte, quando cioè il corpo incomincia a degradarsi per mezzo di sostanze prodotte dal corpo stesso. Queste sostanze, gli enzimi, demoliscono le proteine, suddividono i tessuti nelle sue parti più semplici, fino a liquefarli. A questo punto - alcuni giorni dopo la morte - inizia il processo di putrefazione vero e proprio dovuto all'azione dei batteri. I batteri aggredendo il corpo rilasciano tossine, sostanze velenose. Prima dell'aggressione dei batteri i tessuti del corpo in decomposizione non sono tossici, in essi non si riscontrano segni di avvelenamento. Il corpo incomincia a diventare tossico soltanto in un secondo momento a causa del metabolismo dei batteri. Il corpo diventa tossico, velenoso, maleodorante per il fatto che i batteri banchettano su un corpo privo di ossigeno, in una situazione cioè detta anaerobica. I batteri producono tossine solo in un corpo in decomposizione, in un corpo in cui manca l'aria. Al contrario, in un organismo vivente è stato dimostrato i batteri non producono tossine. Le tossine vengono prodotte solo in un corpo morto. Di questo era a conoscenza Bernard, era a conoscenza Bechamp e molti altri, ma , come abbiamo osservato, contravveniva agli interessi della medicina e della già florida industria farmaceutica.  Essi sapevano che i microbi erano innocui, non dannosi per il corpo umano, non tossici se prelevati da un corpo vivo, da un organismo ancora vivente. Ma anche i microbi tratti da un corpo morto non ancora putrefatto non sono tossici o dannosi, come abbiamo visto. Sapendo questo, molti di essi diedero vita a delle singolari dimostrazioni pubbliche per smentire l'assurda teoria di Pasteur che i microbi provochino la malattia e che essi siano infettivi, contagiosi: alcuni audaci sul finire dell'800', ma anche dopo, nel corso del 900', ingerirono colture di germi prelevate da pazienti morti appena di colera senza per questo ammalarsi di colera. Famigerata a questo proposito è la vicenda del professore dr. Von Pettenkofer il quale davanti ai suoi studenti stupefatti ingerì un grosso bicchiere contenente milioni di batteri del colera. Senza alcuna conseguenza per la sua salute: "il professor Kruif che era presente alla lezione scrisse poi che in quel bicchiere erano presenti milioni di microbi fatti apposta per infettare e sterminare potenzialmente un intero reggimento". Celebre è pure la storia del dr. Thomas Powell il quale davanti ad una giuria inghiottì milioni di germi del colera e della peste bubbonica senza avere effetti per la sua salute. Da quanto abbiamo detto si evince che il contagio non esiste. I microbi non hanno la capacità di infettare e fare ammalare nessuno. Se i microbi non sono tossici - e sono tossici soltanto quando si nutrono di corpi o di sostanze in decomposizione, di corpi cioè in cui manca l'ossigeno - essi non sono dannosi per l'uomo. Essi possono essere ingeriti a milioni, spalmati per tutto il corpo, mescolati agli alimenti senza per questo ammalarsi o subire conseguenze fisiche di qualunque tipo. Pasteur è anche lo ""scopritore" dei virus. Per quanto riguarda i virus bisogna dire che Pasteur non ne vide mai uno al microscopio, per il semplice fatto che non era ancora stato inventato il microscopio elettronico che è l’unico strumento con il quale un virus può essere visto, sempre in vitro e mai nel terreno. Egli semplicemente postulò l'esistenza dei virus,  sosteneva difatti che essendo i virus migliaia di volte (fino a diecimila volte) più piccoli dei batteri era impossibile scorgerli al microscopio. E allora come arrivò Pasteur a sostenere l'esistenza di questi microorganismi mai visti da nessuno? Egli arrivò a questa conclusione dopo essersi accorto che non in tutti i tessuti malati erano presenti i microbi, i batteri. In alcune malattie nei tessuti malati non c'era traccia di microorganismi, come ad esempio nelle malattie della pelle (morbillo, varicella, ecc.). Non scorgendo in questi tessuti malati segni dell'azione dei batteri egli arrivò alla conclusione che dovessero esistere dei microorganismi ancora più piccoli dei batteri, invisibili al microscopio, microorganismi migliaia di volte più piccoli dei batteri e responsabili delle malattie dei tessuti in cui non era possibile scorgere l'azione dei batteri. Fino agli anni trenta in cui Rife inventò sperimentalmente un microscopio elettronico e il dopoguerra in cui tale strumento comincio’ a diffondersi   nessuno mai vide un virus da qualche parte. In verità neppure con il microscopio elettronico fu possibile scorgere, rilevare questi presunti minuscoli microorganismi. Non scorgendoli da nessuna parte si ipotizzò che i virus fossero ciò che restava dalla disgregazione dei batteri morenti. Ciò che resta dei batteri morenti oggi noi li chiamiamo spore. Queste spore in un primo momento furono scambiate per i virus. Ma quando successivamente ci si accorse che dalle spore nascevano nuovi batteri questa idea fu abbandonata. Le spore semplicemente erano gli elementi da cui si riproducevano, da cui nascevano nuovi batteri. Abbandonata l'idea che i virus fossero un sottoprodotto dei batteri morenti si escogito' un altro metodo per accertarsi dell'esistenza dei virus. L'inventore, il creatore di questo metodo fu il figlio di un ricco banchiere, un tale Enders futuro vincitore del premio Nobel per aver scoperto l'esistenza del virus della polio. Questo Enders fraudolentemente arrivò alla conclusione che se - come sosteneva Pasteur - erano i virus a causare ad esempio la polio o il morbillo bastava prendere del liquido dai tessuti affetti da polio e da morbillo ed iniettarli all'interno di una cellula sana. Se la cellula si ammalava o moriva allora ciò era bastevole a dimostrare l'esistenza dei virus. Tuttavia Enders e i suoi collaboratori prima di iniettare il liquido estratto dai tessuti della polio e del morbillo procedettero a sterilizzare la cellula. Questa sterilizzazione e i trattamenti da laboratorio a cui furono sottoposte le cellule portarono, come era prevedibile, alla loro morte. Morte che invece Enders, falsamente, attribuì all'azione dei liquidi dei tessuti della polio e del morbillo contenenti i presunti virus ed iniettati nel corpo delle cellule. Virus che Enders individuò, ancora fraudolentemente, in quello che restava dalle cellule morenti. I pezzi, i frammenti rimasti dalla disgregazione delle cellule morenti furono scambiati da Enders per i tanto cercati e tanto famigerati virus. In realtà quei frammenti non erano i tanto agognati virus. Erano semplicemente pezzi della cellula, frammenti dei suoi organelli, del suo nucleo interno, dei suoi mitocondri. Attraverso questa manipolazione  dunque si arrivò alla scoperta dei virus: i pezzi, i frammenti della cellula morente furono volutamente presentati al mondo come i virus stessi, come quei invisibili microorganismi che si introducono all'interno della cellula per ucciderla. Quelli che dunque oggi la medicina ufficiale chiama virus non sono virus ma parti, frammenti della cellula. Nessuno fino ad oggi ha mai visto un virus da qualche parte, neppure col microscopio elettronico.
Le immagini che oggi i media spacciano per virus - come ad esempio la pallina con gli aculei chiamata CORONAVIRUS - sono soltanto computer grafica, immagini costruite al computer. Ma se i microbi non fanno ammalare e se il contagio non esiste allora da cosa sono causate quelle malattie che colpiscono contemporaneamente una larga fetta di popolazione o un gruppo di persone concentrate tutte nello stesso territorio? Non i microbi, che come abbiamo visto non sono dannosi e che ci circondano a miliardi da tutte le parti e senza dei quali noi non potremmo neppure vivere. Esse sono causate dal fatto che certi gruppi di persone, una data popolazione si trovano a vivere esperienze di vita simili, esperienze per lo più traumatiche quali guerre, assedi, carestie, violente crisi economiche e cataclismi vari. Una crisi economica generalizzata, una guerra, una carestia per lo più scatenano nella persone le stesse paure, le stesse preoccupazioni, gli stessi incubi, gli stessi conflitti vitali: le persone in questi casi hanno tutte - chi più chi meno - paura di venire mutilati, uccisi, di morire di fame, di essere torturati, ecc. Vivendo le stesse paure e le stesse preoccupazioni è facile che sviluppino tutte le stesse malattie. Questo ad esempio è il caso della lebbra e della peste nera (qui di passaggio diciamo che lebbra e peste sono la stessa malattia. Malattie quali il vaiolo, la peste, la lebbra e altre malattie della pelle venivano chiamate fino alla fine del 700' tutte allo stesso modo. I medici non distinguevano ancora una malattia della pelle da un'altra. E questo grosso modo era giusto perchè esse erano originate dallo stesso conflitto di vita, dalle stesse paure esistenziale ed inoltre perchè nelle loro manifestazioni esteriori queste malattie non si distinguevano in maniera significativa le une dalle altre (parliamo della lebbra, della peste e del vaiolo). Oggi queste malattie non sono scomparse e non sono state sconfitte da nessuna campagna vaccinale, come la medicina ufficiale vorrebbe farci credere. Oggi esse sono diversamente denominate. Non si chiamano più lebbra, peste, vaiolo ma MELANOMI, melanomi melanotici o amelanotici, a seconda dei casi. Cambiando nome alla peste e al vaiolo, ridenominandoli melanomi essi dicono di aver sconfitto, fatto sparire tramite i vaccini queste malattie, di averle per sempre debellate. Venendo ora alla PESTE NERA, ciò che scatenò la peste nera e milioni di morti in tutta Europa non fu il famoso batterio chiamato Yersinia ma una serie di eventi catastrofici che flagellarono l'Europa per diversi secoli, dal trecento fino alla fine del settecento. In particolar modo il trecento e il quattrocento furono secoli percorsi da guerre e carestie. A causare le carestie non fu tanto la vertiginosa crescita demografica a cui una prolungata  una mancanza di terreni agricoli coltivabili non seppe far fronte. A causare lunghi periodi di carestie per diversi secoli in Europa fu quella che in seguito gli storici chiamarono PICCOLA ERA GLACIALE. All'inizio del 300', come riferiscono i cronisti dell'epoca il clima impazzì: "nelle cronache dell'epoca si leggono racconti di piogge torrenziali, di inondazioni spaventose, di rovesci che mandarono in malora i raccolti e complessivamente inizia a fare FREDDO. E lo farà per secoli. Noi uomini del XXI secolo non abbiamo idea del freddo che faceva in Europa tra la fine del Medioevo e per tutta l'età moderna: all'inizio del 700' la Senna a Parigi gelava e il vino al mercato si spaccava con la scure e si vendeva in blocchi". Durante questo periodo di piccola era glaciale dunque le carestie divennero endemiche: la gente soffriva la fame e lottava per sopravvivere.  Ma non furono solo queste carestie a flagellare l'Europa: Il trecento  il quattrocento, il cinquecento ed anche il seicento  furono epoche martoriate da guerre, assedi, scorribande di soldatesche, terrificanti condizioni di inurbamento, crollo di qualsiasi misura igienica, distruzione di raccolti, furti, saccheggi. Queste dunque sono le condizioni oggettivamente drammatiche nelle quali si sviluppò quella che gli storici chiamarono peste nera. Tuttavia non furono delle semplici escrescenze, dei melanomi di colore nero o violaceo, i bubboni della peste a causare tutta quella messe di morti in Europa. I tumori alla pelle, gli eczemi quali il morbillo o la varicella in sé non hanno nulla di mortale. E non sono neppure infettivi, contagiosi. Se gran parte della popolazione europea fu affetta da quelle famose pustole nere sulla pelle è perchè essa, nella quasi sua interezza, stava vivendo gli stessi conflitti esistenziali causati dalla guerra, dagli assedi degli eserciti, dalle scorribande delle compagnie di ventura, dai soprusi dei soldati mercenari. Tutti coloro che conoscono la medicina del dottor Hamer sanno che dei tumori alla pelle spuntano negli individui, a protezione della loro integrità fisica, quando questi si sentono attaccati, sporcati, insudiciati, quando si sentono aggrediti o minacciati fisicamente. E questo era proprio il caso dei cittadini europei i quali circondati da tutte le parti da focolai di guerre temevano continuamente di essere feriti, infilzati, percossi, torturati, uccisi dagli eserciti nemici (qui non possiamo spiegare tutto il processo che causa il tumore alla pelle, e quindi pustole e bubboni,qui ci preme sottolineare il fatto che la peste, i bubboni della peste non fossero per nulla contagiosi o infettivi, che non causassero di per sé nessuna epidemia o pandemia. La prova di tale fatto è che la peste come qualsiasi altra malattia non sia contagiosa - è riportata proprio dagli storici dell'epoca:  questi storici ci raccontano che per raccogliere i cadaveri per le strade venivano impiegati i pazzi, gli idioti, i "poveri di spirito" i quali non venivano mai contagiati dal contatto con gli "appestati", non subivano conseguenze fisiche di sorta sul loro corpo per il fatto di raccogliere gli "appestati". E perchè questo succedeva? Perchè essi non sapevano nulla di contagio o infezioni, perchè non erano spaventati dal venire a contatto con gli "appestati". Il contrario invece poteva succedere con i sani di mente, con le persone colte, con la gente normale. Ma non perchè queste ultime venivano contagiate. Ma perchè credendo che i bubboni della peste fossero infetti, contagiosi essi sviluppavano a protezione del loro corpo un melanoma, un tumore nell pelle.  Ma se le persone non morivano a causa della peste - nessuno muore a causa di un tumore alla pelle - allora di cosa morivano effettivamente i popoli europei? Essi, quanto non morivano a causa delle carestie o a causa delle guerre e degli assedi (e quindi anche a causa degli avvelenamenti delle falde acquifere, della mancanza di qualsiasi forma di igiene in tempo di guerra, ecc)...essi morivano a causa dei tumori al fegato o ai polmoni che sviluppavano per la paura di morire di fame o per la paura di essere uccisi. La paura della morte provoca un cancro ai polmoni, così come la paura di morire di fame scatena un cancro al fegato. Tuttavia anche qui non è il tumore ai polmoni o al fegato che causa la morte. Nessun tumore è causa di morte. Nel tumore al fegato o ai polmoni la morte nelle società povere avviene nella fase di guarigione dal tumore, nella fase in cui il tumore viene smantellato, demolito grazie all'azione dei batteri della turbecolosi. Durante questa fase di guarigione turbecolare l'individuo perde molte proteine; proteine che devono essere reintegrate con del cibo ricco di carne. Essendo la carne un cibo proibito alla gran massa della popolazione povera (perchè molto caro) questa era praticamente condannata a morte, non aveva nessuna possibilità di sopravvivere. Sopravvivenza che arrideva facilmente alle classi più ricche in quanto esse potevano nutrirsi con cibi ricchi di proteine. La morte per peste dunque era in realtà una morte per turbercolosi polmonare. Una volta usciti sani e salvi dalla guerra e risolto il loro conflitto della paura della morte le popolazioni non disponendo delle proteine necessarie per reintegrare le proteine perse durante la turbecolosi polmonare morivano per deperimento, per consunzione. Non a caso fino ad un secolo fa i morti per turbecolosi venivano chiamati tisici. Facendo ora un salto di molti secoli in avanti, possiamo dire che anche i morti attribuiti ad un inesistente virus chiamato il virus della SPAGNOLA sul finire della prima guerra mondiale sono da attribuire - quando non sono da attribuire ai vaccini velenosi con cui molte popolazione furono "curate" - ma piuttosto alla fase di guarigione di massa dal tumore polmonare innescatesi sul finire della guerra mondiale a conflitto finito. Finita la guerra le masse, che avevano preso il tumore ai polmoni per vincere la paura della morte, entrarono nella fase di guarigione mediante la turbercolosi polmonare. Anche qui, a causa della grande povertà, le masse più povere non potendosi permettere dei cibi ricchi di carne e quindi di proteine non avevano modo di reintegrare le proteine perse durante la guarigione turbecolare. La loro morte era una logica conseguenza. Le cosiddette pandemie  dunque non sono causate da un inesistente virus. Le cosiddette pandemie - e cioè le morti di migliaia o di milioni di persone nello stesso periodo di tempo - sono quasi sempre provocate da cataclismi sociali, da guerre e carestie, dalla grande povertà in cui versano le masse. Per finire vogliamo mostrare come anche la cosiddetta pandemia che falcidiò centinaia di migliaia di americani indigeni al tempo della conquista dell'America da parti degli Spagnoli e degli europei non fu causata da un inesistente virus del morbillo importato nelle Americhe dagli europei, dai conquistadores, come ci racconta la storia ufficiale. Le malattie della pelle non si importano, non si esportano. Esse sono programmi biologici da sempre esistiti e che sempre esisteranno. Fin quando esisterà l'uomo. Come sanno tutti coloro che conoscono la Storia della conquista delle Americhe da parte degli europei, i nativi americani morirono non a causa di un'innocua malattia come il morbillo. Essi morirono a migliaia a causa dell'intenso e disumano sfruttamento a cui furono sottoposti nelle miniere per estrarre l'oro e l'argento. Lo sfruttamento era così feroce che la vita degli indiani durava in media sette anni. Dopo sette anni era necessario sostituire i morti con altra manodopera, con altri schiavi da buttare nel tritacarne. L'invenzione della pandemia chiamata AIDS è paradigmatica di tutte le altre pandemie (asiatica, suina, aviaria, ebola, CORONAVIRUS, ecc). Essa ha origine dall'invenzione di un virus, il virus chiamato HIV, sorto in qualche parte di mondo dal corpo di un animale, la scimmia, e diffusosi in un batter d'occhio, in men che non si dica per tutto il mondo. Questo presunto virus fu scoperto contemporaneamente da due virologi Robert Gallo e Luc Montagnier. Questi due virologi tuttavia molto tempo dopo sconfessarono la loro scoperta, dicendo chiaramente - Robert Gallo in una lettera pubblica - di non aver mai visto ed isolato nessun virus dell'HIV. In pratica confessarono di essersi inventato tutto. "I sintomi dell'AIDS sono il risultato dell'invenzione della malattia chiamata AIDS" Infatti ad una persona che viene diagnosticata l'AIDS succede di sviluppare contemporaneamente più malattie. Ma non a causa di un virus, il virus chiamato HIV, che non esiste. Ma a causa della paura, del terrore, dell'angoscia che si impossessa dell'individuo a cui è stata diagnosticata una malattia, a detta della medicina ufficiale, mortale, che non gli lascia scampo. Immediatamente nell'individuo - per far fronte all'attacco di un pericolo mortale, il virus dell'HIV - si sviluppano malattie dei bronchi, dei polmoni, dei muscoli e delle ossa (a causa di un crollo dell'autostima, per una avvenuta svalutazione di sé), della pelle (in quanto l'individuo si sente immediatamente sporco, infetto), ecc. Tuttavia all'individuo il colpo di grazia non viene dato da queste malattie che in lui si sviluppano contemporaneamente a causa dello shock diagnostico. L'individuo potrebbe anche sopravvivere benissimo a tutte queste malattie....se non ricorresse alle cure mediche. Egli senza cure mediche infatti si accorgerebbe di poter sopravvivere senza colpo ferire all'infausta diagnosi medica. Ciò che ha dato il colpo di grazia a tutti i "malati" di AIDS in realtà è stato il famigerato farmaco chiamato AZT, un potentissimo veleno con cui Big Pharma pretendeva di curare una malattia che si era completamente inventata (come confessò - forse per lavarsi la coscienza - Robert Gallo, lo "scopritore" di un virus, l'HIV, che non è mai esistito). Fu questo veleno a portare la morte ai malati di AIDS e non un virus mai visto ed isolato da nessuno. Che il virus dell'HIV fosse un virus totalmente inventato è stato sottolineato con forza da non poche autorità mediche : “Se ci sono prove che l'HIV causa l'AIDS, dovrebbero esserci documenti scientifici che, singolarmente o collettivamente, dimostrano questo fatto, almeno con un'alta probabilità. Non esiste un documento del genere. " (Dr. Kary Mullis, Premio Nobel per la Chimica 1993) “Fino ad oggi, non esiste una singola prova scientificamente convincente per l'esistenza dell'HIV. Nemmeno uno di questi retrovirus è stato isolato e purificato con i metodi della virologia classica ". (Dr. Heinz Ludwig Sanger, Professore Emerito di Biologia Molecolare e Virologia, Max-Planck-Institute for Biochemistry, Monaco)". Tutto questo bel discorsetto per evidenziare la assurda paradossale situazione in cui ci troviamo oggi nel secondo decennio del terzo millennio. laddove non sono più carestie o guerre a costituire l'eziologia di una pandemia, ma semplicemente gli interessi di pochi magnati che hanno sviluppato a loro immagine e somiglianza l'interesse di un mercato sempre più consumista e di monopolio per avviare una vera e propria distruzione di massa di tutto quello che l'umanità aveva realizzato nel proprio cammino nel corso dei suoi tre millenni di storia .



giovedì 25 febbraio 2021

UN DIVERSO ELOGIO DEL NARCISISMO

 

Non sono solito prendere cose da altri senza menzionare la fonte.(eh bhe! per un architetto laureato in restauro e che ha lavorato a lungo nello specifico, è il minimo) .... così la figura ed anche la frase del presente articolo sono presi da un Libro che si titola "Elogio del narcisismo" di Luciano Masi , che affronta il famoso mito in maniera non convenzionale, decisamente fuori dal coro del solito buonismo manierato di psicologi irretiti dalle scempiaggini della cosidetta psicologia dell'Io, che riduceva nell'adattamento al sociale, il senso stesso della psicoanalisi, di cui l'uso sconsiderato specie nella società americana ha portato alla banalità e all'irrilevanza. Per cui non solo cito l'autore e riporto la foderina del libro, ma ne trascrivo alcuni passi alquanto interessanti: " Chi ha familiarità con la psicologia analitica junghiana sa che un fantasma così attra-ente e impalpabile appartiene a un archetipo profondo, Gli archetipi sono forme originarie, del funzionamento psichico di cui quello dell'Anima ha una rilevanza centrale nel Processo di Individuazione. Questa forma originaria, questa "eidos" che nasce con la nostra specie, contrassegna la parte femmi-nile che sta nascosta in ciascun uomo e, ovviamente, anche in ciascuna donna. Nei sogni dei pazienti in cui sirene o altre crea-ture marine, affascinanti e sfuggenti, sembrano voler abbracciare il sognatore, per poi sfuggirgli, emerge una sola, impressionante verità: il sognatore è innamorato della parte femminile profonda della sua personalità! Ecco chi è, sostanzialmente, Narciso: un uomo sensibile, alla ricerca di emozioni profonde, che vorrebbe far venire a galla la sua parte femminile ed esporla al mondo come il più prezioso dei tesori. Narciso è, dunque, un "ermafro-dito psichico" che desidera fondere in un’unica forma armonica il maschile e il femminile che è in lui. Questo sogno rischia però di essere irrealizzabile, perché il severo censore interno, il Super Io (ecco qui però io non sono d'accordo perchè dò pochissima pregnanza al cosidetto Super Io) , vieta al bambino la doppia identificazione (col padre e con la madre) e farà di tutto per ostacolare il processo di avvicinamento tra Anima e Animus (la parte maschile presente nell’immaginario dell’uomo e della donna). Ne risulteranno le deviazioni narcisistiche, sia di tipo isterico, sia riguardanti la perver-sione sessuale. Di fronte a questo potente conflitto, apparentemente senza speranza, quale atteggiamento dovrà avere lo psicoterapeuta, quale strategia potrà adottare per salvare il potenziale narci-sista dalla «morte» emotiva? La mia esperienza con personaggi di questo genere mi porta ad una conclusione che potrebbe apparire sorprendente. Il terapeuta deve sostenere le spinte narcisistiche, favorire l’incontro tra Anima e Animus, spingere il paziente a far venire a galla la parte femminile che è in lui e a fonderla con quella maschile in un armonico algoritmo. Quando un’operazione del genere riesce, il narcisista ottiene la password per entrare nel mondo degli affetti e delle relazioni positive. Chiediamoci, infatti: cosa sarebbe accaduto se Narciso fosse riuscito ad afferrare la sua immagine profonda e a fondersi col suo alter-ego? Non ho dubbi in proposito, come i miei pazienti che «guariscono» mi insegnano: sentendosi pienamente realiz-zato nella sua affettività, sentendosi «ricco» di energia erotica, si sarebbe accorto della ninfa Eco e l’avrebbe amata. Posso testimoniare che non esiste amante migliore del narci-sista che ha portato a conclusione (spesso col nostro aiuto) la sua ardua ricerca: quella di riconoscere la femminilità che è in lui e di fondersi con essa in un tutto armonico.Il mito, nella versione di Ovidio, ci presenta un personaggio «minore» che, tuttavia, col dipanarsi del racconto, assume un rilievo straordinario (come accade anche in altri drammi: vedasi il personaggio di Liù, nella Turandot, che all’inizio è marginale e che alla fine sembra dominare l’intero quadro emotivo). Si tratta della ninfa Eco, la regina della parola, diventata alla fine evanescente anch’essa. La versione di Ovidio risulta più convin-cente e più in linea con i riscontri clinici. Anche questo potente personaggio femminile, se ci riflettiamo, è una forma ambigua di donna, per metà concreta e per metà impalpabile. Narciso, dunque, aveva a disposizione una donna simile a quella nascosta nelle acque, ma non se ne accorgeva. Forse il suo destino era proprio quello di fondersi con la sua femminilità, ma tale impresa, affrontata in modo ingenuo, senza strategie mentali adeguate, era destinata al fallimento, a procurargli la morte. Perché non voltarsi indietro, non accorgersi di Eco? Anch’essa voleva fondersi con lui, anch’essa era una Narcisa senza saperlo. (Bhe lo ammetto, io arrivo a tutt'altre conclusioni, mi riallaccio a Al di là de principio del piacere, metto in campo Thanatos che sta appena oltre la riflessione e quindi sfora il limite del desiderio, però traggo piacere e interesse dal leggere lo scritto, che perlomeno tenta interpretazioni meno trite e buoniste di quel brodino annacquato della psicoanalisi che è la psicologia dell'Io cui ha cercato di dare lustro il nome più famoso di tutti : Freud, ma solo nell'accezione di una psicoanaliticamente parlando mediocre figlia .

Ci sono sempre al risveglio sei o sette sogni , eh bhe si! facciamo il famoso "magico Sette" di Miller e mettiamoci quel "più o meno due" che fanno ottimisticamente da limite al numero di informazioni che la mente umana può rattenere; un limite quanto mai ottimistico e non so quanto dipendente dall'età, anche se debbo ammetterlo, la mente non sembra temere la vecchiaia, anzi... dicevamo "informazioni" ma i sogni sono più che altro "messaggi" e per di più "riusciti" anche se sempre e comunque "a chi di competenza" ... messaggi di chi? bhe della vita no!? come recita canonicamente la formula "la vita è un messaggio!" con quella precisazione però, direi proprio necessaria "ma solo a chi di competenza" Il numero sette, in merito ai sogni, mi sembra proprio una chimera, non parliamo poi del nove, però ecco al cinque ci sono spesso riuscito ad arrivare, anche se con una sorta di fumosità e rimpasto piuttosto sconfortanti (il caso di ieri davvero paradigmatico). In merito a quell'espressione "messaggi della vita" mi sta bene per l'accezione di unità integrata conscio/inconscio dell'essere umano, ma mi desta qualche perplessità dal punto di vista procedurale e di metodo : in effetti conscio e inconscio, proprio in quanto linguaggio funzionano diversamente, uno per metafora, l'altro per metonimia, ovvero uno condensa significati, l'altro trascina significanti (non solo Freud e Lacan vanno ben approfonditi ma anche De Saussure) e c'è anche la mia quasi certezza che anche se comportano un'unica unità integrata assolvano a due diverse istanze dell'entità umana (torna sempre il processo bifasico) una di adattamento all'ambiente e quindi di "mantenimento" ottimale ad un ambiente ostile e sopratutto indifferente, l'altra di "desiderio" che è sopratutto desiderio di tornare da dove si è venuti e quindi un pò "coazione a ripetere" di accezione Freudiana in 2^ topica, un pò Mircea Eliade "il mito dell'eterno ritorno", ma che per me ha la maggiore esplicazione in una corretta interpretazione del mito di Narciso e di quel limite spazio temporale della riflessione prima di sprofondare nel nulla.

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martedì 23 febbraio 2021

QUANTO DI INFLAZIONE QUANTISTICA?

 Medicina quantica, guarigione quantica, terapia quantica, architettura quantica, vino quantico, profilattico quantico, ma si mettiamoci anche questo, e considerato che in meccanica quantistica esiste l'effetto tunnel, non credo sia stata una grande trovata. Da qualche anno il termine quantico, o il suo sinonimo quantistico, è diventato come la rucola, e lo trovi in tutto ciò che vorrebbe sembrare l'ultima scoperta scientifica, essendo invece una montagna di sciocchezze.




C'è di che  impazzire e capita anche di leggere da parte di un primario di psicologia  : 

"La teoria dell’Entanglement riconosce un ruolo di particolare rilevanza alla Mente e alle sue capacità di influenzare la realtà circostante attraverso l’energia/informazione degli atteggiamenti mentali, delle intenzioni e dei sistemi di credenze (...). Allo scopo di diffondere questa concezione innovativa (...) operiamo professionalmente per diffondere l’Entanglement nei processi di cura e nel mantenimento della salute."

A questo punto, di fronte a una frase del genere, a un fisico gli viene un coccolone. Nella frase in cui si dice che l'entanglement riconosce un ruolo di rilevanza alla Mente (maiuscolo!) e alla sua (della Mente) capacità di influenzare la realtà attraverso etc etc, è racchiusa tutta la totale incomprensione, da parte di chi fa queste affermazioni, di cosa sia l'entanglement, e cosa sia la meccanica quantistica. Un fisico capisce al volo che chi ha proferito questa frase non ha capito veramente nulla di queste cose.


E quindi vediamo di spiegare che cos'è l'entanglement quantistico passo passo, e spiegare anche perché l'entanglement e la meccanica quantistica non solo non c'entrano nulla con queste affermazioni, ma anzi, semmai dovessero entrarci, direbbero esattamente l'opposto! 
La storia inizia alla fine del 1800, quando la fisica è rappresentata in modo emblematico da Isac Newton. La fisica Newtoniana è una fisica deterministica. Deterministica significa che, dato un sistema (una macchina fatta di ingranaggi e molle, un sistema planetario, una lavatrice...), e supponendo di conoscere con precisione le condizioni del sistema a un certo istante iniziale (la posizione, la velocità, la composizione di tutte le parti del sistema) è possibile, almeno in linea di principio, conoscere come evolverà il sistema a qualunque istante successivo, e quindi sapere come esso ci apparirà a seguito di una misura della sua "condizione".
Potrà essere complicatissimo, o perfino impossibile dal punto di vista pratico (pensiamo a un gas o un fluido, o anche il cestello coi panni della lavatrice, dove non possiamo conoscere la posizione e la velocità di tutto le particelle, e per questo possiamo descrivere il suo comportamento soltanto dal punto di vista statistico), ma concettualmente (è questo il punto) non c'è nulla che lo vieti.
E a sancire il successo di questa fisica ci pensa Urbain Le Verrier, un astronomo che a metà dell'800 ipotizza che certe anomalie dell'orbita del pianeta Urano siano dovute alla presenza di un ulteriore pianeta ancora sconosciuto, la cui presenza ne altererebbe il moto. E Le Verrier calcola, applicando proprio le leggi fisiche dell'epoca, quale dovrebbe essere la posizione nel cielo di questo nuovo ipotetico pianeta. E lo dice agli astronomi: "Astronomi, puntate i vostri telescopi lì, e vedrete che ci troverete un pianeta ancora ignoto".
Gli astronomi lo fanno e scoprono, proprio dove aveva detto Le Verrier, a meno di un grado di distanza nel cielo, quello che in seguito verrà chiamato il pianeta Nettuno.
Un successo incredibile: l'esistenza di un nuovo pianeta scoperta a tavolino, applicando le leggi fisiche note. Sull'onda di questo successo, e nella convinzione che ormai la conoscenza dei fenomeni fisici sarebbe stata tutta una discesa, si entra nel ventesimo secolo, e si scoprono gli atomi. E dentro gli atomi i loro costituenti, gli elettroni, i nuclei, e così via. Quello che in gergo verrà chiamato il mondo dei quanti.
E qui... "Huston we have a problem"
Abbiamo un problema perché quelle leggi deterministiche, che pure avevano riscosso successi così clamorosi da farci prevedere la posizione di un nuovo pianeta sconosciuto nel cielo, falliscono miseramente se applicate al mondo dell'estremamente piccolo.
Falliscono talmente tanto che i fisici, nei primi 30 anni del ventesimo secolo, inventano una nuova meccanica per descrivere il mondo dei quanti: la meccanica quantistica.
La meccanica quantistica funziona benissimo. Descrive tutti quei fenomeni dove la fisica di Newton alzava bandiera bianca, ci da una spiegazione chiara degli spettri atomici, e combinata alla teoria della relatività ci indicherà perfino l'esistenza dell'antimateria. Però ha un problema. Ha il problema che, contrariamente alla fisica di Newton, non è possibile dal punto di vista concettuale  prevedere quale sarà l'esito di una misura su un sistema quantistico. Infatti, mentre secondo la fisica classica una misura svela una condizione preesistente del sistema, una sua proprietà che esisteva già prima di effettuare la misura, nella fisica quantistica è l'atto della misura a determinare la condizione del sistema. Condizione che non è quindi determinata prima della misura stessa. Ma non nel senso che non è determinata perché non la conosciamo, ma proprio perché il sistema non ha una condizione determinata prima di effettuarne la misura (vedi nota 1 a piè pagina) Quello che sa fare questa nuova fisica non è quindi quello di prevedere con certezza l'esito di una misura su un sistema quantico. La meccanica quantistica può soltanto calcolare la probabilità che, a seguito di una misura, il nostro sistema ci appaia in un certo modo, oppure un altro, o un altro ancora. L'atto della misura, secondo la meccanica quantistica, obbliga il sistema a "scegliere" fra una delle condizioni possibili, a caso in base alle probabilità assegnate (che - quelle sì - la meccanica quantistica può calcolare). Come avvenga questa "scelta", ovvero ciò che tecnicamente si chiama il "collasso della funzione d'onda", o anche la "riduzione del pacchetto", la meccanica quantistica non lo dice. E' come se, immaginando il sistema solare come un sistema quantistico (cosa che ovviamente non è), non fosse possibile prevedere dove ci apparirà il pianeta Nettuno andandolo a cercare col telescopio, ma fossimo soltanto in grado di calcolare quale sarà la probabilità di trovarlo in un certo punto o in un altro dell'orbita. E è solo nel momento in cui puntiamo il telescopio nel cielo che il pianeta Nettuno assume una posizione definita.
Questo aspetto della nuova meccanica viene accettato per quello che è dalla maggior parte dei fisici (la cosiddetta "scuola di Copenaghen"), senza stare troppo a cavillare. Il motivo è che la meccanica quantistica funziona meravigliosamente bene, e permette e permetterà in futuro la scoperta di nuovi fenomeni, e la realizzazione di applicazioni pratiche, un paio fra tutte il laser e il transistor, il cui funzionamento è spiegabile solo tramite la meccanica quantistica.
Quindi i fisici dicono sostanzialmente "va bé, non capiamo questo aspetto della natura, ci sembra strano, assurdo o contro intuitivo, ma chi se ne frega: la meccanica quantistica funziona troppo bene per essere sbagliata, e se la natura ha deciso di funzionare così a livello microscopico, noi ne prendiamo atto". Shut up and calculate, insomma.
Questa situazione però non piace ad alcuni, tra cui Albert Einstein, che pur essendo stato uno dei padri fondatori della meccanica quantistica con la sua spiegazione dell'effetto fotoelettrico e della quantizzazione della radiazione elettromagnetica, e pur conoscendo bene l'efficacia della meccanica quantistica nel descrivere il comportamento del mondo microscopico, non se ne capacita che "Dio giochi ai dadi". In questa frase, una delle più travisate e non capite della storia dell'umanità, in particolare da parte dei pensatori della domenica che si cimentano in tuttologia, Einstein vuole sottolineare come ritenga impossibile che un sistema, ancorché quantistico, non abbia realmente una condizione determinata prima di effettuarne la misura. Egli crede piuttosto che la natura ci appaia comportarsi così semplicemente perché la nostra conoscenza della meccanica quantistica è incompleta, ci manca un pezzo. Se conoscessimo realmente tutto del funzionamento del mondo quantistico, scopriremmo che l'esito di una misura, anche nel caso di un sistema quantistico, è perfettamente determinato fin dall'inizio, come per la fisica classica, e come per il caso del pianeta Nettuno. Per fare una analogia, è come quando lanciamo una moneta: l'esito del lancio ci appare indeterminato finché la moneta non si posa sul tavolo, e possiamo calcolarne soltanto la probabilità. Tuttavia, se conoscessimo con precisione il modo in cui lanciamo la moneta, la direzione, la velocità, le asperità del tavolo, le micro correnti d'aria, e tutti i dettagli del problema, potremmo addirittura calcolare, e quindi prevedere su che faccia si poserà la moneta. Insomma un pò quel che i Greci antichi avevano correlato al tiro con l'arco e alla centratura del bersaglio, pervenendo al senso del "tempo opportuno " = Kairos . Quindi è solo la nostra ignoranza di questo insieme di informazioni che ci fa credere che l'esito del lancio sia intrinsecamente indeterminato prima che la moneta si posi. In realtà, invece, è tutto scritto fin dall'inizio, e la moneta sa già su che faccia dovrà posarsi, fin dal momento in cui lascia la nostra mano. Sempre Einstein per sottolineare maggiormente quanto fosse inaccettabile dal punto di vista concettuale la descrizione dei fenomeni quantistici, propose questo esperimento, all'epoca solo mentale ma realizzato in seguito, che prende il nome di argomento, o paradosso, di Einstein, Podolsky e Rosen (abbreviato EPR).
Il paradosso EPR, che rappresenta uno dei punti più importanti nella storia della comprensione dei fenomeni quantistici:  Prendiamo una particella quantistica come un elettrone. Tra le varie proprietà che esso ha, c'è quella di avere uno spin. (Lo spin è una proprietà intrinseca delle particelle e può essere interpretato come un momento angolare , in altre parole una rotazione, anche se non è possibile dare una descrizione corretta facendo ricorso a immagini classiche) .ma ci basta sapere che, ogni volta che misuriamo lo spin di un elettrone, otteniamo o il valore "SU", o il valore "GIU'". L'elettrone, insomma, è come se avesse una freccetta che porta sempre con sé, che si presenta sempre soltanto rivolta verso l'alto o verso il basso.
La meccanica quantistica stessa prevede però che il valore dello spin non sia intrinsecamente determinato prima di effettuarne la misura, e è l'atto stesso della misura dello spin che -  in modo a noi sconosciuto, e che la meccanica quantistica non descrive -  "obbliga" l'elettrone ad assumere, in modo del tutto casuale, lo spin "SU", oppure "GIU'", con il 50% delle probabilità.
 A questo punto, dicono EPR, consideriamo una particella che abbia spin 0, e supponiamo che questa particella ad un certo punto decada in due elettroni. La particella iniziale improvvisamente - puff - scompare, e al suo posto compaiono due elettroni che si allontanano reciprocamente, uno che va da una parte, e uno dall'altra. Sembra una cosa strana, ma sono fenomeni molto comuni e molto studiati nel mondo della fisica quantistica. Ora, siccome la particella iniziale aveva spin 0, e lo spin è una di quelle quantità che si conserva sempre nei processi fisici (come ad esempio la quantità di moto), anche la somma degli spin dei due elettroni in cui essa è decaduta dovrà essere pari a zero. E siccome gli spin degli elettroni possono essere soltanto "SU" o "GIU'", inevitabilmente i loro spin dovranno essere opposti per dare un risultato di spin nullo: se un elettrone ha spin "SU", l'altro dovrà avere lo spin "GIU'", o viceversa.
Stati di questo tipo si chiamano "entangled", che significa "intrecciato, aggrovigliato". Il motivo è che le proprietà dei due elettroni nello stato finale non sono indipendenti le une dalle altre, ma risentono del fatto che i due elettroni provengono da una particella comune, e quindi ne devono conservare certe proprietà, in questo caso lo spin. Il fenomeno di cui stiamo per parlare si chiama  "entanglement quantistico" Sebbene lo spin dei due elettroni debba essere correlato, provenendo entrambi dalla stessa particella madre (sono entangled), la stessa meccanica quantistica ci dice che, prima della misura, il valore dello spin dei singoli elettroni è intrinsecamente non determinato, e sarà l'atto stesso della misura a "decidere" (attraverso un meccanismo che la meccanica quantistica non descrive) qual elettrone sarà "SU" e quale invece sarà "GIU'".
Allora supponiamo di fare la misura dello spin su uno dei due elettroni, mettiamo quello di destra. Un attimo prima della misura l'elettrone, secondo la meccanica quantistica, non aveva uno spin determinato, ma nel momento in cui andiamo a farne la misura l'elettrone - etvoilà! - sceglie, perfettamente a caso, uno dei due valori dello spin, o "SU", o "GIU'". Supponiamo scelga "SU". Aveva il 50% di probabilità, e ha scelto "SU" (il discorso vale analogo anche se avesse scelto "GIU'", ovviamente). Bene: a questo punto però abbiamo la certezza che, a seguito del risultato "SU" sul nostro elettrone su cui abbiamo effettuato la misura, anche l'altro elettrone, su cui non abbiamo effettuato alcun tipo di misura, e anzi, che non ci siamo filati di striscio, assumerà istantaneamente lo stato di spin "GIU'". La misura dello spin su uno dei due elettroni ha avuto un effetto immediato e istantaneo anche sull'altro elettrone, sul quale non abbiamo agito in alcun modo. Ma attenzione, questo avviene ovunque siano questi due elettroni, che quindi potrebbero essere ai capi estremi della galassia, o distanti miliardi di anni luce: l'atto della misura su uno dei due elettroni entangled, ha un effetto immediato e istantaneo anche sulla condizione dell'altro elettrone, ovunque esso sia nell'universo.
E questo - dice Einstein - è impossibile!
E' impossibile perché violerebbe uno dei principi sacrosanti non solo della fisica, ma più in generale del nostro modo di concepire e descrivere il mondo, anche senza sapere niente di fisica. Violerebbe la "località". Località vuol dire che se compio un azione qui e adesso, affinché questa azione produca un effetto laggiù, qualcosa deve propagarsi fra qui e laggiù, e nel tempo che intercorre fra i due eventi. Qualcosa deve interconnettere localmente, punto per punto nello spazio e nel tempo, ciò che è avvenuto qui con ciò che si ripercuote laggiù. Non è possibile che quello che faccio qui e adesso svanisca e riappaia laggiù in un tempo successivo, senza che nulla sia avvenuto nel frattempo nello spazio che c'è fra qui e laggiù, e nel tempo che intercorre fra i due eventi. Tutti i fenomeni che conosciamo, di qualunque tipo, rispettano questo principio, che si chiama appunto "principio di località". Questo fenomeno invece - dice EPR - lo violerebbe. E questo è impossibile. E siccome, continua EPR, non ci credo neanche morto che possa essere violata la località, che è un cardine portante del nostro modo di descrivere tutto ciò che avviene, allora vuol dire - di nuovo - che la nostra conoscenza della meccanica quantistica è incompleta. Vuol dire che non conosciamo tutto, ci mancano dei pezzi, ci devono essere delle "variabili nascoste" che non conosciamo. Se conoscessimo questa parte che ci manca, continua EPR, come per il lancio della moneta scopriremmo che i due elettroni hanno già deciso in partenza come dovranno risultare a seguito della misura, e è solo la nostra ignoranza di come realmente funzionano i fenomeni quantistici che ci fa credere il contrario, e ci porta a concludere che venga violata la località. Se sapessimo tutto della meccanica quantistica, se conoscessimo queste variabili nascoste, scopriremmo che la località non viene affatto violata.
L'argomento EPR, quando fu proposto nel 1935, per certi versi cadde nel vuoto. I fisici in parte lo ignorarono, in parte non lo capirono, in parte lo snobbarono, sempre secondo il motto di "shut up and calculate". Se uno si va a leggere la risposta che Bohr, il guru della meccanica quantistica dell'epoca, diede a Einstein sull'argomento EPR (fonte), la reazione immediata che sorge spontanea è: "ma questo non aveva capito proprio!". La profondità e la sottigliezza del paradosso EPR deve aspettare quasi 30 anni per essere presa sul serio. Einstein nel frattempo muore.
 Nel 1964 arriva John Steward Bell, un irlandese dell'Irlanda del Nord, che lavora nel gruppo teorico al Cern. John Bell prende un anno di congedo e nel frattempo mette a punto un "metodo" per mettere alla prova l'argomento EPR. Un metodo grazie al quale diventa possibile verificare sperimentalmente se i fenomeni quantistici sono realmente non locali, oppure, detto in poche parole, se gli elettroni sono d'accordo fin dall'inizio sull'esito delle misure, e quindi esistono variabili nascoste che rendono la meccanica quantistica così come la conosciamo una teoria incompleta, ed è solo per colpa di questa incompletezza che la località ci appare violata, mentre nella realtà essa viene preservata. John Bell, formulando la "disuguaglianza" che prende il suo nome, ha l'immenso merito di trasformare quello che sembrava un problema puramente metafisico, come proposto da EPR, in un problema strettamente scientifico, proponendo un metodo per misurare, e quindi eventualmente falsificare le due ipotesi. Nel 1964 non c'è ancora la tecnologia adatta per fare questo tipo di esperimento, e bisognerà aspettare una decina di anni. Oggi questi esperimenti sono stati effettuati una miriade di volte, in modi diversi e con tecniche sempre più raffinate. E il risultato è inequivocabile: i fenomeni quantistici violano la località. Gli esperimenti che utilizzano la disuguaglianza di Bell mostrano che nessun tipo di teoria a variabili nascoste che preservi la località è compatibile con i risultati sperimentali, risultati che al contrario sono perfettamente in accordo con le previsioni della meccanica quantistica in quanto teoria non locale. John Bell muore improvvisamente il 1 ottobre del 1990, senza sapere che il comitato dei Nobel, che avrebbe reso noti i nomi dei vincitori di lì a pochi giorni, aveva già deciso di assegnargli il premio per la Fisica. A questo punto abbiamo tutti gli ingredienti per capire dove nasce questo delirio sulla meccanica quantistica applicata nei campi più svariati, dal vino alla meditazione, dall'architettura alla medicina. E soprattutto abbiamo anche tutti gli ingredienti per capire dove questa gente sbaglia nel chiamare in causa la meccanica quantistica. Che siano in buona fede o in mala fede, la cosa cambia poco, perché in tutti i casi essi credono che la meccanica quantistica possa sdoganare scientificamente le loro frasi in libertà.
Innanzitutto l'utilizzo dell'entanglement per giustificare questa specie di olismo cosmico che caratterizza tante affermazioni, come ad esempio la dichiarazione del primario in psicologia riportata all'inizio, e addirittura l'intento di usarlo per curare le persone. Costoro basano le loro convinzioni partendo da fatto che l'entanglement mantiene una relazione fra due particelle, pur enormemente separate fra loro, tanto che una azione (una misura) compiuta su una delle due particelle si ripercuote immediatamente anche sulla condizione dell'altra, qualunque sia la distanza che le separa. In una estrapolazione del tutto arbitraria, essi sostengono che l'entanglement indichi che tutto è in perennemente collegamento a tutto, e ogni azione che io compio si ripercuote ovunque nell'universo e allo stesso tempo tutto ciò che avviene nell'universo si ripercuote istantaneamente su di me e su tutti gli altri esseri dell'universo. Un volemosebene cosmico, insomma. Eh sì, perché l'olismo per i cazzari è sempre buono. L'olismo trasmette il bene, ma mai le cose orrende che pure continuamente avvengono nel mondo. Le molecole d'acqua si trasmettono olisticamente il ricordo di essere entrate in contatto con una molecola di principio attivo "buono", ma non si trasmettono mai il ricordo dei colibatteri. L'errore in tutto questo sta innanzitutto nel non aver capito che il fenomeno dell'entanglement vale per coppie, o comunque per insiemi di particelle quantistiche opportunamente preparate. Non è che se prendo due elettroni a caso, questi sono entangled. Anzi, è vero il contrario! Ma oltre a questo, il  fenomeno avviene comunque solo su particelle o sistemi quantistici, e non su esseri umani di 90 chili! Ma su questo ci ritorneremo. Non solo, ma questa gente ignora che se si effettua una misura su una particella che è entangled con un'altra, le due particelle a quel punto smettono di essere entangled! La misura distrugge l'entanglement! A quel punto io posso prendere una delle due particelle, sbatterla contro il muro, schiacciarla sotto il tacco, modificarne il suo spin o il suo impulso, e l'altra particella non ne risentirebbe affatto! E' soltanto PRIMA della misura che sono entangled. La misura stessa fa cessare il loro essere entangled.  Quindi non è affatto vero che tutto è in comunicazione perenne con tutto. In particolare la storia che si recita sull'equazione di Dirac (che comunque non c'entra nulla con l'entanglement, come descritto qui), secondo cui due esseri che sono stati uniti da qualcosa in passato (innamorati - ovviamente - la possibilità che uno facesse stalking all'altro non è nemmeno contemplata dagli olistici!) lo restano per sempre, è una sonora puttanata (e questo lo ho già esaminato servendomi addirittura di Richard Feynman)  La scemenza dell'equazione dell'amore! Non solo per la cosa in sé, ma anche perché la si vuole giustificare con l'entanglement quantistico, che dice invece proprio il contrario: lo stato di entanglement cessa di valere nel momento in cui compio qualunque azione su uno dei due elementi. Una cosa che dicono spesso i cazzari (lo so, è brutto chiamarli così, e forse è un pò esagerato chiamarli tali, per un qualcosa che in fin dei conti di danni ne fa pochini....al contrario di altre cazzate tipo quelle che ci hanno propinato in questi ultimi tempi (2020 e ancora non demordono in questo 2021) : 
il virus a  ore come una mignotta (Cleò dalle 5 alle 7), che sceglie la zona gialla o la zona arancione manco fosse Iva Zanicchi con la sua riva bianca e riva nera, le museruole che dovrebbero firmare i virus, i vaccini che dovrebbero stare a 80° sotto zero e sono portati per mezza Italia su cartoni che non si conserverebbe neppure una mozzarella, le bare accatastate di 7 anni prima a Lampedusa per un naufragio, spacciate per quelle dei morti di covid a Bergamo, i camion militari che vagano nella notte a detta dei giornalisti anche essi pieni di morti  e che, essendoci dietro la misura un misuratore,  che può essere anzi vieppiù lo è, un infame impostore  allora è la mente umana a determinare la realtà delle cose ( Scemenza colossale, ma quanto mai diffusa e non solo da oggi)   Viceversa la misura in meccanica quantistica non implica affatto la presenza di un misuratore pensante. La misura è semplicemente l'interazione del sistema quantistico in questione con qualcos'altro, di dimensioni macroscopiche, ma non necessariamente. Anche l'interazione con un fotone può rappresentare una misura, addirittura senza che ci sia un'effettiva rivelazione dell'interazione stessa. Quindi la mente umana non c'entra proprio nulla, e è solo una sciocchezza messa in giro da chi vorrebbe dare all'uomo un ruolo di primo piano nell'universo, cosa che a certi piacerebbe moltissimo. E' falsa anche perché l'universo è andato avanti da solo per quasi 14 miliardi di anni senza che nessuna "Mente" misurasse alcunché. Non è che l'universo ha aspettato l'homo sapiens, o peggio ancora i fisici quantistici, per darsi una configurazione decente. Noi sappiamo che già 13 miliardi di anni fa esistevano gli atomi, che si erano assemblati già da un pezzo, e sappiamo che quegli stessi atomi si erano uniti assieme a formare stelle e galassie, senza che nessun new age fosse ancora in giro a scrivere libri sulla mente quantica e sul suo potere di decidere l'andamento delle cose. Inoltre, e questo è l'aspetto cruciale, tutti questi fenomeni che rendono strano, affascinante e contro intuitivo il mondo dei quanti, cioè il mondo dell'estremamente piccolo, smettono di esistere nel mondo macroscopico! Il tavolo su cui sono appoggiato, se lo lascio qui e vado via, non è che se non lo guardo lui può andarsene ovunque nell'universo. Se nessuno lo sposta e torno fra 10 anni, trovo che ha lasciato il segno di polvere sul pavimento, che significa che lui non si è mai mosso! Sebbene tutto sia fatto di atomi, che singolarmente obbediscono alle leggi della meccanica quantistica, tuttavia non devo rivolgermi alla meccanica quantistica per descrivere il comportamento di tavoli, sedie, montagne e esseri umani. Se così non fosse, se il mondo macroscopico obbedisse alle leggi della meccanica quantistica come i singoli atomi, se fosse vero che per esso vale il principio di sovrapposizione, e che soltanto a seguito di una misura un oggetto può assumere una posizione, una velocità o altre proprietà ben definite, col cavolo che Le Verrier avrebbe scoperto il pianeta Nettuno! E quindi le regole del mondo quantistico semplicemente non si applicano al mondo macroscopico, cosa che peraltro è sotto gli occhi di tutti. Perché questo accada, e dove sia il "confine" fra quantistico e non quantistico, questo è tutto un altro paio di maniche, e è un problema su cui la scienza dibatte moltissimo. Ma che per un tavolino, un albero un moscerino o un essere umano non valga il principio di sovrapposizione o l'etanglement è semplicemente un dato di fatto. E infine, è vero, come certi dicono, che l'entanglement quantistico permetterebbe di trasmettere segnali a velocità superiori a quelle della luce, violando quindi la teoria della Relatività? Sembrerebbe di sì, da quello che abbiamo detto. E non solo la velocità usata per la trasmissione sarebbe maggiore di quella della luce, ma sarebbe addirittura una trasmissione istantanea!

Invece no. L'entanglement non solo non permette di trasmettere informazioni a velocità superluminali, ma proprio non permette di trasmettere alcun tipo di informazioni, punto! Per capirlo, supponiamo che la misura dello spin SU o GIU' degli elettroni dell'esperimento sull'entanglement equivalga a ottenere un bit su o giù, 1 o zero. Noi facciamo la misura dello spin su un elettrone, e otteniamo zero o 1. Di conseguenza, se qualcuno decidesse di misurare lo spin dell'altro elettrone, otterrebbe 1 quando noi otteniamo zero, e zero quando noi otteniamo 1. Ma il punto è che noi non possiamo decidere quale sarà l'esito della nostra misura. Possiamo solo constatarlo dopo che abbiamo effettuato la misura! Questo dice la meccanica quantistica. Quindi, se misurassimo lo spin degli elettroni che ci arrivano, prodotti in modo entangled, otterremmo una serie del tutto casuale di 0 e 1, ovvero nessun tipo di informazione.
Allo stesso tempo, colui che decidesse di effettuare le misure sugli elettroni entangled ai nostri, che vanno dalla parte opposta, otterrebbe anche lui una serie del tutto casuale di 1 e zero. Non solo, ma non avrebbe nemmeno la possibilità di sapere che noi abbiamo effettuato misure sui nostri elettroni! A lui semplicemente arrivano elettroni, misura il loro spin, e ottiene risultati che corrispondono a una sequenza casuale di zero e 1. Lui non può dire altro in proposito. Non può sapere che quella serie di bit che ha trovato è il risultato del fatto che noi abbiamo effettuato, prima di lui, la misura sugli elettroni che andavano in direzione opposta, perché quella serie di bit da lui trovata è del tutto casuale, come sarebbe anche se noi non avessimo effettuato alcuna misura. Quindi, quello che sembra una trasmissione di informazioni istantanea, un modo di comunicare superluminale, di fatto non è in grado di trasmettere alcuna informazione. E' solo lo stato entangled che si manifesta per quello che è.

ENTUSIASMO PER GLI DEI DELL'ETA' DELL'ORO

  La Techne' fu una  pratica di rappresentazione sempre piu’ raffinata - termine che nella accezione antica aveva pero’ un significato m...