martedì 23 novembre 2021

ESTASI TRA BELLEZZA E SCIENZA

 

“Estasi”è un titolo che in questo articolo è incentrato principalmente sulla straordinaria storia dell’attrice che ne interpreto’ l’omonimo film, un film che tra l’altro vanta una primogenitura particolare: essere stato il primo film della storia cinematografica dove appare un nudo integrale di donna;  e che donna! giustappunto lei l’austriaca Hedy Lamarr, classe 1914, quindi all’epoca dei fatti  poco più che diciottenne essendo nata verso la fine dell’anno, e il film uscito nelle sale, ovviamente con enorme scalpore per tale particolarità, nel febbraio del 1933 . Per la verità la giovane non si chiamava ancora così, ma  Hedwig Kiesler, brillantissima studentessa di ingegneria ma che per la straordinaria avvenenza, era già stata scelta per piccole parti in film anche di un certo livello e lei stessa aveva seguito dei corsi di recitazione, forse influenzata da una giovanile passione per un altrettanto giovane promettente attore Wolf  Abach-Retty, che guarda un po’, era il futuro padre di Romy Schneyder. Nel marzo 1931 quando aveva appena 16 anni apparve in topless su di una famosa rivista tedesca e poco dopo veniva  selezionata dal famoso regista teatrale Max Reinhardt, per lavorare in teatro a Berlino: sembra che Reinhardt sia rimasto letteralmente abbagliato dalla  ancora Hedwig Kiesler  definendola “la ragazza più bella del mondo” Queste le premesse per la scelta del regista ceco Gustav Machaty di affidarle la parte di protagonista nel film Estasi, cui da tempo ne stava elaborando la trama, attratto dalle possibilità del mezzo cinematografico di enfatizzare le possibilità espressive del corpo femminile, che già avevano un precedente in un film da lui girato nel 1929 dal titolo Erotikon, ma che ora con una interprete di tal fatta, avevano concretissime possibilità di divenire esplosive (come in effetti doveva puntualmente accadere). Il film girato tra Vienna e gli stabilimenti Barrandov di Praga, più alcune trasferte in Alta Boemia e nei Carpazi, ha una trama esilina “una giovane donna sposata ad un uomo più anziano, ricco e volgare, in preda a disperazione fa ritorno nella casa paterna e a contatto colla natura, tra i boschi, nell’acqua di un laghetto che sono di enfasi ad una riscoperta del suo corpo, sul quale il regista ovviamente  indugia, ritrova anche la passione, nelle vesti (e non vesti) di un giovane di passaggio con il quale passa ore d’amore (e anche qui il regista non smette di indugiare...); Il seguito, del marito che si suicida e lei che rinuncia all’amante, lo fanno anche piuttosto manierato e convenzionale, ma quel corpo di lei, nudo tra le foglie e mollemente adagiato sulle acque, si imporra’ nell’immaginario collettivo di tutto il mondo, con riflessi che non si sono spenti neppure oggi.   Il film, come detto sollevò un enorme scalpore, con le solite indignazioni e proibizioni, però c’è da dire che nell’Italia fascista  ove sulle prime era stato interdetto, poi su pressioni di persone intelligenti, che non mancavano nel Regime, Balbo, Ciano figlio, Bottai,  Freddi, venne presentato al Festival di Venezia del 1934.La bellissima ragazza austriaca si trovò di colpo proiettata ai fasti della fama; quelle scene di nudo solleticavano i pruriti di gran parte della società internazionale dell’epoca e  ci fu anche chi vi trovò analogie con il romanzo di Lawrence L’amante di Lady Chatterley uscito  5 anni prima, anzi per la verità Henry Miller  ci scrisse su un saggio; ma come spesso accade un risultato così eclatante ha spesso delle ripercussioni: sposatasi infatti con un industriale  miliardario mercante d’armi Fritz Mandl, che per molti versi poteva ricordare proprio la vicenda del film, questi cercò di acquistarne tutte le copie del film  in circolazione per distruggerle e conseguentemente proibire alla moglie persino di nominarlo, quel film.Questo matrimonio con un industriale  che aveva contatti con tutte le fabbriche d’armi e anche con nazisti e fascisti e che imponeva alla moglie un ritiro quasi monacale, come a contrapasso della vicenda di quella sua scandalosa iinterpretatzione rappresenta come una parentesi buia della vita di Hedy, eppure  doveva rivelarsi l’occasione per sviluppare quel diverso aspetto della personalità dell’attrice che diverrà predominante negli anni della guerra. Mandl difatti la teneva alquanto segregata, in una sorta di  lussuosissimo Castello e boicottava la sua prosecuzione dell’attività di attrice, ma essendo una bellissima donna, anzi quasi per antonomasia la più bella del mondo, ben volentieri la presentava ai suoi amici industriali e anche a importanti gerarchi dei sopracitati Regimi : Goering, Goebbles, Ciano..., addirittura si sono fatte illazioni che nel Castello/prigione dove la coppia viveva, non era improbabile di vedervi Hitler e Mussolini. Cosa di gran lunga più importante è che oltre a tali personaggi, la residenza dei coniugi Mandl era anche convegno per scienziati, ricercatori di nuove tecnologie belliche, fisici, inventori, e siccome il marito, come un diadema da mostrare a tutti, la portava sempre con sé, ecco che lei l’immagnifica cui tutti, anche il più arcigno dei professoroni, non poteva, sia pure per un attimo, non pensare a quelle scene del laghetto e in mezzo alle frasche, si ritrovava in riunioni dove si parlava di tematiche innovative, segretissime, di cui nessuno, il marito per primo, poteva immaginare che lei ci capisse qualcosa. Ricordate all’inizio della biografia? : ragazza austriaca bellissima, ma anche quel “brillantissima” studentessa di ingegneria?  ebbene c’era molto di vero in quell’epiteto: allieva della scuola di ingegneria a soli 16 anni, aveva sostenuto qualche esame dove il commento unanime dei professori era stato “di un’intelligenza straordinaria, addirittura eccezionale”, sicchè ecco che a quelle riunioni, tra quei commenti, le formule, i calcoli matematici, non è che lei fosse, come tutti credevano una bella statuina, lei incamerava dati, nozioni ed era perfettamente in grado di trarre qualche conclusione, come di lì poco avremo modo di constatare, quando stufa di quella dorata prigionia, stufa del marito e anche sempre più inquieta per l’ascesa di Hitler, che per lei di origine ebree, non era  certo rassicurante, aveva fatto nel 1937, una vera e propria fuga a Parigi dove il produttore Louis.B.Mayer che era in Europa in cerca di nuovi talenti, la convinse a trasferirsi in America e a cambiare il nome in Hedy Lamarr. Ovviamente, con quel po’ po’ di curriculum (il primo nudo della storia del cinema) era  la professione di attrice lo specifico ove orientarsi e Hollywood le riservò un’accoglienza piuttosto lusinghiera, offrendole da subito parti in parecchi film e con attori di grosso calibro (Clark Gable, Spencer Tracy, James Stewart, etc.) Però una volta assicuratasi successo e fama, le tornarono alla mente tutti quei discorsi carpiti in casa Mandl: in particolare aveva attratto la sua attenzione un metodo che alcuni scienziati perseguivano, di teleguidare ordigni e contrastare i segnali trasmessi da un nemico  per bloccare  i segnali radio per il telecontrollo ad esempio di un siluro. Complicatissimo, ma lei  aveva il potenziale non solo per capire  a cosa si alludeva, ma anche di studiarci sopra ; tra un film e l’altro, tra una ripresa a Hollywood  e anche  con la mobilitazione  della comunità austriaca e tedesca di Los Angeles contro il Nazismo e a favore di un’entrata in guerra  contro la Germania, che il regista Ernst Lubitsch andava  organizzando e che comprendeva parecchia gente dello spettacolo, di origine europea come Marlene Dietrich, ma anche statunitense  come  Clark Gable e Carole Lombard (quest’ultima morirà proprio nel corso di un suo giro propagandistico per tale scopo). Hedy era si intelligentissima e un ex portento negli studi di ingegneria, però pur sempre una dilettante per evoluta che fosse, e poi si!!! orse le mancava quel tocco in più, che anche a questo tipo di ricerche, necessità per passare dalla formulazione a qualcosa di realizzabile:  un qualcosa di artistico, di quasi magico, di estremamente fantasioso, ecco tipo un’armonia musicale, Mozart, Beethoven, Stockausen, Varese, magari un semplice Gershwin, e difatti è proprio in ambito musicale che trovò il suo compendio: il compositore d’avanguardia George Antheil, che era anche stato molto vicino al movimento surrealista. Insieme i due idearono  un sistema che si rifaceva a quel progetto di un modo di criptaggio  delle comunicazioni via radio, che in mare poteva indirizzare, ma anche intercettare, i siluri dei sommergibili. Hedy e Antheil svilupparono un prototipo di criptaggio  dei messaggi radio tra centro di controllo e siluri, per far si che non potessero essere intercettati, basato sulla tastiera del pianoforte ove ogni tasto  produceva un segnale ad una data frequenza e solo seguendo un codice che era una sorta di armonia  era possibile controllare la traiettoria del siluro. I due iniziarono una serie di contatti  con il National Inventor's Council fondato nell'agosto 1940 su impulso del Presidente Roosevelt nell'ambito della mobilitazione industriale in vista di una guerra e elaborarono via via delle modifiche  sempre basandosi su osservazioni di tipo musicale, quale ad esempio  una versione tecnologica della banda perforata che si usa nella pianola meccanica, che permetteva una rapida variazione di frequenza, di nuovo il modello del pianoforte con i suoi 88 tasti, e quindi 88 frequenze, che in seguito verrà denominata  “frequency-hopping spread spectrum.” 
L'11 agosto 1942 ai due veniva  concesso il brevetto n. 2.292.387, ma l'Inventor's Council non era propenso ad accettare un dispositivo bellico inventato da una diva del cinema, per di più austriaca, e un compositore di musica. Era ancora il tempo delle valvole termoioniche (i transistor sarebbero arrivati solo anni dopo), così il progetto fu bocciato dalla marina militare U.S.A., che ritenne  impraticabile l'installazione a bordo di un siluro di un simile meccanismo. I due presentarono un secondo progetto questa volta in ambito aeronautico di  un missile antiaereo che esplodeva automaticamente in prossimità del l'obiettivo, non solo quando lo colpiva, ma soprattutto quando lo mancava  per produrre lo stesso danni al nemico, ma ancora una volta l'Inventor's Council bocciò il progetto. Edy Lamarr avrà una sua personale rivincita nel 1962, quando la tecnica da lei ideata con Antheil sarà adottata dagli Stati Uniti (con il nome di CDMA, Code Division Multiple Access) come sistema di comunicazione a bordo di tutte le navi impegnate nel Blocco di Cuba, e ancor di più quando sia lei che Antheil erano morti da tempo, in quanto i loro nomi sono stati inseriti postumi nella National Inventors Hall of fame  degli Stati Uniti (2014) e a tutt’oggi le loro ricerche e invenzioni sono alla base  di molti  sistemi di trasmissioni radio in ambito informatico e di telefonia mobile.

 

NUMERI NEGATIVI IN PROIEZIONE

La verità è che ho sempre avuto una forte attrazione per i numeri negativi : quel “ -1” mi ha sempre dato l’idea di contrastare la spocchia dei razionalisti e super positivisti, per non dire peggio progressisti e modernisti : “bhe non siamo mica all’anno zero” diceva un mio ex amico che oggi mi guarderei bene  persino da rivolgergli la parola, stante che da buon sinistroide è ovviamente oggi un convinto e fanatico scientista, vaccinista inde-fesso, seguace dei vari Soros, Gates, Fauci, Draghi etc. e del loro tentativo di deciso affossamento della Libertà “già !...” rispondevo io a quella sua asserzione presuntuosa, presupponente e sostanzialmente ignorante  “non siamo all’anno zero, infatti siamo all’anno meno uno”  : eccoci quindi  in presenza  del fascinoso, sempre un po’ misterioso -1. Un bello schiaffone in faccia agli arroganti e saccenti il caro vecchio “-1”, che diventa ancora più fascinoso e stimolante se poi usi la proiezione, ECCO TIPO UNA RADICE QUADRATA  : la radice quadrata di un numero negativo, inventata dai matematici del '600, per rendere più completo il calcolo infinitesimale nella sue due ideazioni di Leibniz e Newton, ci introduce nel mondo dei numeri immaginari, che sostanzialmente rappresentano una ulteriore possibilità per i numeri reali di comprendere, se non il tutto, perlomeno molto di più della cosidetta realtà, indagando le sue accezioni immaginarie. Ora è piuttosto noto che il numero negativo è in genere  utilizzato, per denotare un debito, una qualche mancanza, e questo da tempi antichissimi, in particolare dall’introduzione dell’algebra da parte degli Arabi; proiettando tale debito o mancanza, otteniamo qualche cosa, che d’accordo non sta nei registri contabili, ma sta nella nostra percezione, come una sorta di possibilità aggiunta all’ordine delle  cose, un qualcosa che non puoi calcolare coi metodi ordinari, ma puoi farlo se accetti l’idea che a giocare la partita della conoscenza delle cose del mondo, non c’è solo la ragione cosciente, ma  qualcosa che prescinde da essa….eh si! siamo nell’accezione di quella molteplicità di effetti  di significazione che il buon Sigmund Freud denominò inconscio, andandolo a scovare nei risvolti e assai spesso anche nelle pause ed assenze della comunicazione conscia. Proiettare  un numero negativo significa che in qualche modo bisogna restituire qualcosa in termini di comprensione  ed ecco perché i numeri che esprimono tale proiezioni  vanno a costituire quel registro immaginario che è promozionale per  disporci alla comprensione di un altro registro quello del simbolico dove riposa appunto  la totalità della comunicazione. In virtù di tale processo possiamo sostenere  che la radice quadrata di un numero  negativo è la radice quadrata di una proiezione, ovvero ha a che fare con quel registro simbolico che informa  tutti i meccanismi dell’inconscio: sogni, lapsus, fantasie, atti mancati, arte, malattie e financo la morte. Il momento che si esce dal meccanismo della proiezione, ad esempio al risveglio da un sogno o subito dopo un lapsus o alle prese con una esperienza di sincronicità, la proiezione della mancanza viene inseguita come pelle d’asino   e può essere amplificata  fino a riconoscere  che  sogni, lapsus, atti mancati sono sostanzialmente dei debiti con una realtà che vengono  passati tra le maglie di un immaginario per dar adito ad un simbolico. Ora c’è un ulteriore meccanismo che in matematica consente di operare  con quel registro immaginario che la realtà tout court aveva escluso dai suoi procedimenti definendo l’insieme dei numeri complessi, ovvero reali + immaginari: servirsi dell’immagine speculare  di un numero immaginario, rifletterne segno e senso, rimanendo nell’ambito dell’insieme dei numeri complessi, con una nuova categoria di numeri : i coniugati  (due numeri complessi sono il coniugato uno dell’altro se differiscono solo per il segno 4 - 3i =  4 + 3i , ovvero moltiplicando un numero immaginario per il suo coniugato si  ottiene un numero reale. Tornando al nostro parallelismo tra processi matematici e processi inconsci  avremo di riflesso che un sogno, un atto mancato, una fantasia opportunamente riflessi attraverso i coniugati della mente  fanno ritorno a quella realtà che sembrava elusa.
Utilissimo l’impiego dei coniugati  in matematica , soprattutto per lanciarci nei meccanismi del calcolo infinitesimale come abbiamo già fatto cenno, ma parimenti necessari in Fisica  quantistica  dove è proprio con i coniugati  che si può affrontare  la descrizione di un elettrone, passando da una visione particellare ad “funzione d’onda” e quindi pervenendo a quel simbolico che fa si che ad esempio un albero  non sia solo espressione di quel concetto nominalistico e assoluto di albero come ad esempio voleva Platone che difatti era costretto ad ipotizzare un mondo delle idee dove vi erano gli originali dell’essenza dell‘albero, mentre i vari alberi qui sulla terra ne erano solo copie (il concetto è quell’uno che sta per molti, ovvero l’origine di tutti  i dualismi e l’archetipo del giudizio di valore), ma si presti ad una fluttuazione non solo di significati, ma di significanti, sì che l’albero rappresenti anche  sensazioni psichiche ed emozioni, la saldezza, la forza, l’energia, etc. Se ne evince  che per descrivere  qualsiasi cosa del nostro mondo  avremo sempre bisogno  di una parte reale e di una parte immaginaria che possono essere giustappunto coniugate insieme. Restando nella nostra fisica quantistica, passando da una visione particellare ad una che consideri flussi e quindi equazioni d’onda , dobbiamo sempre rattenere che moltiplicando  quel numero complesso 4 – 3i per il suo coniugato 4 + 3i, scompare ogni parte immaginaria nel risultato che consente quindi di passare ad un nuovo registro che è quello del simbolico. 

 

giovedì 11 novembre 2021

LA RELATIVITA' DELLA SCIENZA e UN SUPER ES

 

“Scienza” è un termine molto più moderno di quel che si pensi e poco corrisponde ai vari “Περί Φύσεως “… “de natura” “de rerum natura” dell’antichità, dove lo studio appunto delle cose naturali, dell’organico, del biologico, era affrontato perlopiù con metodi più vicini ad un diffuso fare artistico che ad un sistematico studio, che oggi siamo portati a definire scientifico. La medicina, la botanica, la mineralogia, financo l’analisi dei fatti e degli eventi storici, che si avvalgono di illustri campioni anche dell’antichità, da Esculapio, Tucidide, fino a Linneo, Mehendelson, e vai con tutti  gli scienziati che sono proliferati soprattutto nel periodo della Rivoluzione Industriale e praticamente sono giunti ai giorni nostri : Bernard, Bechamp, Plank, Einstein, Bohr, Fermi, Heisenberg, etc.); si dirà: che relazione hanno queste discipline con l’arte, con il fare artistico? Nessuna!!!! Bhe anche questo non è esatto! Sono pur sempre interpretazioni della natura, prettamente umane e quindi alternative al cosidetto disegno naturale (anche questo termine non è alieno dall’uso di quella particella “Pro” che caratterizza tutto ma proprio tutto l’agire umano, perlomeno da quando un certo “Pro–metheo” rubò quella fatidica scintilla di fuoco agli dei, che non inaugurò la scienza, ma inaugurò la “Technè”, tecnica e arte, di cui anche la scienza fa parte.). Molti, specie nella nostra cultura occidentale, quella che appunto ha la sua base nel pensiero dell’antica Grecia di cui il Mito di Prometeo fa parte,  hanno correlato tale origine della “technè” con una nuova modalità di rapportarsi con il tempo, un tempo progettuale fondato sul tempo opportuno in cui svolgere l’azione (kairòs)  e di cui sarebbe regista e attore l’apparizione di un meccanismo neuronale specifico: la “coscienza” ovvero un qualcosa fondata sul linguaggio articolato e che rappresenta quindi una peculiarità specificamente e unicamente umana , ovvero la capacità di mettere l’uomo in situazione sulla terra, narratizzare a se’ stesso e ai suoi simili una sua presenza che non soggiace più alle modalità del naturale, il giorno  – la notte, il caldo – il freddo, il chiaro – lo scuro, e stagioni, insomma l’eterno ritorno dell’identico, ma è in grado di porre dei cambiamenti, molto rilevanti a tale ordine naturale. Ma questa coscienza che ad un certo punto dell’evoluzione ha fatto la sua comparsa sulla terra è intimamente correlata a quella che potremmo anche definire un assoluta indifferenza della terra, della natura, di tutto ciò che costituisce l’ambiente in cui l’uomo è costretto a vivere a dispiegare la sua “presenza” un qualcosa che a ben vedere , la  rende del tutto inidonea a costituire un punto di riferimento per la comprensione dei progetti umani;  allora i significati che non si trovano vengono conferiti, i valori che non nascono dalla visione delle cose, sono postulati …  ovvero la volontà sostituisce lo sguardo , perché intorno ad esso  altro non si dispiega se non la totale contingenza  della nostra esistenza su una terra indifferente  che non ci conosce.  Tale, sostanzialmente è tutta la coscienza e anche la technè, ovvero l’abilità tecnica, la scelta di un tempo opportuno in cui inserire il proprio agire, e anche l’arte, il cui fine è sostanzialmente quello di sostituire all’indifferenza, la differenza: un atto di volontà, tutto sommato! volontà di  istituire un tentativo che tenga conto della presenza umana e far si  che essa si costituisca come risposta al domandare dell’uomo e quindi rientri, volente o nolente nel sotteso finalismo dell’intenzionalità umana  e dismetta finalmente la sua indifferenza. ma è una domanda che è sempre parziale  che quindi ingenera risposte sempre parziali , una risposta  che offre di sé cio’ che le si richiede, ma trattiene tutto quello che non fa parte di tale richiesta. Ecco quindi l’errore costitutivo di tutte le nostre costruzioni della nostra coscienza, meccanismo neuronale costituito sulla base del linguaggio articolato e quindi  molto molto recente, posteriore non solo  al linguaggio, ma financo posteriore alla scrittura che è la modalità di fissaggio delle volizioni metaforiche di una lingua: errore della tecnica, dell’arte, della filosofia,  e quindi anche della scienza,…errore di fondo e di di tutto, che consiste nello scambiare le verità di queste risposte con la verità della terra” Ovviamente stiamo sempre alludendo alle nostre contrade occidentali, perchè il discorso sarebbe  profondamente differente se dovessimo prendere in considerazione  la filosofia e cultura orientali: Le Upanishad,  I Veda , Lo Zen, il  Mahabaratta, il Bahagvadad Gita, le 4 nobili verità di Buddha, la meditazione Vipassana, il serpente della Kundalini, lo Yoga; il solco della nostra cultura  e tradizione, è senza dubbio questo, ma l’occidente  è anche il luogo di un fraintendimento, la sua coscienza difatti  ci ha portati  a scambiare la nostra volontà, che è sempre volontà di avere ragione e quindi di potenza, volontà di portare tutto  nell’ambito del linguaggio, e quindi della coscienza, anche il  senso della natura, dimenticando la massima di uno dei suoi più antichi campioni, Eraclito di Efeso, che la natura ama nascondersi φύσις κρύπτεσθαι φιλεῖ “ Nascondersi da… e a… che cosa? “Elementare Watson!” avrebbe risposto Sherlock Holmes: dai giochi della parola e quindi dal linguaggio umano, in un’ultima analisi, dalla coscienza che del linguaggio è un derivato. Ma allora se, alla fin fine l’uomo occidentale è quell’essere che ha voluto ridurre tutto il senso della natura nei termini di una sua formazione linguistica, dobbiamo poi tanto stupirci se tutto quello che aveva dimenticato e che non aveva compreso in quel suo “chiamare prima” , diventerà pertinenza  di un qualcosa che cosciente non è, e che un certo signore di Vienna si incaricherà di disvelare al mondo, partendo proprio dalle lacune e dai mancati che tale millenaria operazione aveva giocoforza ingenerato!? La domanda è quindi : anche l’inconscio come la coscienza è posteriore al linguaggio?  e questo come lo si deve intendere?  Con gli stessi meccanismi che Freud ha individuato:  trasferimento condensazione, ovvero metonimia e metafora che sono gli assi portanti del linguaggio?…e lapsus, atti mancati, soprattutto i sogni, che dell’inconscio sono stati individuati  come “via Regia” ? Un’altra imperiosa domanda è “cosa e come sognava l’uomo prima che dal suo linguaggio articolato scaturissero prima la coscienza e quindi a stretta correlazione, l’inconscio?”
Il libro di Julian Jaynes “Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscie
nza” Ed.Adelphi. 1984, che interviene nella formulazione del presente articoletto, cercando di metterlo in relazione al pensiero freudiano, ovviamente quello successivo ad “Al di la’ del principio del piacere, dove vengono introdotti non solo la pulsione di morte, ma anche la coazione a ripetere , aveva postulato una sorta di inizio del momento di passaggio tra la mente bicamerale, che in sostanza altro non era che una serie di comportamenti codificati in presenza di situazioni diciamo così, istituzionalizzate, e la coscienza, mettendolo in relazione all’aumentare delle aggregazioni e complessità sociali e al non poter fare più riferimento a quella serie  di comportamenti codificati  dall’abitudine,  che da semplici precetti  erano assurte ad un qualcosa di soprannaturale identificandosi con una quasi costante presenza divina: In sostanza erano le voci e le visioni degli dei che indicavano il da farsi  nelle varie situazioni  in cui un uomo  in una determinata e ancora limitata contingenza sociale e di aggregazione si trovava a operare. Tali voci, tali allucinazioni potevano benissimo configurarsi come una sorta di pre-inconscio, con tanto di meccanismi di illogicità , tra l’altro non ancora formulata la logica. Ma cosa succede, quando ecco … esse non riescono più  coprire l’aumento  vertiginoso di situazioni e di compiti, che un’aggregazione troppo dilatata, un città di oltre diecimila abitanti o una messa in situazione con compiti inusitati , tipo un viaggio in mare, nuovi territori, nuove genti, nuove modalità di comportamento impongono con urgenza?  Le metafore delle voci, delle allucinazioni di dei che ti dicano cosa e come fare, si fanno insufficienti ed ecco che allora l’uomo è costretto a costruire una metafora che sia analogale, non più di una semplice azione e neppure di un qualcosa addotto dal ripetersi di situazioni simili, c’è bisogno di una metafora che metta in situazione non più la natura, il vento, la pioggia con una istituzionalizzata voce o visione divina, ma che metta in situazione sé stesso, la propria presenza in relazione a…., ovvero ancora una metafora certo, perché e’ col linguaggio articolato che funzione la metafora, ma una metafora particolare che sia un analogo certo, ma un analogo molto particolare: un analogo –Io. E’ questo l’Io che noi possiamo analizzare da Freud  che è un Io che è in grado di riflettere su se stesso sulla sua presenza, ma anche un Io che si trova subito alle prese con l’erede di quelle voci, di quella allucinazioni che nella precedente formazione mentale era stata attribuita agli dei. E questo erede, torniamo alla conclusione precedente, esula dalle attribuzioni della coscienza che in stretto ambito temporale si costruisce le proprie regole logiche che possiamo sintetizzare nei famosi tre principi della logica, ovvero identità, non contraddizione e terzo escluso, principi che quell’erede di allucinazioni auditive e visive, costituirà subito un’eccezione, anzi una assoluta disconoscenza, perché sostanzialmente esso fa riferimento a tutto quello che l’uomo non ha chiamato prima, pro-vocato , nella sua costruzione di se’ in un mondo, una natura, che non conosce se non nei termini di tale chiamare prima, un mondo che soprattutto non conosce lui, l’uomo !Questa sorta di lunga premessa prima di affrontare il tema del secondo libro davvero fondamentale di Freud dopo la pubblicazione di Al di là del principio del piacere”
ovvero “l’Io e l’Es” un saggio che tenta di mettere a punto da un punto di vista meta psicologico  l’intero funzionamento dello psichico umano, è andata individuando, prima di arrivare alla formulazione del Super -io, così come  in quel saggio viene ipotizzato,  anche una
parallela disposizione di porsi non solo rispetto all’Io, ma anche rispetto all’Es: conscio e inconscio.  Se difatti ci dobbiamo misurare con un Super-io, forse  è altrettanto importante misurarsi con un  “Super-es”!? Così come possiamo dedurlo prendendo in esame un libro come il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza” di Jaynes, un Es,  con le sue manifestazioni del tutto estranee alla coscienza  ma con quell’antecedente di voci e allucinazioni, che andarono a costituire “gli dei” anche essi sempre  costruzioni di quell’essere al mondo dell’uomo nelle sue  diverse componenti di inconscio e di conscio 

 

ENTUSIASMO PER GLI DEI DELL'ETA' DELL'ORO

  La Techne' fu una  pratica di rappresentazione sempre piu’ raffinata - termine che nella accezione antica aveva pero’ un significato m...