il nome è ripreso da un vecchio locale di Praga Solidni Nejistota dei primi tempi dopo la liberazione dal comunismo
lunedì 28 luglio 2025
RIVOLUZIONI E PAURA
Ri-voluzione è una parola a doppio senso che maschera da più di due secoli uno dei più tragici equivoci che abbia potuto sviare gli uomini. Per rivoluzione noi intendiamo a volte un nuovo orientamento degli spiriti, una porta aperta sull'avvenire. Ma noi intendiamo anche con la parola rivoluzione il crollo o il rovesciamento di una vecchia legalità, la sovversione totale o parziale delle regole stabilite. Che cos'è una legalità? L'insieme delle regole che fissano i rapporti fra gli uomini di una stessa collettività, fra governanti e governati. Sino a quando essa è riconosciuta e rispettata, l'ordine regna. Una legalità tuttavia, non è mai eterna. V'è sempre una parte della popolazione che le è contraria. Quando questa insorge ecerca di distruggerla, c'è una rivoluzione. La prima rivoluzione corrisponde alla formazione di un nuovo orientamento generale degli spiriti, cioè alla nascita e alla diffusione di un nuovo ethos o, per dirla con il linguaggio delle scienze sociali, di una nuova cultura con i suoi valori e i suoi progetti di vita. Quando le minoranze intense riescono, con il fascino che è proprio della creatività, a contagiare le masse e a convertirle, si ha, per l'appunto, una rivoluzione culturale, la quale pone automaticamente il grande problema del riadattamento dell'ordine istituzionale. Ma le rivoluzioni culturali sonoestremamente lente. Per questo occorrono generazioni per percepire i loro benefici effetti, poiché le masse sono naturalmente conservatrici. Esse, inoltre, sono rivoluzioni silenziose. Gli episodi di violenza o di rottura improvvisa della continuità istituzionale sono di scarsa importanza nell'economia generale della loro dinamica storica. Tutt'altra natura e tutt'altro ruolo hanno le rivoluzioni del secondo tipo. Esse sono essenzialmente distruttive: abbattono le norme che regolano le relazionifra governanti e governati e calpestano il principio di legittimità che le sostiene e le anima. Si possono verificare in pochi mesi, persino in pochi giorni, e hanno effetti sconvolgenti poiché, distruggendo la legalità esistente, fanno precipitare la comunità politica nel caos e nella paura. Di colpo gli uomini scoprono che non possono più fidarsi gli uni degli altri, poiché l'accordo sui principi e sulle norme che regolano la dialettica del comando e dell'obbedienza non ha più alcuna coerenza.È chiaro che questi due fenomeni ora descritti sono un po' la chiave per comprendere la natura duale dell'epoca che si era aperta con la solenne Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino e che aveva proseguito con una serie interminabile di guerre, di colpi di Stato e di tirannidi. "Perché - si domanda Ferrero - la rivoluzion francese, che intendeva dare all'intera umanità «libertà, ugualianza e fraternità», ha fatto precipitare l'Europa nel baratro della paura e delle tirannie? Quale paradosso delle conseguenze fece sì che invece della liberazione dall'oppressione sorse quello che Robespierre ebbe l'offensiva franchezza di chiamare «il dispotismo della libertà»? Che cosa ha sempre impedito che i rivo-luzionari potessero applicare i princìpi democratici da essi stessi proclamati? Attraverso quale processo socio-psicologico si passa dall'anarchia alla tirannia rivoluzionaria? Gia' Cromwell in Inghilterra aveva percepito chiaramente il paradosso della rivoluzione: «È doveroso governare con il consenso del popolo; ma come farlo se tale consenso non esiste?». Ed era giunto a questa conclusione cinica: era sufficiente avere il consenso degli armati per ottenere l'obbedienza generale. Senonché le generazioni successive hanno dimenticato, o non hanno inteso, il senso di tale amara confessione e hanno accarezzato il contraddittorio disegno di istituire il governo del popolo attraverso la rottura rivoluzionaria, con il risultato di produrre regimi mostruosi che, nello stesso tempo in cui proclamano il diritto del popolo ad autogovernarsi, aboliscono tutti gli strumenti - primi fra tutti il potere dell'opposizione e la tutela delle minoranze - necessari alla materializzazione di tale diritto. Ed è proprio questa applicazione rovesciata della formula democratica che, secondo Ferrero, caratterizza il Governo rivoluzionario e lo condanna irrimediabilmente all'inautenticità. E veniamo quindi a dove Ferrero si impone come pensatore d'eccezione, nel suo rifarsi a principi psicologici applicati alla storia, un po' a mo' del Freud di Un avvenire di una illusione o anche del "disagio della civilta'", ecco difatti si lancia in una asserzione che si impone per chiarezza e correttezza di metodo ; "ciò che caratterizza in modo determinante la condizione umana" dice senza imbarazzo" è la paura" . L'uomo è una creatura costitutivamente paurosa (nel senso che ha paura e fa paura) poiché è il solo essere vivente che ha l'idea e il terrore della morte. Questa paura originària e costitutiva dellla sua stessa essenza e' la matrice di tutti i suoi problemi e di tutti i suoi affanni, popola la sua fertile immaginazione di fantasmi mostruosi, di pericoli reali e fittizi, sicché l'uomo può essere definito un animale che vive al centro di un sistema di paura ed e' riuscito ad avere paura di tutto, sopratutto della stessa paura. E' dalla paura di fronte alla stessa paura e quindi di fronte a tutto il suo ambiente, alla natura, ai suoi simili, agli' altri (nemici reali o immaginari) e al futuro (fonte perenne di angoscia e di preoccupazioni) che nasce la civiltà, un qualcosa di tutto sommato artificiale ovvero una condizione di sicurezza e stabilita' che non è affatto il prodotto spontaneo delle cosl dette facoltà dell'uomo o del suo naturale spirito sinagogico. Al contrario: la civiltà è una risposta a una condizione di vita satura di paure, di angoscie nevrotiche e di terrori. L'uomo inventa, produce, costruisce quel complesso multiforme di tecniche, di istituzioni, di simboli, di modelli di comportamento chiamato civiltà poiché vive in una condizione di radicale insicurezza . Per Ferrero come per Freud La civiltà è quindi l'insieme delle strategie poste in essere dall'uomo per sconfiggere la sua paura originaria o,che è lo stesso, per dare un minimo di sicurezza alla sua vita. La religione, la politica, la guerra, la morale ecc. non sono altro che il tentativo, sempre reiterato perché imperfetto, di azzerare la paura, eliminando - o quanto meno riducendo al minimo - gli elementi di instabilità e di incertezza della condizione umana. Il che porta Ferrero a definire la civiltà «una scuola di coraggio», e a interpretarla in una chiave singolarmente affine a quella indicata da Freud e dai suoi seguaci (T.Reik, G. Roheim ecc.), vale a dire come un sistema digusci protettivi, di nicchie culturali entro cui gli uominisi sentono meno esposti ai pericoli (reali o immaginari) dell'esistenza.Il primo strumento per sconfiggere la paura è l'arma.Con un'arma l'uomo si sente capace di affrontare la vita e i suoi pericoli con maggior tranquillità d'animo. Ma ciò significa che egli ha anche la capacità di far paura poiché può offendere mortalmente gli altri, iquali, a loro volta, possono minacciarlo. Così più gli uomini si armano per sconfiggere la loro paura e più hanno paura. A questo punto Ferrero inserisce il suo teorema centrale: gli uomini istituiscono il Potere e i suoi terribili apparati repressivi per ridurre ai minimi termini la paura che si fanno reciprocamente. Il Potere, pertanto, è la manifestazione suprema della paura che l'uomo fa a se stesso, malgrado gli sforzi per liberarsene. È questo forse il segreto più profçmdo ed oscuro della storia. Come si vede, qui tutto accade come in Hobbes: lo«Stato di natura è caratterizzato dal bellum omnium contra omnes che rende onnipresente - e angoscioso lo spettro della guerra civile. Per superare questa condizione autodistruttiva, l'uomo crea il Potere, che ha la funzione di imporre con la forza la pace e l'ordine. Ma nulla garantisce che il Potere sia sempre assecondato
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