venerdì 21 marzo 2025

SPECCHIO DELLE MIE BRAME ( o DEL DESIDERIO)

"Conviene sempre indugiare  sulla riflessione" lo hanno detto in molti, soprattutto uno psicoanalista Jacques  Lacan che sull’oggetto concreto, il mezzo con il quale otteniamo la immagine della riflessione, ovvero lo specchio, ha fatto, per sua stessa ammissione l’ingresso nel mondo della psicoanalisi  “ho fatto il mio ingresso nella psicoanalisi con uno scopino…”(si ha detto proprio così: uno scopino) “che si chiama stadio dello specchio”  Nel l936,  difatti nell’ambito del Congresso di Marienbad, Lacan aveva presentato un suo intervento intitolato “Le stade su miroir. Théorie d’un moment structurant et génétique de la constitution de la réalité conçu en relation avec l’expérience et la doctrine psychanalytique”  e questo già di per sé rappresentava un
tentativo di fare il punto sulle molteplici istanze a proposito della costruzione dell’identità personale, che in quel periodo con Freud ancora vivo, ma  messo un po’ da parte nel consesso psicoanalitico 
per le sua ben nota revisione dellateoria della Libido e la scoperta di un istinto o pulsione di morte, era alla ricerca di una qualche nuova concezione che potesse fare da contraltare alla seconda topica dell’inconscio e alle ultime conclusioni freudiane. Lo specchio in quanto luogo della riflessione era appunto uno di questi elementi e questo vale poteva valere anche quando lo specchio non era ancora stato inventato o per permetterselo ci volevano 7 anni di grandi sacrifici economici: la superficie di un ruscello, come ci rende fin troppo edotti Narciso, un vetro opacizzato, un pavimento tirato a…..eh si!!!!… specchio! ….“Specchio delle mie brame…” dice la matrigna di Biancaneve “chi è la più bella del Reame?”” Lo specchio “riflette” ma lo fa assai spesso  appropriandosi dell’altro significato semantico connesso a tale verbo: riflette si l’immagine, ma anche il  pensiero, e quello si sa, va ben oltre quel che appare:  gli anni che passano per l’odiosa matrigna e il paragone impietoso con la fresca  nipotina, così come la linea del naso nel romanzo di Pirandello “uno, nessuno e centomila” Lo specchio riflette l’immagine, ma anche quello che fa seguito all’immagine, e questo può ingenerare conseguenze inaspettate. Logico e naturale che dello specchio se ne sono occupati in parecchi, trovandoci sempre qualche cosa di ambiguo, di estremamente pericoloso, come Narciso ci ha insegnato  e tutto sommato lo stesso Freud sottende quando individua quella famosa e controversissima “pulsione di morte” - cosa c’è dietro l’ultima superficie della riflessione, cosa c’è oltre? Freud è stato il primo che non ha avuto il coraggio di  andare quell’oltre:  mancando di identificare  la morte con la figura di Narciso,  ha perduto l'occasione di  trovare un ben diverso referente da quel forzato Edipo come soggetto di desiderio sicchè le arditissime tesi di Al di là del principio del piacere 

rimangono sempre un po’ zoppe, claudicanti proprio sul tema cardine del desiderio: da qui anche il fatto che alla parola “specchio”  poeti, romanzieri, filosofi e soprattutto psicoanalisti, abbiano sempre avuto paura di indentrarsi
  in un sorta di campo minato, dove quello che è, non è sempre quello che sembra e viceversa:  massima ambiguità e poliformità non solo di immagine, ma anche di pensiero, di idee, che spesso e volentieri sono parecchio al di là della riflessione. Lacan aveva un po’ aggirato il problema, facendo dello “stadio dello specchio” una sorta di epistemologia metodologica della identità umana, ovvero  un qualcosa che  consiste nel riconoscimento da parte del bambino nella sua immagine speculare, cosa che grosso modo si verificava nel periodo che va dai sei a diciotto mesi, quindi in un periodo in cui la formazione sia psichica che motoria è ben lungi dall’essersi definita. L’assunzione della propria immagine come propria, provoca nel bambino dice Lacan, uno stato di giubilo, tuttavia, quell’immagine, che nello specchio appare completa e unitaria, è discordante con lo stato d’insufficiente coordinazione motoria che caratterizza l’infanzia in quel periodo, nonché con la nonpadronanza del linguaggio. Il riconoscimento della propria immagine costituisce una vera e propria identificazione, nel senso che provoca una
 trasformazione soggettiva. Nella prospettiva di Lacan, la nozione di “stadio dello specchio” non ha niente a che fare con
 un vero stadio, nel senso di “fase”, né con un vero “specchio”. Lo stadio diventa un’operazione psichica, ontologica, a partire dalla quale si costituisce l’essere umano in un’identificazione  In francese, “Io” si può dire Je oppure Moi. Per Lacan, il Je fa riferimento al soggetto dell’inconscio, il Moi, invece, allude all’istanza psichica che si costituisce a livello immaginario;   In quanto poi alla gioia giubilatoria con cui il bambino riconosce l’immagine riflessa come sua, Lacan pone l’accento su  questa illusione di completezza e unità, che non ha effettivi riscontri sulla realtà, e dice la famosa frase “”lo specchio dovrebbe attendere un tantino, prima di riflettere” perché come ci insegnano anche i più antichi testi dell’umanità, l’Iliade in primis, la originaria percezione che l’uomo ha di se stesso è divisa per parti e non unitaria “il piè veloce Achille, Atena dalle bianche braccia, il ceruleo occhio di Afrodite, financo il multiforme ingegno di Odisseo; quindi costituito in questo modo, l’Io è, di fatto, la sede di un  misconoscimento, poiché l’immagine che lo specchio rimanda dà l’illusione di unità e di padronanza, ma di fatto ’Io si costituisce fin dall’inizio come identificazione di un Io ideale e come ceppo di tutte le successive identificazioni secondarie". Si capisce da queste succinte note, che tipo di importanza abbia  lo specchio a livello psichico e anche comportamentale,  tanto da poter essere considerato come un punto di inizio della struttura soggettiva di ciascuno di noi, non aliena però da problematiche legate appunto sia alla riflessione che all’identificazione, sicchè si fa ritorno sia a Biancaneve, che al naso  di Pirandello e ben presto si passa ad investire non solo la struttura soggettiva, ma anche quella delle relazioni interpersonali, e questo anche nell’arte più moderna il cinema, che sullo specchio gioca molteplici dei suoi registri, dal sequel di spazi interni  nel film di Resnais “l’anno scorso a
Marienbad” forse solo casualmente con accenno al luogo dove la teoria di Lacan venne la prima volta enunciata o addirittura citato espressamente già dal titolo “come in uno specchio”
 dal grande Ingmar Bergman. Psicoanalisi, cinema e anche tutte le altre arti, sono tutte in qualche modo coinvolte nella definizione dello specchio, che quindi non è solo una fase, sia pure della rilevanza di quella quasi dell’inizio, ma investe tutto il nostro essere nelle varie sequenze della
 vita e soprattutto si pone a ultimo diaframma della morte andando a coincidere col desiderio

lunedì 17 marzo 2025

IL CAMBIAMENTO DA ANALOGO IO

 

Una cosa e' certa , grosso modo tremila anni fa  qualche cosa di veramente epocale  a livello geo politico, ma sopratutto a livello di struttura cerebrale umana e'  cambiato. Si sono anche addotte delle entita' improvvisamente scomparse, che hanno quindi avrebbero propiziato la nascita di una  coscienza ovvero un analogo io  costruito su base linguistico/metaforica che poneva del tutto superfluo il meccanismo neuronale delle voci degli dei come trascinamento metonimico di significanti? ma possibile che queste raffinatissime stringhe di energia non avessero contemplato l’eventualita’ che ad un certo punto il cervello della parte sinistra della loro …non chiamiamola proprio creazione, ma insomma… “co-istruzione”,  non arrivasse a costituire una metafora-io, che si rende conto di essere in situazione con l’ambiente e quindi  pensa, con la logica conseguenza che qualche millennio piu’ tardi ci sara’ chi asserira’ convinto….” dunque sono” ????  O magari all’esaurimento del compito che era emerso impellente per tali entita’ e quindi al loro conseguente venire meno senza curarsi troppo di quello che sarebbe successo alle loro manipolazioni genetiche? Noi poi datiamo  il loro abbandono a tremila anni fa, ma potrebbe essere  molto, molto piu’ arcaico, cinquemila, diecimila anni fa, forse anche ventimila;  difatti cosa ci dice che l’uomo non abbia continuato a coabitare con le voci allucinatorie oramai saldamente assimilate nell’emisfero destro del proprio cervello, assolvendo tutte le necessita’ del vivere,  compatibili col proprio ambiente? Le voci non erano piu’ dirette come un tempo, la soglia di stress per provocarla si era fatta molto piu’ alta, magari abbisognavano di persone particolari per essere interpretate, ecco ad esempio Jaynes nel suo celeberrimo libro "Il crollo della mente bicamerale e l'origine della coscienza" vero e 
proprio riferimento costante di tutti i miei scritti, cita i due poemi dell’Iliade e dell’Odissea per sottolineare una forte differenza non solo di stile di scrittura, di ambientazione sociale, di costumi, ma anche di struttura mentale dei protagonisti nelle rispettive narrazioni: nell’Iliade la voce e persino la presenza  del dio, e’ giustappunto sempre diretta, immediata, senza alcun intermediario; al contrario nell’Odissea ci sono una pletora di auguri, di sibille e anche gli dei incedono sempre al travestimento o alla sostituzione con un personaggio familiare del personaggio cui vogliono comunicare. L’eta’ dell’oro o comunque la si voglia chiamare, non da’ alcuna certezza, così come non danno certezze le modalita’ dei comportamenti degli umani e di questa sorta di entita’ che potrebbero anche  configurarsi come stringhe energetiche in accordo tra di loro come le corde di un violino su alti e bassi di determinate frequenze, la cui melodia risuona ai due spettri di polarita’ per una misteriosa simmetria. Di concreto, di carnale c’e’ pero’ la corporeita’ umana che in effetti come per magia e soprattutto d’improvviso, risulta abissalmente differente rispetto a tutti gli altri esseri viventi del pianeta, anche quelli con i quali si vorrebbe stabilire una certa affinita’. come diceva un antropologo “e’ come se con l’uomo, l’evoluzione che fino ad un certo punto disegnava una linea diritta in lieve anche se costante rialzo, di colpo si impenna ad angolo retto sfrondando tutti gli schemi precostituiti” Tutti i famosi dilemmi della storia umana concorrono a questa tesi : l’anello mancante, l’assoluta mancanza di indizi che confortino una naturale evoluzione, l’elemento mare come sorta di demarcazione sulla fisicita’, i misteri sulla nascita repentina di tutte le piu’ celebrate civilta’ , le lampanti discrasie su certi assiomi legati al tipo di organizzazione sociale, tipo quello evidenziato in un  precedente articolo di questo stesso blog (l’uomo primitivo non ha mai abitato le caverne) ed infine la stessa aleatorieta’ del termine uomo primitivo e la questione sempre aperta sulla sua origine di cui la presente e’ solo  una delle tante , che cerca di non mancare come 
informazione, giustappunto  Esiodo, gli Yuga degli Indu’, Darwin, Lamark, Guenon, Evola, Biglino, piu’ qualche nuova aggiunta tipo la teoria della mente bicamerale di Julian Jaynes e in ultima analisi un apporto sul serio e il faceto di un bel po’ di fantasia . Ecco che ci facciamo improvvisamente propositivi e dismettiamo qualsivoglia cautela nei termini di possibile riscontro spazio/temporale, diamo per scontato, o quasi,  una narrazione che, ripeto intraprende da questo punto un percorso alquanto fantasioso, o magari diciamo immaginario, come i numeri che tanto apporto hanno dato al calcolo infinitesimale,  proiezioni di negativi, come ad esempio i -1, -2, -3….-n sotto radice quadrata: venendo meno gli impegni sul pianeta le entita’ dovettero allentare il controllo delle allucinazioni e subito si resero conto che tale diminuizione di una funzione cerebrale ampliava quella dell’emisfero opposto, ovvero difficolta’ di metonimie,  cioe’ trascinamento di significanti a favore di un proliferare di condensazioni metaforiche di cui per conseguenza ecco  cominciare a far capolino la metafora-io: non così immediata e repentina, ma insomma
sempre piu’ frequente, in primis tra la gente di mare la cui navigazione su
  barche ed in mezzo a sconfinate distese d’acqua  poneva giocoforza delle situazioni del tutto inusitate  cui le famose voci non erano in grado di dare una soluzione così immediata: anche Jaynes e’ dell’idea che le prime formazioni di un analogo io, cioe’ di una coscienza, dovettero manifestarsi  in popoli dediti a lunghi viaggi di mare, quali ad esempio i Fenici. Abbiamo visto il grado di violenza, di devastazione, che comportarono  le prime manifestazioni di questa coscienza: mai e poi mai nei millenni  di mente bicamerale si era vista tanta crudelta’, tanta sistematica voglia di aggredire, di conquistare , tanto desiderio di sopraffazione di altri esseri umani. Di certo le entita’, che attenzione erano oramai in procinto di abbandonare la  loro frequentazione del pianeta,  dovettero riflettere sulle motivazioni di questa esplosione di violenza nei loro, un tempo, docili pupilli. Un qualcosa di assolutamente  imprevisto “colpa di questa dannata metafora che l’emisfero linguistico ha fatto di se stesso in relazione al contesto” dovette dire qualcuna delle entita’, non ovviamente con parole, ma con frequenze di stringa, per molti versi simili, come abbiamo detto a melodie ingenerate dalla tensione di corde di violino. “cosa si piò fare?” “e cosa vuoi fare? oramai stiamo rientrando della nostra dimensione  in altro universo. Probabilmente non avremo mai piu’  niente a che fare con questo pianeta, cosa ci importa? lasciamoli scannare da soli, vedi bene che dispongono tutti di quella dannata metafora-io che li fa essere così rabbiosi, così crudeli, ed in stretta correlazione  le difficoltà e la conseguente frustrazione, che il loro stato gli ha imposto: i peggiori tra di loro, quelli che vanno sempre alla ricerca di nuove conquiste di terre, di gente da dominare, da schiavizzare , sono quelli difatti che sono nati e cresciuti in territori brulli, aridi, con poche risorse, dove ogni cosa dal cibo, a certe comodita’, agi,  persino divertimenti , erano di difficile reperimento. “noi ce andiamo “ fece un’altra entita’ “  e lasciamo un pianeta dove praticamente in ogni angolo,  c’’e’ una guerra, uccisioni, eccidi , stupri, saccheggi” “.

 

lunedì 10 marzo 2025

I PRINCIPI DEL RITORNO

 

Il ritorno ad una Eta' dell'Oro di questo nuovo capitolo della storia umana, che il ritorno di Donald Trump sembra stia apparecchiando con velocita' SUPERSONICA , dovrebbe essere accompagnato, come suggerivo in un articolo di qualche giorno fa in un altro blog, per la precisione "lapasseggiatadellecattive.blog.spot.com"  da un riferimento costante  a quanto di meglio espresso dalla ragione umana nel corso dei millenni, cioe' anche dalla sua tradizione , scartando tutto cio' che ha portato male e  distruzione e cioe' guerre, carestie, giochi di potere, speculazioni economiche, eccessivo riferimento al denaro, al commercio, al profitto personale, al progressismo incondizionato, al poco distinguo alle specificita' delle comunita' umana. Ho piu' volte osservato che tutto questo coacervo di malignita' e devastazione e' perfettamente ascrivibile all'affermarsi della coscienza come modalita' specifica di interazione  con l'ambiente naturale e con il contesto  sociale:  la coscienza questo derivato del linguaggio articolato impostosi non piu' di tremila anni fa  con le sue modalita' metaforiche e metonimiche (condensazione e trascinamento direbbe il Freud de L'interpretazione dei sogni, ma anche De Saussure nel suo Corso di Linguistica Generale e perfino Lacan nel suo infinito Seminario, ha non solo condizionato ma totalmente delineato la presenza dell'uomo nel pianeta in appena tremila anni di storia, lasciando nel mistero piu' fitto quello che era stato prima dell'affermarsi della sua modalita' come "essere al mondo" ;  un mistero reso ancora piu' impenetrabile da inquietanti e del tutto inspiegabili reperti  che lascerebbero supporre una durata di questa diversa modalita' d'essere,  enormemente piu' lunga (si parla di decine di migliaia, ma perfino di centinaia di migliaia  ed ecco questo imprecisato, ma senza dubbio molto piu' lungo periodo si e' soliti attribuirlo alla "Eta' dell'Oro", quella di cui parla Esiodo e anche gli Yuga della filosofia indù. C'è un autore Julian Jaynes

che in suo eccezionale saggio del 1976  "il crollo della mente bicamerale e l'origine della coscienza" ha cercato di spiegare con dovizia di particolari una modalita' di essere al mondo non imperniata sul linguaggio (appunto la mente bicamerale ovvero la suddivisione per aree di compertenza del cervello umano :  una (la sinistra ) preposta all'adattamento tout court caratterizzato da metafore e cioe' analogie che appunto caratterizzano la formazione di un linguaggio  e un'altra metonimica, che utilizza la parte destra del cervello)   che trascina la somma delle esperienze acquisite previa la formazione di suggestioni allucinatorii  e che non consente la formazione di una metafora di se' stesso in situazione all'ambiente, cioe' un "analogo io " Ebbene si questo eccezionale saggio di Jaynes dovrebbe essere preso a sorta di "principio di tutte le cose " per un mondo che tenta spasmodicamente di esaurire le malefatte della coscienza (guerre, miseria, interesse particolare, mentalita' bottegaia, capitalismo, etc.),  assieme ad un altro grande capitolo della conoscenze umana (tra le poche cose sfuggite al rullo compressore della coscienza) che interessa piu' in soggettiva la vicenda dell'essere umano : la sua salute e integrita' rispetto ad un ambiente che lo impegna e anche a disciplinare  l'effetto di quel famoso "analogo io" ovvero la metafora di se' stesso in situazione che nel corso dei suoi tremila anni di storia (corrispondenti all'eta'  dell'argento (guerrieri) e poi a quella di bronzo (mercanti ) ha imposto regole e convinzioni che hanno aggravato tale integrita' - ovvero non solo le azioni platealmente negative, tipo la guerra o la speculazione economica, ma anche quelle disposizioni apparentemente benefiche , tipo la scienza, la medicina, l'igiene,  e tutte quei precetti e norme di comportamento apparentemente istituiti per il benessere personale, ma in realta' fortemente iatrogene in quanto ipocrite e buoniste (il famigerato "lo facciamo per il vostro bene!"). Quindi oltre ad un qualcosa che effettivamente spieghi come siamo arrivati fin qui , abbiamo bisogno di un qualcosa che ci dica come mantenerci il piu' possibile integri e adatti alle sfide che il mondo ci pone innanzi, cercando cioe' di mantenere al massimo grado la salute, il benessere, quindi abbiamo bisogno di una medicina, il cui unico farmaco sia però se stessa,  senza andarlo a ricercare altrove, piu' o meno frammentato in mercificazioni e quindi meno che mai in tutte le operazioni che hanno rivestito e rivestono a tutt'oggi un marchiano interesse per pochi, che erroneamente e del tutto inopportunamente qualcuno continua a chiamare elites o filantropi. Ebbene questo qualcosa e' una medicina certamente, ma non la medicina cosidetta ufficiale che si e' letteralmente identificata negli interessi commerciali di societa' anzi vere e proprie lobbies del farmaco che oramai dominano totalmente il panorama mondiale . Lo abbiamo visto solo pochi anni fa, come queste lobbies abbiano cercato di imporre la la loro volonta' distopica  praticamente su tutto il mondo sollevando a bella posta la paura delle masse con i collaudati mezzucci di virus inventanti e pandemie inesistenti;  la medicina che ci serve e' un qualcosa di totalmente nuovo che innanzi tutto non persegua quell'errore fondamentale di separare pensiero e corpo, ma anzi faccia proprio leva su tale sintonia per trovare gli elementi di una sua applicazione. Il nome di Rick Geerd Hamer salta subito prepotentemente alla ribalta con le sue 5 Leggi Biologiche che hanno  in effetti sovvertito dalle fondamente i principi della medicina. Ho fatto numerosi, anzi direi numerosissimi articoli su Hamer e la sua rivoluzione biologica per cui
rimando a questi, per una conoscenza al dettaglio di ogni singola legge e ai suoi meccanismi di traduzione dallo psichico al somatico previo un accurato studio della filogenesi della vita, che passando all'ontogenesi si appunta sulla embriologia e la distinzione in foglietti embrionali  Credo di aver individuato un distinguo nella manifestazione dei...stavo a dire,  sintomi, ma non sono sintomi, non avvengono in presa diretta sul fattore conflittuale, ma diciamo così, in differita, quindi sono "simboli" e il loro significante non sta lì a disposizione per essere condensato, ma piuttosto scivola indietro nel tempo (qualche volta anche avanti) e si sovrappone con altri simboli, anche provenienti da altri foglietti embrionali che hanno ontogenicamente innescato la reattività (un pò come il funzionamento del conscio e dell'inconscio coi due meccanismi privilegiati del linguaggio : la metafora e la metonimia) : quindi potremmo convenire che il fattore di disagi principali ed altri secondari nonchè recidive, costellazioni e anche binari (chi ha la fortuna di conoscere un pò della teoria di Hamer, mi comprende) risiede in una sorta di scansione temporale di tali simboli che si!!!...sono ovviamente simboli (e non sintomi ) di conversione corporea. Ecco difatti che un bruciore alla bocca dello stomaco non è mai in sintonia immediata con una frustrazione sul lavoro, un  dolore ai reni con problemi di rischiare di perdere la casa e neppure  fitte di ernia ad una delusione, ma ecco , li procede  segue, così come una tossettina che magari ti innesca quella mancanza di respiro , ma che subito dopo, dopo aver compiuto il suo lavoro di disturbo che ti polarizza e incanala l'attenzione, se ti distrai scompare. Affascinante eh!? il funzionamento dei foglietti embrionali che poi altro non sono che la modalità filogenetica, ricapitolata dall'ontogenesi che perviene alla specializzazione di tutto il sistema cerebrale, appunto in parti più o meno evolute, preposte alla risoluzione dei vari conflitti, scanditi nel tempo, dell'essere al mondo, ed anche del "non essere". Avevo dapprima ipotizzato che l'ernia e le fitte a stomaco, fianchi, schiena all'altezza dei reni, fossero tutti da addurre ad un originale conflitto del boccone (sporco) quindi imputabile al foglietto embrionale dell'endoderma (il piu' arcaico) , messo in gioco dalla annosa diatriba con esponenti familiari in relazione ad appunto "sporchi" interessi economici, un boccone che per le implicazioni appunto di insudiciamento di tutta una serie di credenze, non si riusciva a mandare giù e si cercava di sputare. Ero stato propenso a ritenere di tutta una infiammazione dell'intero tratto del colon, che si muoveva appunto nei vari tratti del suo sviluppo, ma sempre in riferimento ad un unico foglietto embrionale, quello dell'endoderma, innescato sempre da quella DHS per dirla alla Hamer, ma la cosa mi appariva strana per via del suo frequente ripresentarsi, e a risoluzione oramai bella che assimilata anche volendoci mettere la crisi epilettoide. No! c'era qualcos'altro e devo dire la rilettura dei testi originali di Hamer, che ad una prima lettura mi erano sembrati non solo ostici, ma anche presupponenti ed un titinin spocchiosi, si è rivelata illuminante: in questi difatti è analizzata al dettaglio la distinzione dei foglietti embrionali ed è chiaramente intesa la frequentissima possibilità che questi vadano mescolandosi in una stessa parte del corpo, che può avere parti di altri foglietti (un esempio classico proprio i rivestimenti parietali del colon e dello stomaco che hanno diverse composizioni a secondo del loro riferimento evolutivo - sempre quella benedetta ontogenesi ricapitolante la filogenesi - e quindi non un solo conflitto a monte dell'affezione, ma molteplici: quello del sentirsi più o meno adeguato ad un certo contesto, di avere paura di non farcela (foglietto embrionale del mesoderma recente) , quello della protezione e del "nido" che mette in gioco l'ectoderma e quindi anche i reni e, se la cosa è più pronunciata, anche il cuore e le coronarie. Succede un pò la stessa cosa sul fatto delle metastasi del cancro, che sono intese come una specie di diffondersi dello stesso male, ma in realtà altro non sono che nuove conflittualità, spesso e volentieri innescate da diagnosi infauste che innescano la paura; certamente non un fantomatico diffondersi dell'affezione, ma neppure un qualcosa di reiterato (la cosidetta recidiva) o un binario, ma differenti conflitti che innescano differenti foglietti embrionali, magari dello stesso organo corporeo. E’ proprio vero che la medicina di Hamer, come dicono gli Spagnoli è da denominarsi “Sagrada” = Sacra, in quanto qualcosa di veramente sacro in ambito di nosologia ma anche alla fin fine di cura, perché se è pur vero che “sapere di cosa si soffre non esclude il soffrire” come dicevano Epicuro ed Epitteto, e’ evidente come disporsi in termini  di conoscenza ed accettazione rispetto al proprio corpo e al diverso funzionamento degli organi, rappresenta una conquista dell’intelletto umano che vale la meta finale dell’alchimia, la pietra filosofale, l’illuminazione , la Grande Trasformazione. Superare determinate discrasie sopratutto di una poco reale  separazione mente-corpo, di metodologie fondate su protocolli nosologici quanto mai riduttivi, di inaffidabili procedimenti statistici e di diagnosi basate sul puro caso o su di una supposta “sfiga” con peculiarità più o meno genetiche, dovrebbe essere l’imperativo categorico di questo inizio terzo millennio e non certo quello di lasciarsi irretire dal solito terrorismo mediatico delle infami classi al potere di questo mondo mercantilistico e bottegaio, che si avvalgono dei più spregevoli mezzi di convinzione (paura e denaro) messi in atto con stucchevole periodicità in questa Età dei Mercanti  coi suoi servili esecutori ( mentalità sinistrorsa e pecoronismo delle masse). Quindi piu' che mai adottare le 5 Leggi di Hamer  e il suo "testamento biologico" che ci ha lasciato come seconda modalita' essenziale per disporci
ad un ritorno dell'eta' dell'oro, secondo i parametri cui abbiamo fatto cenno e che a me piace definire di "futuro anteriore" il "sara' stato" della ri-assunzione di una tradizione un po' evoloniamente individuata anche in una sua non proprio effettiva  tradizione, come modalita' preferenziata per dar luogo ad un altro av-venire 

GLI DEI DENTRO DI NOI

  Siamo abituati a marcare la storia con personaggi e eventi , ma sarebbe il caso di concentrarsi  forse di piu'  su modalita'  di r...