mercoledì 11 gennaio 2023

AGAMBEN E LA "NUDA VITA"

 


giovedì 5 gennaio 2023

DA-SEIN : TERRA O MARE ?

Esser-ci  ovvero vivere in terra o mare ?  Per uscire dalle trappole della cultura vigente , dobbiamo giocoforza rifarci ad altri parametri, seguire strade diverse "laudet diversa sequentis" -   Heidegger e Schmitt  sono paradigmatici in tal senso proprio per andare oltre la mistificazione dell'attuale cultura di post modernismo  liberista e  consumista. La globalizzazione viene presentata dalla cultura vigente come una realta' complessa e caratterizzante, preferenziando il fattore economico e riversando quindi gli effetti in termini di utilita' e bisogni su tutte le manifestazioni sociali; sappiamo bene da dove vengono  le tendenze moderne , anzi post moderne: dalla solita' mentalita' bottegaia di derivazione anglosassone che e ' riuscita,  specie dopo il momento che ha passato il suo gretto testimone agli ancora più consumistici e iper liberisti Stati Uniti a  conquistare il primato del mondo: Ecco perche' è necessario cercare di estrarre dal contesto di menzogne e falsificazioni dominante  qualche tentativo di cogliere la vera realta' sociale. Non senza una certa paradossalità, una delle costruzioni intellettuali che si dimostra più funzionale per l'individuazione di una metodologia effettiva e non costruita è costituita dall’interpretazione di Carl  Schmitt, un originalissimo e profondo pensatore  del diritto e della politica internazionali, che e' stato alquanto accantonato dalla cultura dominante da dopo il 1945, per via delle sue posizioni filo naziste. Paradossale che i piu' originali e profondi pensatori del XX secolo (Heidegger, Evola, Guenon, Junger, Eliade, Jaynes, Kuhn, Hamer, ovviamente Schmitt e anche quelli che ancora infiammano la cultura in questo terzo millennio Agamben, De Benoist, Dugin,  siano tutti in qualche modo ostracizzati dalla cultura della globalizzazione e del post modernismo. Parliamo di “paradossalità” in quanto con la polarizzazione su di un tipo di cultura strettamente correlata con l'elemento economico, quale quella emersa dopo il 1945 ovvero con la dominanza dell'elemento liberal/consumistico portato all'esasperazione dalla societa' statunitense, si e' persa, o perlomeno e' divenuta estremamente aleatoria la ricerca di una alternanza di pensiero, proprio come e' avvenuto sotto il profilo utilitaristico:  ecco quindi che  la capacità analitica attraverso cui Schmitt è riuscito ad isolare elementi essenziali della storia europeo-occidentale e quella sintetica con cui li ha poi organicamente combinati, hanno permesso alla sua visione di accogliere in sé non soltanto il passato, ma anche lo sviluppo storico ad essa successivo, donandole un tratto che, visto con occhi contemporanei, risulta quasi profetico.   Riflettere oggi sul saggio di Schmitt Terra e mare con la minaccia di una globalizzazione  che per molti versi  si sta affermando significa privilegiare  un punto di vista contenutistico, poiché non è la dimensione strettamente giuridica a prevalere, quanto quella storica. E siccome  «Terra e Mare» e’ soprattutto  una grande lezione di metodologia storica, che mostra la fruttuosità di un approccio trans-disciplinare, che spazia dalla geografia alla filosofia, dal diritto alla storia della scienza e della tecnica, in grado di conciliare fenomeni particolarissimi e processi, si puo’ affermare che in esso viene sviluppata  una visione in grado di accogliere in sé non soltanto il passato, ma anche lo sviluppo storico ad essa successivo, donandole un tratto che, visto con occhi contemporanei, risulta quasi profetico.. Il principio storico-filosofico che sta alla base della trattazione corrisponde all’idea secondo cui la prassi umana è in primo luogo determinata dallo spazio in cui il soggetto si trova a vivere: questa sua “situazione” è dunque all’origine tanto della sua percezione del mondo, del suo modo di concepire lo stesso spazio, quanto della modalità di formazione e conduzione delle relazioni sociali. Ma se la prassi è rivolta all’esigenza di amministrazione di un certo spazio, ad orientarla saranno per primi gli elementi di cui tale spazio è composto:  giustappunto terra e/o mare. Tale rapporto di causazione non è però da intendersi unilateralmente, perché se da un lato gli elementi condizionano il comportamento individuale e collettivo, resta sempre nelle possibilità del soggetto «decidersi per» un determinato elemento  e condurre con ciò un’esistenza prevalentemente marina o terrestre.  Epocale e’ l’affermazione di Schmitt “La storia universale è una storia della lotta delle potenze del mare contro le potenze della terra e delle potenze della terra contro le potenze del mare». L’immagine che nella tradizione del pensiero cattura meglio questa realtà è la metafora cabalistica dello scontro tra il Leviatano e il Behemoth: dove il primo cerca di stremare e soffocare il secondo, questo tenta invece di azzannare e trafiggere a morte il suo avversario. In questa metafora sono evidentemente racchiusi i due diversi modi con cui le potenze marittime e terrestri si presentano allo scontro: mentre i popoli del mare cercano di colpire indirettamente il nemico privandolo di risorse e alleati per portarlo al cedimento, i popoli della terra optano invece per uno scontro frontale attraverso cui annientare direttamente le forze avversarie. La storia europea è stata dominata per la maggior parte del suo corso dall’elemento della terra. Tali è infatti nella sua essenza la gran parte degli imperi e dei grandi regni del passato, come l’Impero romano o quello carolingio. Ma anche tra quelle che possono esser definite come “potenze del mare”, come ad esempio Venezia o Atene, l’elemento della terra rimane in ogni caso largamente presente, tanto da impedire di connotare l’esistenza di questi popoli come determinata definitivamente dal mare. Questa situazione inizia per la prima volta a modificarsi con l’epoca delle grandi scoperte geografiche, quando l’oceano entra a far stabilmente parte dello spazio percorso dai popoli europei. La rilevanza storica delle scoperte è tale da renderle, come presto si motiverà, tra le principali cause della più significativa «rivoluzione dello spazio» dell’intera storia umana. È opportuno mettere in risalto che il concetto di «rivoluzione dello spazio» non viene da Schmitt inteso come semplice allargamento degli orizzonti e delle conoscenze geografiche, quanto più come radicale modificazione della «struttura del concetto di spazio stesso», che porta ad avere una diversa percezione anche dello spazio già conosciuto e abitualmente percorso. Il canonico esempio di ciò è l’Inghilterra che, tra il XVI e il XVII secolo, inizia concepire se stessa non più come «un pezzo di terra ferma» circondata dall’acqua, ma come una «nave» o un «pesce». L’elemento di assoluta novità che le nuove scoperte geografiche comportano risiede nel fatto che, per la prima volta, la rappresentazione mitica del Mondo viene sostituita da una empirica e scientifica. Possiamo addirittura affermare che in questo momento si sviluppi il concetto di Mondo, così come noi oggi lo intendiamo. Una volta acquisita tale consapevolezza, nasce simultaneamente per gli europei l’ambizione e la necessità di dare un ordine allo spazio planetario, ma sulle prime vengono a scontrarsi due diversi progetti d’ordine, il primo per un’egemonia delle potenze della terra cattoliche, il secondo per un’egemonia delle potenze del mare calviniste.
Il culmine dello scontro è raggiunto con la Guerra dei Trent’anni (1618-1648), la prima «guerra civile europea». Se da un lato però i territori d’oltremare hanno inizialmente scatenato le pulsioni egemoniche delle potenze europee, dall’altro è la stessa nuova situazione geopolitica a permettere il raggiungimento di un equilibrio di inedita efficacia, nato proprio dal compromesso tra terra e mare: nasce così il primo diritto internazionale mondiale della Storia, lo jus publicum Europaeum. La “costituzione materiale” di un tale ordinamento si fonda su tre elementi: l’equilibrio tra le superfici degli stati nazionali in Europa, il libero mare e la disponibilità di immensi spazi al di fuori del Vecchio Continente, o disabitati o abitati da popolo non europei, che in quanto tali posso essere solo oggetto e mai soggetto del diritto. Questo tipo di ordinamento dà avvio alla secolarizzazione della vita pubblica, che a sua volta consente una, fino a quel momento impossibile, razionalizzazione della guerra, articolata attraverso il riconoscimento reciproco tra gli stati nazionali e dunque sulla possibilità di distinzione tra justus hostis, lo stato nazionale europeo appunto. Ciò segna la possibilità di superamento della “guerra totale” che aveva caratterizzato i conflitti di religione appena combattuti, dove il nemico “infedele” non poteva godere di alcuna considerazione e tutela giuridica, e segna invece l’inizio della «guerra-duello», combattuta esclusivamente da eserciti regolari e senza fini di annientamento. Contro i popoli non-europei, che come abbiamo visto non dispongono di alcun riconoscimento giuridico, resta invece la possibilità di impiegare qualsiasi mezzo o strategia militare. Lo jus publicum Europaeum si presenta come un ordinamento di forte impronta romana e accentrato attorno alla statualità. Questi elementi ci suggeriscono il prevalere delle logiche della terra su quelle del mare. Cionondiméno il mare acquisisce al suo interno un’importanza crescente in modo proporzionale all’ascesa dell’Impero britannico, prima potenza ad «essersi decisa interamente per l’elemento del mare». Il mare, formalmente libero e de facto egemonizzato dall’Inghilterra, diventa allo stesso tempo condizione materiale e metafora della libertà di commercio, quindi del concetto moderno, di ovvia derivazione anglosassone, di mercato e di commercio quindi del predominio dell’elemento economico tout court. Il mare, e soprattutto l’oceano, non è infatti soltanto lo spazio attraverso cui si svolgono concretamente i commerci, ma costituisce anche il momento in cui l’individuo si distacca dalla comunità di appartenenza, dove lo stato cessa di esistere e lo spazio si ritrova privo di forma. Se la terra permette di essere misurata, distribuita e amministrata attraverso la legge, il mare rifugge a tale forza ordinatrice. Il mare è al contempo res omnium o res nullius, rimane cioè stato di natura. Sulla base di tali modelli concettuali, già all’interno della cornice dello jus publicum Europaeum, si viene a formare, a fianco del «diritto internazionale inter-statale», un «diritto privato internazionale» che travalica la statualità e si pone come garante della libertà economica degli individui. Appellandosi ai principi di questa nuova forma di diritto, l’Inghilterra riesce così a penetrare economicamente nei territori degli stati nazionali senza che questi riescano sempre a trovare efficaci strumenti giuridici di contrasto. Il sostanziale equilibrio tra logiche marine e terrestri, così come la condizione di relativa pace tra gli stati europei, si incrina paurosamente per il perseguire sempre lei l’Inghilterra, come la definiva Napoleone “la nazione bottegaia”,
 un intento di predominio su tutti gli altri stati in forza dell’elemento economico sfruttando l’obsolescenza della politica Metternichiana  impostasi  subito dopo la sconfitta di Napoleone nel 1815 e perpetuatasi per oltre trent’anni (1815-1848). Vediamo cosi’ “la nazione bottegaia” fomentare sommosse, rivolte, rivoluzioni facendo leva su di un fumoso anelito di indipendenza con carattere  nazionalista  nel famoso 1848 ( Regno delle Due Sicilie, Francia, Lombardo Veneto, Austria stessa , financo il Papato) per essere l’anno seguente in questa prima istanza clamorosamente debellata dappertutto, grazie anche ad un rinnovato senso di solidarieta’ delle potenze di terra (soprattutto Austria e Russia in occasione della guerra contro l’Ungheria).
Molto piu’ riuscita la seconda uscita delle macchinazioni del
  principio talassico rappresentato dall’inghilterra, che riesce in occasione della Guerra di Crimea del 1853/55  a dividere  giustappunto Russia e Austria  e addirittura a venirsi contro , avvalendosi sull’oramai totale assenza, per ragioni anagrafiche,  del grande tessitore degli interessi delle potenze di terra ovvero il Principe Metternich (oramai ultra ottantenne)  e di converso anche per l’opposto 
motivo della troppa giovane eta’, ovvero sfruttare l'inesperie-
za dell’Imperatore Franz Joseph. L’equilibrio  si volge decisamente verso il mare  con la Prima grande guerra europea  che addirittura diviene mondiale per l’intervento degli Stati Uniti d’America, che di li’ a poco con una seconda guerra mondiale , raccoglieranno il testimone  di grande nazione bottegaia  e piena rappresentante delle potenze di mare. Gia’ con la prima di queste guerre “mondiali “ le potenze di terra erano uscite decisamente sconfitte  (Impero Germanico e Impero Asburgico) e parimenti annientato era risultato l’Impero Russo, anche se non nei termini voluti dall’ancora determinante Inghilterra, in quanto il crollo degli Zar aveva portato ad una non prevista affermazione del bolscevismo, una sorta di anomalia di copione della storia , per certi versi un po' alla maniera di Napoleone che nato da in seno alla Rivoluzione Francese ne aveva col suo velleitario cesarismo stravolto gli elementi di adesione al principio economico e quindi marittimo. L’ordine che sorge dalle ceneri del secondo conflitto mondiale pero’  si presenta come qualcosa di estremamente diverso dallo jus publicum Europaeum, a partire dal fatto che l’Europa non è più il centro del nuovo ordinamento, ma è stata invece inglobata dall’Occidente, entrando così a far parte dell’area di influenza americana.L’egemonia sull’emisfero occidentale da parte degli Stati Uniti, eredi spirituali dell’Impero britannico, sancisce la definitiva affermazione del mare. In questo senso si possono rintracciare una serie di linee di tendenza che partono dal declino della statualità e della dimensione pubblica, procedono nella deteriorializzazione del diritto, con la complementare diffusione di modelli di common law, fino ad arrivare ad una complessiva in-formalizzazione delle relazione sociali, che i sociologi hanno colto nella nozione di «società liquida». Tuttavia la società liquida o la piena affermazione di un Nomos del mare non sono ancora la realtà della globalizzazione. Questa segna infatti l’avvento dell’elemento dell’aria nelle relazioni sociali e nella loro codificazione. Già dalla seconda metà dell’Ottocento la tecnologia ha reso l’elemento dell’aria finalmente accessibile e “percorribile” per l’uomo attraverso una serie di invenzioni (come l’aereo, il telefono o la radio). Ciò ha però solo marginalmente toccato le relazioni socio-politiche, che hanno per lo più proseguito lungo il binario terra-mare. Lo sviluppo e diffusione di ulteriori tecnologie al termine del XX secolo (fra tutte: computer e internet) hanno invece prodotto una rivoluzione antropo-sociologica di rilevante portata. Se, ad esempio, il mare fino a qualche decennio fa poteva valere come metafora efficace del mercato, oggi questo, con il primato della finanza sull’economia reale e la conseguente diffusione dell’ «economia immateriale», si mostra perlopiù come una realtà “gassosa”. Anche a livello sociale assistiamo ad una “vaporizzazione” dei legami tra gli individui, dell’appartenenza di classe, delle forme dell’interazione politica ecc. che ci inducono a leggere, l’evoluzione della società occidentale nel Novecento secondo un andamento che va dal solido al gassoso. Ciò non ci autorizza ancora parlare di un “Nomos dell’aria” in riferimento all’ordine mondiale della globalizzazione, sia perché l’elemento aeriforme non ha ancora portato allo sviluppo di significative innovazioni, quali potrebbero essere peculiari istituzioni giuridiche, sia perché tale elemento non è certo attualmente dominante. Volendo proporre in conclusione una valutazione complessiva della dottrina schmittiana appena esposta, possiamo definire questa maestosa costruzione intellettuale, facendo nostre le parole del filosofo Carlo Galli, come una «contro-filosofia della storia» rispetto all’auto-interpretazione della globalizzazione liberal-democratica. Dove infatti questa professa l’universalità dei propri principi, Schmitt rivela tanto la limitatezza nella possibilità di replicazione quanto la particolarità degli interessi perseguiti; laddove si crede di scorgere necessità, Schmitt smaschera la contingenza.






ENTUSIASMO PER GLI DEI DELL'ETA' DELL'ORO

  La Techne' fu una  pratica di rappresentazione sempre piu’ raffinata - termine che nella accezione antica aveva pero’ un significato m...