il nome è ripreso da un vecchio locale di Praga Solidni Nejistota dei primi tempi dopo la liberazione dal comunismo
sabato 4 ottobre 2025
SIMMETRIA SIMBOLICA
Per come lo conosco posso dare qualche informazione ma non
sono per nulla sicuro di centrare la sua vera essenza. Di certo posso dire che
e’ stato sempre un “aficionado” della bellezza, ovvero quel senso estetico un
po’ misterioso, sempre molto soggettivo, che lo si puo’ appuntare ovunque, in
un panorama, in un ambiente, una citta’,
un oggetto, un’opera che magari la si definisce artistica, ma soprattutto, e questo e’ il suo caso, trova la sua piu’
compiuta espressione in una donna, ma
dirla così “una donna” non esprime al pieno la sua dirompente carica di
fascinazione, o perlomeno quella fascinazione di cui lui fu una precoce
vittima, stiamo parlando di un ragazzino intorno all’eta’ di 8, tutt’al piu’ 9
anni di certo non ancora compiuti che soggiaceva a questo tipo di malia ch non era esercitata da una sola persona, ma
da tre, tre ragazzette di diverse eta’ ognuna separata di due anni tra di loro
, ovvero 12, 14 e 16 anni e tutte con il nome che cominciava per elle : Lucetta
la piu’ giovane, Laura quella di mezzo e Letizia la piu’ grande. Questo nel
registro del Reale, ma se vogliamo metterci un po’ di Lacan che manco a dirlo
di certo nessuna delle tre aveva sentito nominare e non parliamo lui che almeno
allora il massimo della lettura restava ancora il libro Cuore coi suoi personaggi,
dalla maestrina dalla penna rossa ai compagni
Garrone, Coretti, Crossi, Nobis, Votini, De Rossi, Franti, avevano un puntuale
correlato nella sua di classe elementare che era proprio la terza anche se lui non
si chiamava Enrico Bottini, allora dobbiamo passare dal reale all’Immaginario ed
allora ecco che si trasferiscono immagini dai film allora in auge , magari
anche un po’ invecchiati dato che le sue visioni cinematografiche erano date per
la maggior parte dalla frequentazione assieme
alla nonna Concetta che lo veniva a prendere all’uscita da scuola alle ore
diciassette e trenta, dai film che con un notevole ritardo venivano offerte dal
l vecchio pidocchietto a ridosso dalla
scuola e appena dietro il Cuppolone di San Pietro, quindi Via col vento, Sansone
e Dalila, Pane amore e fantasia , Ballando sotto la pioggia, i film di Sissi
con Romy Schneider ed anche Mezzogiorno
di fuoco, Tamburi lontani , Peter Pan, la Tunica, etc. Il film cambiava ogni giorno
solo il sabato e la domenica restava lo stesso ed era un film appena piu’
recente , magari della stagione precedente, tipo Toto’ Peppino e la malafemmina,
il Pianeta proibito, i 10 comandamenti. La domenica pero’ era il giorno del
cinema di prima visione o addirittura di anteprima che erano solo due i cinema che a Roma avevano questa qualifica: il Fiamma di via Bissolati e il Rivoli di via Sicilia : ci andava colla Fiat 1400 del padre che da buon sinistrorso tra PSI di Nenni e PCI
di Togliatti, snobbava pidocchietti e perfino sale di 2^ visione e non metteva piede in cinema che non fossero di prima visione, e
ci si vedeva filmoni tipo Quel treno per Yuma con la canzone di Frankie Lane, il Ponte sul fiume Qwai con quell'orecchiabile ritornello , il Conte Max con Sordi e De Sica E' proprio da li, dal cinema, dai vari films che erano prese le pieces
immaginarie del femminile, con una immediata trasposizione delle attrici piu' avvenenti alle tre sopraccennate fanciulle del reale, ovvero Anna Maria Pierangeli, Anna Maria Ferrero, Audrey Harpub, Silva Koscina, Antonella
Lualdi,Giovanna Ralli, laddove lo stuolo delle bonone americane a partire da Marylin Monroe, Kim Novak, Jane
Mansfield, non lo scalfiva per nulla (una
eccezione era stata fatta per la Elizabeth Taylor di L’Ultima volta che vidi
Parigi, film che con la splendida canzone a colonna sonora e la struggente atmosfera di Parigi, che nell'autunno del lontano ’52 aveva portato in casa la lunga permanenza del fascinosissimo zio Jo,
fratello minore della nonna, gran tombeur de femme con tanto di "phisique du role" alto una spanna piu' del padre, con la sigaretta Gitanes sempre in bocca e canticchiando
ossessivamente le note di Douce France di Trenet). Ecco a propositi di musica: all’immaginario che riaggiustava il reale con
somiglianze forse solo fittizie si aggiungeva, proprio come nei film, la colonna sonora che però era soggettivizzata dall’ascolto
alla radio delle canzonette alla moda e del festival di San Remo. Si era
particolarmente fissato con una canzone di una ancora non troppo conosciuto
cantante meridionale Domenico Modugno: Musetto che aveva affibbiato di sana pianta
alla media delle sue Muse, quella dodicenne Laura per via di un vestitino rosso
che soleva portare scarpe di vernice nera su calzini bianchi e capelli non
spettinati come li voleva la canzone, ma a caschetto. Le tre “elle” Lucietta,
Laura, Letizia informavano quindi un
reale arricchito dall’immaginario delle corrispettive attrici che invero erano
anche di piu’ di quelle citate , ad esempio proprio in quell’estate in cui
aveva compiuto i 9 anni, il femminino (termine nel quale si era imbattuto in
una lettura extra scolastica,che tranquilli non era Il Cuore ) , che era proprio il caso di chiamare eterno e aveva avuto una aggiunta di immaginario. Ci aveva provato a cercare di spiegarmi cosa intendeva lui per
quell’eterno femminino, anni dopo che si era fatto adulto, un bel giovanotto di
belle speranze, studente di fisica e con
l’uniforme di Sottotenente degli alpini, che aveva fatto mari e ovviamente monti, per fare il servizio militare nello stesso corpo del nonno che restava la persona
di cui di gran lunga era legato, Colonnello degli alpini con due guerre mondiali sul
groppone, la penna bianca del cappello piena dei segni di rossetto dei baci
delle ragazze, baci che anche loro avevano lasciato quell’impronta indelebile
per rafforzare l’immaginario che sempre piu’ tendeva al simbolico, proprio
perche’ aveva continuamente un aggiunta di fascinazione che si appuntava su
tutto, anche su una sfilacciata penna
bianca, chequando era nera aveva visto i monti del Pasubio e del Grappa, le ambe e gli acrocori d’Etiopia, da bianca i deserti della Libia e il corso della Vojussa, sempre
aggiungendo suoni e musica alle immagini : “il capitan de la compagnia e l’e’
ferito e sta per morir…, ti ricordi la sera dei baci, di qua di la’ del ponte
ci sta una bella mora ed ancora “cara Virginia io vado in Abissinia ….e quando
la pugna si fece pugnetta… sul ponte di Perati bandiera nera…. Insomma tutto un composito armamentario di immagini e suoni che si fa significante e come per scivolamento
metonimico e condensazione metaforica, opera un passaggio di testimone.
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