La differenza principale tra allora e adesso è che si stanno finalmente facendo
le verifiche del caso sulle schede elettorali. Quasi nessuno in Italia, e
probabilmente nel mondo se si leggono i media ufficiali, ha la più pallida idea
di dove sia Maricopa e di cosa stia succedendo in questa cittadina
dell’Arizona. È qui che si è messo in moto un meccanismo che potrebbe cambiare
la storia degli Stati Uniti e quella del mondo intero.
Lo scorso 31 marzo il Senato dell’Arizona ha infatti deciso di affidare
l’appalto per un riconteggio e una revisione delle schede elettorali nella
contea di Maricopa, che è la quarta per grandezza negli Stati Uniti, alla
società Cyber-Ninja specializzata in perizie informatiche. La reazione del
sistema è stata di puro panico. I democratici hanno cercato immediatamente di
bloccare il riconteggio cercando di fare ricorso davanti ad un giudice locale
che ha però chiesto ai ricorrenti di depositare un milione di dollari come
cauzione. I democratici si sono rifiutati e il riconteggio è andato avanti.
Per comprendere quanto sia seria la perizia sulle schede elettorali in corso in
Alabama, è certamente utile leggere la cronaca del quotidiano americano “The
Gateway Pundit” che ha descritto come il riconteggio e la verifica
dell’autenticità delle schede sia estremamente seria e accurata.
Le schede vengono passate sotto una luce ultravioletta per verificare la
presenza di una filigrana speciale che ne attesta la autenticità o meno. Quando
questo blog lo scorso novembre parlò di questa tecnologia, molti, anche tra i
sostenitori di Trump, gridarono alla “notizia falsa” senza nemmeno sapere che è
già da qualche tempo che esiste questo metodo di verifica delle schede,
menzionato persino sul sito della CYSA, l’agenzia per la sicurezza informatica
degli USA.
Ora sta accadendo veramente, sotto gli occhi di tutti. E il sistema non
riportando quanto accade a Maricopa si sta semplicemente comportando come uno
struzzo che mette la testa sotto la sabbia, nella vana speranza che ignorare
quanto accade in superficie possa cambiare in qualche modo le cose.
Per usare la terminologia cara al regime mondialista contro il regime stesso,
si potrebbe dire che queste persone soffrano di sindrome “negazionista”.
Nel frattempo, il conteggio procede e sono già emerse notevoli illegalità. Sono
state trovate migliaia di schede duplicate che sono dei doppioni che
sostituiscono le schede originali qualora queste si rivelino inutilizzabili o
danneggiate.
Per poter essere valida la scheda duplicata deve avere lo stesso codice a sei
cifre della scheda originale, altrimenti la scheda duplicata si deve
considerare a tutti gli effetti “fantasma” o più semplicemente falsa.
Maricopa, ad ogni modo, ha messo in moto l’effetto domino. Non appena è
iniziato il riconteggio in questo Stato, dall’altra parte degli Stati Uniti, in
Michigan, sul lato orientale, un coraggioso avvocato locale Matthew DePerno che
assiste un cliente che ha fatto ricorso contro la frode sta presentando
massicce prove del broglio.
La situazione non è molto differente da quella dell’Arizona. Ci sono migliaia
di schede illegali fantasma inserite nello scrutinio finale e queste schede
casualmente hanno determinato la “vittoria” del candidato dei democratici Joe
Biden. In particolar modo, è emerso come i voti siano stati spostati tutti in
un determinato momento e nella stessa quantità e questa circostanza da sola
denota l’impossibilità della mano umana nello spostamento dei voti che sono
stati assegnati a Biden attraverso un algoritmo.
Biden quindi non è il legittimo presidente degli Stati Uniti e quanto sta
accadendo ora nei vari stati americani sta confermando quanto era emerso già a
novembre. In America, c’è stata una massiccia operazione perpetrata sia
all’interno degli Stati Uniti sia fuori dai suoi confini nazionali che ha portato
alla instaurazione eversiva di un presidente impostore.
Il golpe contro Trump ha avuto due versanti: uno domestico, l’altro
internazionale Il broglio ha avuto infatti due applicazioni. La prima è stata
quella interna che si è appena vista nella quale sono state create dal nulla
migliaia di schede false per spostare l’asse della bilancia verso Joe Biden.
A questo punto però prima di proseguire, è utile ritornare un istante alla
notte del 3 novembre. Probabilmente molti lettori ricordano quanto accaduto in
quel momento quando tutti gli scrutatori smisero di contare simultaneamente
negli Stati chiave. Il sistema si rese conto di una semplice eventualità. Trump
stava vincendo ugualmente nonostante ovunque negli Stati stessero spuntando
migliaia di scheda false per riportare in vantaggio Biden. Non era sufficiente.
Occorreva un broglio ancora più vasto. È a questo punto che entra in gioco il
lato internazionale del golpe. Occorre ricordare che nei vari Stati americani
il server che ha gestito il conteggio elettronico è di proprietà della società
canadese Dominion. Dominion è una società legata profondamente agli uomini più
vicini al partito democratico, quali lo speculatore finanziario George Soros e
la fondazione dei coniugi Clinton. È accaduto qualcosa senza precedenti in
questa elezione. Questa società ha gestito tutto il processo di gestione
elettorale sostituendosi ai rappresentati elettorali dei vari Stati che non
hanno mai avuto accesso persino alle password dei modem.
Le elezioni sono state quindi sotto certi aspetti privatizzate. Il broglio però
per poter avere definitivamente successo aveva bisogno non solo di creare delle
schede false per Biden, ma doveva spostare una massiccia quantità di voti da
Biden a Trump. Qui entra in gioco l’Italia, che avrebbe avuto un ruolo
semplicemente decisivo nel consentire la riuscita dell’operazione. In sintesi,
secondo fonti vicine all’Italiagate, il governo Conte avrebbe autorizzato il
broglio attraverso la partecipazione della società Leonardo, partecipata dal ministero
dell’Economia con il 30% delle azioni. Lo spostamento dei voti sarebbe stato
coordinato nell’ambasciata USA di via Veneto a Roma dal generale Graziano e da
un altro uomo del dipartimento di Stato USA, tale Stephan Serafini. A gestire
l’operazione tecnica dello spostamento di voti sarebbe stato invece un hacker
professionista, Arturo D’Elia, che vanta un esteso curriculum di collaborazioni
come specialista informatico per la NATO e per la procura di Napoli. Come Trump
ha evitato una guerra civile e ingannato il sistema Ora quello che molti
legittimamente si stanno chiedendo è perché, se Trump era perfettamente
informato di quanto era accaduto, non è intervenuto in prima battuta per
dichiarare una sorta di stato emergenziale e dichiarare le elezioni come
illegali in quanto frutto di una estesa operazione sovversiva perpetrata contro
il presidente degli Stati Uniti. In altre parole, perché il famoso Kraken, la
metafora del mostro mitologico menzionata spesso dall’avvocato vicino a Trump,
Sidney Powell, non è stato rilasciato immediatamente. A questo punto, si provi
a immaginare cosa avrebbe portato una dichiarazione ufficiale di Trump di
indizione della legge marziale negli Stati Uniti o piuttosto della legge contro
le insurrezioni. Sotto il profilo strettamente costituzionale, Trump aveva
tutto il diritto di ricorrere a simili misure poiché era in corso un vero e
proprio attentato alla sovranità degli Stati Uniti volto a rovesciare il
legittimo comandante in capo tramite un golpe.
Sotto il profilo pratico però, tali decisioni avrebbero portato ad una nuova
guerra civile ancora più devastante e sanguinosa di quella che occorsa nel 1860
sotto la presidenza Lincoln. Gli Stati a guida democratica, quali la California
e New York, avrebbero invocato la secessione e l’ONU, l’istituzione vicina alla
famiglia Rockefeller che nell’idea del mondialismo sarà la base del futuro
governo mondiale, avrebbe condannato l’atto di Trump e spinto per un intervento
militare delle potenze straniere contro il presidente.
Sarebbe stata una situazione esplosiva, senza precedenti. Il capolavoro di
Trump invece è stato fare ciò che era necessario fare senza però arrivare mai
allo scontro frontale con la cabala mondialista. Trump avrebbe fatto sua la
massima di Sun Tzu che raccomandava qualora il nemico sia troppo forte in un
determinato momento della guerra, di evaderlo e di ricorrere invece
all’inganno, sopra il quale è fondata tutta l’arte della guerra.
E l’inganno nei confronti del sistema sembra essere riuscito perfettamente.
A Washington, si è instaurata una amministrazione fantoccio che appare
completamente priva dei poteri assegnati al comandante in capo.
Ad oggi, Joe Biden, il fantoccio che avrebbe dovuto trascinare gli Stati Uniti
verso il Grande Reset e verso uno scontro armato contro la Russia, l’altra
grande nemesi del mondialismo, ha completamente fallito gli obbiettivi che
avrebbe dovuto raggiungere. Le tensioni con la Russia non solo non si stanno
alzando, ma piuttosto stanno diminuendo. Al di là dei roboanti insulti di Biden
rivolti a Putin, il presidente (?) USA non ha fatto nessun atto sostanziale che
danneggi veramente la Russia. È stato negato il sostegno militare all’Ucraina
che da settimane sta cercando di provocare apertamente la Russia, e al tempo
stesso è emerso come Biden sia apparentemente intenzionato a togliere le
sanzioni sulla costruzione del gasdotto russo Nord Stream 2 in quella che di
fatto sarebbe una enorme apertura per normalizzare i rapporti con Mosca.
Ci si chiede a questo punto chi sia veramente a comandare Joe Biden e chi abbia
davvero la guida degli Stati Uniti.
La mossa di Trump, o meglio il capolavoro, secondo diverse fonti vicine al
presidente, potrebbe essere stata questa: firmare l’atto contro le insurrezioni prima della sua uscita di scena temporanea
della Casa Bianca e consegnare il potere temporaneamente ai militari che non
riconoscono l’attuale presidente.
Tutto questo senza fare alcun annuncio ufficiale.
Trump in questo modo avrebbe depotenziato l’amministrazione Biden riducendola
al ruolo di una presidenza fantoccio, priva di effettiva legittimità e
controllata da poteri, quali quelli delle forze armate americane, che sono
ancora fedeli a Trump.
Questa situazione ricorda molto da vicino una profezia, che in queste settimane
sta spopolando tra i sostenitori di Trump, fatta da Kim Clement, un cantante e
pastore sudafricano che predisse l’avvento di Trump alla Casa Bianca anni prima
della sua candidatura. La profezia in questione riguarda una sorta di diarchia
che in un certo momento della storia avrebbe governato gli Stati Uniti. Per
diarchia si intende due presidenti che governano nello stesso momento storico e
nello stesso Paese. Una situazione che sembra coincidere perfettamente con
quanto sta accadendo ora in America, con Trump, possibile comandante in capo
occulto, e Joe Biden, presidente virtuale che non sembra essere effettivamente
in carica. Questa diarchia è comunque destinata a finire in un determinato
momento e Clement incredibilmente nelle sue profezie parla proprio del ruolo
dell’Italia nel mettere fine a questa situazione.
Il pastore sudafricano si riferiva forse all’Italiagate e al ruolo di questo
scandalo nel far venire alla luce il golpe internazionale contro Trump?
È certamente difficile dirlo, ma quanto accaduto fino ad ora sarebbe stata solo
una ritirata strategica di Trump. Ora viene la seconda parte del piano.
Trump sta preparando il terreno per nuove elezioni prima del 2024
Per poter avere elezioni regolari, è necessario rimuovere prima una delle cause
primarie che hanno consentito il broglio su vasta scala nei vari Stati, ovvero
le leggi elettorali che hanno consentito di conteggiare schede illegali e di
far votare elettori che non ne avevano diritto, quali gli immigrati
clandestini.
In quasi metà degli Stati americani, le regole sono state già cambiate in
questo senso. Trump sta quindi abilmente preparando il terreno di una nuova
elezione che si terrà con ogni probabilità prima del 2024 e lo sta facendo
riducendo consistentemente la probabilità di brogli elettorali.
Lo stesso presidente nella sua ultima intervista rilasciata a Chanel Rion,
giornalista di One America News, lo ha detto chiaramente. “Qualcosa deve essere
fatto prima del 2022”, mentre in una precedente intervista rilasciata a Joe
Pagliarulo, ha detto che Biden di fatto non potrà continuare a governare perché
i riconteggi dimostreranno inevitabilmente che ha perso.
Le apparizioni di Trump e le sue dichiarazioni contro la frode elettorale del
2020 stanno aumentando esponenzialmente di pari passo con l’emergere dei brogli
nei vari Stati. Gli uomini vicini al presidente hanno allo stesso tempo fatto
sapere che i suoi oceanici raduni riprenderanno a giugno e che il suo social
sarà invece pronto per il 4 luglio.
Tutte queste mosse di Trump fanno presagire la preparazione di una campagna
elettorale che si terrà ben prima del 2024.
Mike Lindell, l’imprenditore di My Pillow, ha parlato di un possibile ritorno
del Presidente già ad agosto.
È difficile dire se Trump sarà di nuovo presidente per quel mese, ma si può
certamente arrivare alla conclusione che Trump si sta già muovendo per tornare
in una data che precederà non di poco le presidenziali del 2024.
L’accuratezza della tempistica è ardua, se non impossibile, perché ci si trova
in una situazione senza precedenti.
Si è di fatto in un territorio inesplorato e tutto è possibile nel mezzo di
questa battaglia tra i figli della luce e quelli delle tenebre.
I Rothschild hanno capito la strategia di Trump e sono pronti a tutto
Nel lato delle tenebre, si sono al tempo stesso accorti immediatamente
dell’efficacia della strategia di Trump ed è intervenuta a questo riguardo
direttamente la famiglia Rothschild.
Questo evento già di per sé è estremamente raro. La famiglia Rothschild
dall’inizio della sua dinastia che risale alla fine del’700 ama agire
nell’ombra.
I Rothschild hanno costruito il loro immenso impero finanziario nel corso dei
secoli seguendo una regola ferrea. Finanziare i due lati impegnati in battaglia
per poi poter controllare entrambi.
Sembra avvicinarsi il redde rationem, un po’ quindi alla maniera
di Augusto che fin dall’inizio di questo
articolo è il referente di questa
metafora del ritorno, prima con quel suo muoversi con abilità nella situazione
di passaggio della Roma dalla Repubblica al Principato e ora con quel verbo “reddere” che informò il
suo famoso grido di dolore per la disastrosa
sconfitta della foresta di Teuteburgo dove il generale Varo si fece attirare perdendo ben tre Legioni “ Vare, Vare, redde mihi legiones meas”. I
Rotschild e non solo loro, ma un po’ tutti i loschi figuri citati all’inizio
del presente articolo sembrano essere a pronti a tutto pur di realizzare il
loro infame “great Reset” e tutto il
loro globalismo di “Società Aperta” come espressamente ratificato nell’omonimo libro di
quel sedicente filosofo che risponde al nome di Karl Popper sta cercando di
realizzare in ispecie con la messa in pratica proprio di un allievo di
Popper George Soros, mentre noi, che
ancora Popper ci definiva nel suo infame
libro “i nemici” (difatti il titolo completo è “la società aperta e i
suoi nemici “ci appelliamo ad un uomo come
Trump che possa incanalare una re-azione a tutto questo globalismo aperto ad
ogni sconcezza ma blindato in merito alla Libertà, si da avviare una decisa
reazione contro tutti i sinistri nemici della Libertà, della Tradizione, dell’Umanità.
Nessun commento:
Posta un commento