Gli americani non si sono limitati a raccogliere il testimone della bottegaia Inghilterra che per piu’ di tre secoli aveva spadroneggiato per il mondo forte dei suoi commerci e del suo motore : il denaro. Hanno con il loro avvento, dopo la seconda guerra mondiale, al vertice del potere mercantile, commerciale, e tecnologico, cioe’ in sintesi al potere iperbottegaio hanno aggiunto e affinato metodi e modalita’, sviluppando la cosidetta “guerra della rete” ovvero una guerra condotta non solo in termini di mercato e di valore di scambio, ma di una informazione globale , basata su di uno spregiudicato uso, giustappunto della nuova rete informatica globalizzata e della risonanza dei cosidetti “media”, e cioe’ giornalismo, televisione, publicita’, social e computer, tutti aggiogati al carro dell’iperconsumismo del neo-liberismo, ( o probabilmente piu’ attinente la definizione Duginiana di post-liberismo). Contro questo post-liberismo di oramai gretta individuazione statunitense che si e’ imposto come comun denominatore di tutto il mondo occidentale, qualificandosi come iper modernismo, ovvero lo spregiudicato utilizzo tutte le idee e tecniche piu’ ipocrite e falsamente buoniste che mai abbiano avuto diffusione, non solo negli USA e nel loro diretto precedente l’Inghilterra, ma anche in seno a quella che avrebbe dovuta essere la tradizione europea con la sua storia, il suo spirito e appunto le sue tradizioni, dequalificatasi in una spregevole sigla la UE espressione di un solo potere quello del denaro, del mercimonio e di una tecnologia al suo esclusivo servizio Ecco perche’ ogni possibile conservatorismo da parte di una sia pure esigua minoranza dovra’ sempre estrinsecarsi in un perentorio “NO !” al modernismo, e dovra’ sempre riferisi ad una tradizione, anche se non espressamente manifesta nel contesto della realta’ circostante.Si riconosce subito quell’individualismo “differenziato” espresso dal grande e ovviamente ostracizzato dalla cultura modernista vigente, filosofo Julius Evola in special modo nel suo saggio “Cavalcare la tigre” ovvero una sorta di manifesto di un “tradizionalista senza tradizione “. E’ questo tradizionalismo l’unico atteggiamento perseguibile appunto dall'uomo che non si riconosce in nessun aspetto del post modernismo. ma cio’ nonostante si affida al piu’ totale e assoluto rifiuto di qualsivoglia parametro della Societa’ attuale, che dopo aver esaurito il moderno gia’ da mezzo secolo a questa parte e’ oramai in quella fase di post modernismo che non esprime null’altro che negativita’ e nefandezza. La parola d’ordine di tale atteggiamento, che ha i suoi araldi in pochi personaggi di cultura e spessore: Evola in prima istanza, ma anche Guenon, Eliade, Cioran, Drieu de la Rochelle, Ezra Pound, Heidegger, Schmitt, Jungher. Spengler in una qualche maniera Freud, Jung, Pauli, Heisenberg, Schrodinger e piu’ recentemente, Matte’ Blanco, De Benoist, Freund, Dugin, persino i nostri Agamben e Cacciari: “IL MODERNO E’ IL MALE, IL POST-MODERNO E’ IL PEGGIO". Ribadiamo che l’uomo differenziato di Evola ovvero il tradizionalista senza tradizione, deve trovare all’interno di se (in-sistere) i motivi piu genuini per opporsi con tutte le sue forze al mondo di oggi post-moderno che propugna solo motivi di interesse e profitti (ex-sistere) , in sostanza deve fare una sorta di calcolo infinitesimale del tutto simile a quello che fece Leibniz rispetto a Newton , tradizionalmente indicati come i due ideatori di tale procedimento matematico: preferenziare quella “vis viva” interna indicata dal primo in opposizione al secondo che la ricercava invece all’esterno nelle leggi e cose del mondo, e farlo assumendo numeri del campo reale ma con connotazione negativa, identificandoli con mancanze, debiti, interruzioni, distruzioni e facendoli tornare positivi ma con connotati immaginari, tramite proiezioni per stabilire quindi un nuovo registro, giustappunto quello dell’immaginario dove possono rientrare le nuove interpretazioni di un mondo che non sia quello che ci si presenta oggi con caratteri di quasi esclusivita’ e che e’ stato recentemente in grado di imporre un vero e proprio fermo alla ragione, alla liberta’, ad una umanita’ che non si e’ ancora fatta irretire dalla paura e che appunto deve trovare la sua “proiezione immaginaria” per uscire dal tunnel della post modernita’ che non solo ha dimenticato la tradizione (compito eseguito questo gia’ dal moderno) ma la vuole del tutto annichilire in nome di una feticizzazione estrema del movente economico per una debacle di ogni traccia di umanita’ e l’affidamento assoluto ad un nichilismo fatto di merci, di mercato, di denaro e della loro proiezione sotto veste virtuale ed informatica (paradossalmente un netto processo inverso di quello che deve fare l’uomo che si differenzia nella tradizione). Sotto il profilo meno individuale, ma piu' collettivo, si potrebbe fare proprio la controversa ed anche abbastanza navigata teoria dell'unione eurosiatica rivisitata e elaborata recentemente daAlekxandr Dugin in ispecie nei suoi due saggi La quarta teoria politica e La teoria Mondo multipolare, di cui ho gia' parlato e di cui conto di parlare in maniera sempre piu' approfondita, perche' dismettendo quella "ubris" che fino a pochissimo tempo fa , prima che questa distopia recente , mi svegliasse dal mio sonno dogmatico a proposito dell'occidente, vado anche io alla ricerca di una nuova direzione in cui incanalare il mio desiderio di liberta' , di giustizia, di vera umanita' e magari scoprire un nuovo Eldorado non fatto di oro come equiparazione di beni materiali, ma di quel vero purissimo oro di cui erano intessuti i tempi che nessuno e' mai riuscito a raccontare, se non come Mito, un Mito dell'eterno ritorno a cui tutto sommato un tradizionalista senza tradizione, scandita da precise metafore, deve sempre tendere: una Eta' dell'Oro per una tradizione che la coscienza umana non e' ancora riuscita a condensare, e che puo' solo intenderne un senso trascinando il suo significante che e' sempre altrove, sempre un tantino piu' in la' o un pochino piu' in qua, perche non e' una metafora : e' una metonimia e a parlare non sono piu' gli uomini, ma gli dei o perlomeno l'idea che di tali dei, se ne e' costruita la mente umana.
il nome è ripreso da un vecchio locale di Praga Solidni Nejistota dei primi tempi dopo la liberazione dal comunismo
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