lunedì 29 marzo 2021

IL SONNO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI

 

Eh si! , non ci siamo accorti che accettando un pò tutto, coltivando tolleranza e una ingenua fiducia nell'umanità abbiamo consentito il proliferare e il malefico sviluppo di veri e propri mostri che ora sono in procinto di toglierci tutto, in primis la libertà e ridurci come le grandi narrazioni distopiche dei vari Orwell, Huxley, Breadbury, Dick, etc. e quindi inverare il famoso dipinto di Goya. Uno dei grandi mostri che si profila oggi è Klaus Schwab, il più accreditato ideatore del "Great Reset" nato a Ravensburg nel 1938, è figlio della Germania di Adolf Hitler, un regime da stato di polizia costruito sulla paura e sulla violenza, sul lavaggio del cervello e sul controllo, sulla propaganda e sulla menzogna, sull’industrialismo e l’eugenetica, sulla disumanizzazione e la “disinfezione”, su una visione agghiacciante e grandiosa di un “nuovo ordine” che sarebbe durato mille anni. Schwab sembra aver dedicato la sua vita a reinventare quell’incubo e a cercare di trasformarlo in una realtà non solo per la Germania ma per il mondo intero. Peggio ancora, come confermano più volte le sue stesse parole, la sua visione tecnocratica è anche una perversa visione transumanista, che si propone lo scopo di fondere gli esseri umani con le macchine in “curiosi mix tra vita digitale e analogica”, in tal senso possiamo dire che è l'erede più appassionato di quella sostituzione del referente dell'essere al mondo dall'uomo alla macchina. Lui e suoi complici stanno usando la crisi del Covid-19 per aggirare le responsabilità democratiche, per scavalcare l’opposizione, per accelerare la loro agenda e per imporla al resto dell’umanità contro la nostra volontà in quello che lui definisce un Grande Reset 

Schwab non è, ovviamente, un nazista in senso classico, non essendo né nazionalista né antisemita, come testimonia il premio Dan David che gli è stato conferito da Israele, da un milione di dollari. Ma il Nazismo del XXI secolo ha trovato diverse forme politiche attraverso le quali continuare il suo progetto cardine di rimodellare l’umanità per adattarla al capitalismo attraverso mezzi palesemente autoritari. Questo nuovo nazismo viene oggi portato avanti sotto le spoglie della governance globale, della biosicurezza, della “Nuova Normalità“, del “New Deal for Nature” e della “Quarta Rivoluzione Industriale”. ed è lui Schwab, il fondatore ottantenne e presidente esecutivo del World Economic Forum, che siede al centro di questa matrix come un ragno su di una enorme ragnatela L’originario progetto nazista si basava su una fusione tra Stato e imprese, mentre l'attuale consumismo che ha trovato il suo più fedele alleato nel comunismo di stampo cinese prevede l’acquisizione di imprese e industrie da parte del governo, che in teoria agirebbe nell’interesse del popolo, servendosi in tal senso, come la più sollecita istanza liberticida (quella che un tempo furono definiti i volenterosi carnefici di Hitler) della mentalità di tutte le sinistre, intrisa di ipocrisia e melenso buonismo Schwab ha proseguito su questa strada in un contesto denazificato del secondo dopoguerra, quando nel 1971 ha fondato l’European Management Forum, che si riuniva ogni anno a Davos, in Svizzera. Qui egli promuoveva la sua idea del capitalismo degli stakeholder, in cui le imprese venivano portate a una più stretta collaborazione con il governo. Il “capitalismo degli stakeholder” è descritto come “l’idea di un’azienda si concentra sul soddisfare le esigenze di tutti i suoi stakeholder: clienti, dipendenti, partner, comunità e società nel suo complesso”. Anche nel contesto di un particolare business, si tratta sempre di un’etichetta vuota. Come osservaun articolo della rivista Forbes, in realtà significa solo che “le aziende possono continuare a versare denaro privatamente ai loro azionisti e dirigenti, mantenendo un volto pubblico di spiccata sensibilità sociale e di altruismo esemplare”. Ma in un contesto sociale generale, il concetto di stakeholder è ancora più nefasto, poiché scarta ogni idea di democrazia, di dominio del popolo, a favore del dominio degli interessi delle imprese. La società non è più considerata come una comunità vivente, ma come un’impresa, la cui redditività è l’unico scopo valido dell’attività umana. Schwab ha esposto questo programma già nel 1971, nel suo libro Moderne Unternehmensführung im Maschinenbau (Gestione aziendale moderna nel settore dell’ingegneria meccanica), dove con l’uso del termine “stakeholder” (die Interessenten) ha sostanzialmente ridefinito gli esseri umani non come cittadini, individui liberi o membri di una comunità, ma come partecipanti secondari di un’enorme impresa commerciale. Lo scopo della vita di ogni persona era raggiugere l'efficienza di una Impresa, che in verità non ha altro scopo e fine che proteggere e aumentare la ricchezza dell’élite capitalista. Tutto ciò è diventato ancora più chiaro nel 1987, quando Schwab ha ribattezzato il suo European Management Forum come “World Economic Forum“. Il WEF nient'ltro rappresenta che “la piattaforma globale per la cooperazione tra pubblico e privato”, con ammiratori che descrivono come esso crei “partnership tra uomini d’affari, politici, intellettuali e altri leader della società per ‘definire, discutere e far progredire le questioni chiave dell’agenda globale'”. Le “partnership” che il WEF crea sono volte a sostituire la democrazia con una leadership globale di individui prescelti e non eletti il cui dovere non è quello di servire il pubblico bene, bensì quello di imporre la regola dell’1% con la minor interferenza possibile da parte del resto della popolazione. Nei libri che Schwab scrive per il consumo pubblico, si esprime con i cliché a due facce della rotazione aziendale e dell’ambientalismo di facciata. Gli stessi termini vuoti vengono riempiti di volta in volta. In Shaping the Future of the Fourth Industrial Revolution: A Guide to Building a Better World (Modellare in Futuro della Quarta Rivoluzione Industriale: Una Guida per Costruire un Mondo Migliore), Schwab parla di “inclusione degli stakeholder e distribuzione dei benefici” e di “partenariati sostenibili e inclusivi” che ci condurranno tutti verso un “futuro inclusivo, sostenibile e prospero”! ma dietro questa millanteria, sta la spaventosa motivazione che guida il suo “capitalismo degli stakeholder”, che egli ha promosso incessantemente per il profitto e lo sfruttamento. Ad esempio, nel suo libro “La quarta rivoluzione industriale” del 2016, Schwab scrive di una “uberizzazione” del lavoro e dei vantaggi che ne deriverebbero per le imprese, in particolare per le start-up in rapida crescita nell’economia digitale: “Poiché le piattaforme human cloud classificano i lavoratori come lavoratori autonomi, esse sono (per il momento) libere dall’obbligo di pagare il salario minimo, le tasse del datore di lavoro e le prestazioni sociali” La stessa insensibilità capitalista traspare dal suo atteggiamento verso le persone che si avvicinano alla fine della loro vita lavorativa e che hanno bisogno di un meritato riposo: Invecchiare è una sfida economica perché se non si aumenta drasticamente l’età pensionabile in modo che i membri più anziani della società possano continuare a contribuire alla forza lavoro (un imperativo economico che ha molti benefici economici), la popolazione in età lavorativa diminuisce simultaneamente all’aumento della percentuale di anziani non autonomi. Tutto in questo mondo è ridotto alle sfide economiche, agli imperativi economici e ai benefici economici per la classe capitalista dominante. Il mito del progresso è stato a lungo utilizzato per convincere la gente ad accettare le tecnologie progettate per sfruttarci e controllarci e Schwab gioca su questo quando dichiara che “la Quarta Rivoluzione Industriale rappresenta una significativa fonte di speranza per continuare la scalata nello sviluppo umano che secondo lui avrebbe portato a un drammatico aumento della qualità della vita per miliardi di persone dal 1800”. Con entusiasmo difatti afferma Anche se può non apparire di grande importanza per chi di noi vive quotidianamente una serie di piccole ma significative modifiche alla vita, ciò non è un cambiamento di poco conto: la Quarta Rivoluzione Industriale è un nuovo capitolo dello sviluppo umano, alla pari con la prima, la seconda e la terza Rivoluzione Industriale, ed è ancora una volta guidata dalla crescente disponibilità e di un insieme di straordinarie tecnologie che interagiscono tra loro. Tuttavia, egli sa bene che la tecnologia non è ideologicamente neutrale, come alcuni amano sostenere. Le tecnologie e le società si modellano a vicenda, dice : Dopo tutto, le tecnologie sono legate al modo in cui conosciamo le cose, al modo in cui prendiamo le decisioni e al modo in cui pensiamo a noi stessi e agli altri. Sono collegate alle nostre identità, alle nostre visioni del mondo e ai nostri possibili futuri.Dalle tecnologie nucleari alla corsa allo spazio, agli smartphone, ai social media, alle auto, alla medicina e alle infrastrutture, il significato delle tecnologie le rende politiche. Anche il concetto di nazione ‘sviluppata’ si basa implicitamente sull’adozione delle tecnologie e su ciò che esse significano per noi, economicamente e socialmente. Entusiasticamente ancora scrive: “Le tecnologie della Quarta Rivoluzione Industriale sono veramente dirompenti, stravolgono i modi esistenti di percepire, calcolare, organizzare, agire e consegnare. Rappresentano modi completamente nuovi di creare valore per le organizzazioni e i cittadini”. Qualora il significato di “creare valore” non fosse chiaro, egli fornisce alcuni esempi: “I droni rappresentano un nuovo tipo di lavoratore dipendente che lavora tra di noi e che esegue mansioni che un tempo coinvolgevano persone reali” e “l’uso di algoritmi sempre più sofisticati sta rapidamente estendendo la produttività dei dipendenti, ad esempio, nell’uso dei chat bot per aumentare (e, sempre di più, sostituire) il supporto della ‘live chat’ per le interazioni con i clienti”. Schwab entra nel dettaglio delle meraviglie in grado di tagliare i costi e di incrementare i profitti nel suo mondo nuovo de “La Quarta Rivoluzione Industriale” spiega : Prima di quanto molti si aspettino, il lavoro di svariati professionisti come avvocati, analisti finanziari, medici, giornalisti, contabili, assicuratori o bibliotecari potrà essere parzialmente o completamente automatizzato….È questo imperativo economico che alimenta l’entusiasmo di Schwab per “una rivoluzione che sta cambiando radicalmente il nostro modo di vivere, lavorare e relazionarci”. Schwab, descrivendo le meraviglie della Quarta Rivoluzione Industriale, insiste sul fatto che essa sia “diversa da qualsiasi altra cosa che l’umanità abbia mai sperimentato prima d’ora e si scatena: “Considerate le possibilità illimitate di avere miliardi di persone collegate a dispositivi mobili, dando così origine a una potenza di elaborazione, capacità di memorizzazione e accesso alla conoscenza senza precedenti, oppure pensate alla sbalorditiva confluenza di scoperte tecnologiche che stanno emergendo, che coprono campi molto ampi come l’intelligenza artificiale , la robotica, l’internet delle cose, i veicoli autonomi, la stampa 3D, la nanotecnologia, la biotecnologia, la scienza dei materiali, l’immagazzinamento dell’energia e il calcolo quantistico, per citarne solo alcuni. Molte di queste innovazioni sono agli albori, ma stanno già raggiungendo un punto di inflessione nel loro sviluppo, poiché incrementano e si amplificano l’un l’altra in una fusione di tecnologie tra il mondo fisico, digitale e biologico”. Si augura inoltre un incremento dell’istruzione online, che preveda “l’uso della realtà virtuale e della realtà aumentata” per “migliorare drasticamente i risultati educativi”, sensori “installati in case, vestiti e accessori, città, trasporti e reti energetiche” e città smart, con le loro importanti “piattaforme di dati”.  “Tutto sarà smart e connesso a internet”, dice ancora e ovviamente adora l’idea di ” fabbriche di cellule intelligenti” che potrebbero consentire ” la generazione accelerata di vaccini” e ” tecnologie iperavanzate. Queste, ci assicura, “offriranno modi nuovi e innovativi per servire i cittadini e i clienti” e dovremo smettere di opporci alle imprese che traggono profitto dallo sfruttamento e dalla vendita di informazioni su ogni aspetto della nostra vita personale. “Stabilire la fiducia nei dati e negli algoritmi utilizzati per prendere decisioni sarà fondamentale”, insiste Schwab. “Le preoccupazioni dei cittadini in merito alla privacy e all’accertamento della responsabilità nelle strutture aziendali e legali richiederanno degli aggiustamenti di pensiero”. In fin dei conti è chiaro che tutta questa esaltazione tecnologica ruota esclusivamente intorno al profitto, o “valore” come Schwab preferisce definirlo nella sua neolingua aziendale del 21° secolo. Così la tecnologia blockchain sarà fantastica e provocherà “un’esplosione di beni commerciabili, dato che tutti i tipi di scambio di valore possono essere ospitati sulla blockchain”. In generale, l’interesse della Quarta Rivoluzione Industriale per l’élite imprenditoriale dominante consiste nel fatto che essa “creerà fonti di valore completamente nuove” e “darà vita a ecosistemi di creazione di valore impossibili da immaginare con una mentalità bloccata nella terza Rivoluzione Industriale”. Le tecnologie della Quarta Rivoluzione Industriale, sviluppate attraverso il 5G, rappresentano una minaccia senza precedenti per la nostra libertà, come ammette Schwab: “Gli strumenti della quarta rivoluzione industriale permettono nuove forme di sorveglianza e altri mezzi di controllo che vanno contro le società sane e aperte”. Ma questo non gli impedisce di presentarle sotto una luce positiva, come quando dichiara che “la criminalità pubblica rischia di diminuire grazie alla convergenza di sensori, telecamere, IA e software di riconoscimento facciale”. Egli descrive con una certa soddisfazione come queste tecnologie “possono invadere lo spazio finora privato della nostra mente, leggendo i nostri pensieri e influenzando il nostro comportamento....man mano che le capacità in questo settore miglioreranno, aumenterà la tentazione per le forze dell’ordine e i tribunali di utilizzare tecniche per determinare la probabilità di attività criminali, valutare la colpevolezza o anche eventualmente recuperare i ricordi direttamente dal cervello delle persone. Persino l’attraversamento di un confine nazionale potrebbe un giorno comportare una dettagliata scansione del cervello per valutare il rischio per la sicurezza di un individuo. Ci sono momenti in cui il capo del WEF si lascia trasportare dalla passione per un futuro fantascientifico in cui “i viaggi umani nello spazio a lunga distanza e la fusione nucleare saranno all’ordine del giorno” e in cui “il prossimo modello di business di tendenza” potrebbe implicare che qualcuno “scambi l’accesso ai suoi pensieri per la possibilità di risparmiare tempo e di scrivere un post sui social media solo con il pensiero”. Parlare di “turismo spaziale” sotto il titolo “La Quarta Rivoluzione Industriale e l’ultima frontiera” è quasi divertente, così come la suggestione che “un mondo pieno di droni offre un mondo pieno di possibilità”. Ma quanto più il lettore avanza nel mondo rappresentato nei libri di Schwab, tanto meno esso appare come una cosa da ridere. La verità è che questa figura altamente influente, al centro del nuovo ordine globale in via di costituzione, è un vero e proprio transumanista che sogna la fine di una vita umana e di una comunità naturale e sana. Schwab ripete questo messaggio più e più volte, come per essere sicuro di averci debitamente avvertiti.“Le strabilianti innovazioni scatenate dalla quarta rivoluzione industriale, dalla biotecnologia all’IA, stanno ridefinendo ciò che significa essere umani, Il futuro metterà alla prova la nostra concezione di ciò che significa essere umani, sia dal punto di vista biologico che sociale”. Tutto questo lo spiega più dettagliatamente in Shaping the Future of the Fourth Industrial Revolution "Le tecnologie della Quarta Rivoluzione Industriale non si fermeranno a diventare parte del mondo fisico che ci circonda, ma diventeranno parte di noi. Infatti, alcuni di noi sentono già che i nostri smartphone sono diventati un’estensione di noi stessi. I dispositivi esterni di oggi (dai computer indossabili alle cuffie di realtà virtuale) diventeranno quasi certamente impiantabili nel nostro corpo e nel nostro cervello. Gli esoscheletri e le protesi aumenteranno la nostra potenza fisica, mentre i progressi della neurotecnologia miglioreranno le nostre capacità cognitive. Diventeremo più capaci di manipolare i nostri stessi geni e quelli dei nostri figli." Un’intera sezione di questo libro è dedicata al tema “Alterare l’Essere Umano” in cui egli sbava sulla “capacità delle nuove tecnologie di diventare letteralmente parte di noi” e invoca un futuro di cyborg implicante “curiosi mix di vita digitale e analogica che ridefiniranno la nostra stessa natura”. Egli scrive che “queste tecnologie opereranno all’interno della nostra biologia e cambieranno il modo in cui ci interfacciamo con il mondo. Esse sono in grado di superare i confini del corpo e della mente, di migliorare le nostre capacità fisiche e persino di avere un impatto duraturo sulla vita stessa”. Nessuna violazione sembra spingersi troppo in là per Schwab, che sogna “microchip attivi impiantabili che rompono la barriera cutanea del nostro corpo”, “tatuaggi intelligenti”, “calcolo biologico” e “organismi progettati su misura”. È lieto di riferire che “i sensori, gli interruttori di memoria e i circuiti possono essere codificati nei comuni batteri dell’intestino umano” che “la Smart Dust, una varietà di computer completi con antenne, ciascuno molto più piccolo di un granello di sabbia, possono ora organizzarsi all’interno del corpo” e che “i dispositivi impiantati contribuiranno probabilmente anche a comunicare pensieri normalmente espressi verbalmente attraverso uno smartphone ‘incorporato’, così come pensieri o stati d’animo potenzialmente inespressi, attraverso la lettura di onde cerebrali e altri segnali”. La “biologia sintetica” è all’orizzonte nel mondo della Quarta Rivoluzione Industrale di Schwab e darà ai governanti capitalisti tecnocratici del mondo “la possibilità di personalizzare gli organismi scrivendo il DNA”. L’idea di neurotecnologie, in cui gli esseri umani avranno ricordi completamente artificiali impiantati nel cervello, è sufficiente per far venire il voltastomaco ad alcuni di noi, così come “la prospettiva di collegare il nostro cervello alla realtà virtuale attraverso modem corticali, impianti o nanobot”. È di poco conforto sapere che questo è tutto (naturalmente!) nell’interesse del profitto capitalistico, poiché “preannuncia nuove industrie e sistemi per la creazione di valore” e “rappresenta un’opportunità per creare sistemi di valore completamente nuovi" E che dire della “biostampa di tessuti organici” o del suggerimento che “gli animali potrebbero essere potenzialmente ingegnerizzati per produrre farmaci e altre forme di trattamento”? E il tutto diventa ancora più inquietante: sin dal sinistro programma di eugenetica della Germania nazista in cui nacque Schwab, questa scienza è stata considerata inaccettabile dalla società umana, ma ora, però, evidentemente, egli sente che l’eugenetica meriti una rivalutazione, quando annuncia, in merito all’editing genetico che il fatto che ora sia molto più facile manipolare con precisione il genoma umano all’interno di embrioni vitali, comporta la possibilità che in futuro vedremo l’avvento di bambini frutto di design che possiedono particolari caratteristiche o che sono resistenti a una specifica malattia. Nel famigerato trattato transumanista del 2002 "I Cyborg", un altro mostro tipo Schwab, Kevin Warwick prevede che gli esseri umani saranno in grado di evolversi sfruttando la super-intelligenza e le abilità aggiuntive offerte dalle macchine del futuro, unendosi ad esse. Tutto ciò indica verso lo sviluppo di una nuova specie umana, conosciuta nel mondo della fantascienza come “cyborg”. Questo non significa che tutti debbano diventare cyborg.Se siete soddisfatti del vostro stato di esseri umani, allora così sia, potete rimanere come siete. Ma attenzione: proprio come noi umani ci siamo separati dai nostri cugini scimpanzé anni fa, così i cyborg si separeranno dagli umani. Coloro che rimangono umani probabilmente diventeranno una sottospecie. Saranno, in effetti, gli scimpanzé del futuro Di conseguenza, potremmo assistere a un crescente grado di polarizzazione nel mondo, segnato da coloro che abbracciano il cambiamento da una parte, contro coloro che vi si oppongono dall’altra. “Questo darà origine a una disuguaglianza che va oltre quella sociale descritta in precedenza. Questa disuguaglianza ontologica separerà chi si adatta da chi resiste, i vincenti dai perdenti materiali in tutti i sensi delle parole. I vincenti potrebbero anche beneficiare di una qualche forma di miglioramento umano radicale generato da alcuni segmenti della quarta rivoluzione industriale (come l’ingegneria genetica) di cui i perdenti saranno privati. Questo rischia di creare conflitti di classe e altri scontri, totalmente diversi da quelli visti prima d’ora”. Schwab aveva già parlato di una “grande trasformazione” nel 2016 ed era per tale data fortemente determinato a fare tutto ciò che è in suo potere per realizzare il suo mondo artificiale transumanista di ispirazione eugenetica, della sorveglianza, del controllo e del profitto esponenziale, ed è qui che mi perito di inserire un mio possibile distinguo, un qualcosa che ha interrotto questi sogni farneticanti di un vero e proprio transfuga della specie umana, un mostro, generato, come dice il titolo di questo scritto, dal sonno della nostra ragione che ha consentito e tollerato tutto questo "il sonno della ragione genera mostri" Schwab e i suoi accoliti i vari Obama, Biden, la Clinton, Soros, Gates, Rockfeller, Epstein, Kissinger, Fauci e persino i nostri ben più modesti Colao, Renzi, Conte, Speranza, Prodi, Draghi, sono i mostri che hanno giovato di tale sonno della ragione, ovvero del sonno, della buona fede delle persone più intelligenti, più leali, più umane, che avrebbero dovuto arginare il montare di tanta malignità. Questo qualcosa che proprio nel 2016 ha interrotto la mostruosità è stata la imprevista elezione di Donald Trump a Presidente degli USA : é piuttosto palese che senza gli USA il Great Reset non può essere effettuato, si perde troppo proprio in quella tecnologia informatizzata di cui gli USA sono bene o male depositari . Il 2016 era stato fissato come inizio dell'immondo progetto, contando sulla elezione di Hilary Clinton a proseguo della Presidenza di Obama. Trump ha rappresentato, per i Mostri, con la sua imprevedibilità, colla sua dirompenza, anche con le sue esagerazioni, quattro anni di forzata dilazione che però sul finire del 2019 e l'inizio del 2020 ha ingenerato una strategia di contrasto assoluto proprio per scongiurare una sua rielezione : si è cominciato a mettere in atto tutta la bailemme di un virus, di un contagio, tra l'altro alquanto prevista in maniera distopica, non solo da scrittori famosi, ma anche in una infinità di film serie Tv, romanzetti minori, financo fumetti e fantasie varie, facendo incetta di quanto di peggio la socialità potesse offrire : manipolazione di informazione, asservimento dei mass media, ricorso a terrorismo mediatico su quel fattore sanitario, che storicamente e tradizionalmente offriva quel ricorso alla paura che ha sempre funzionato come massimo deterrente per impedire la presa di coscienza delle comunità, un aggiornamento insomma del famoso detto di Manzoni a proposito della peste del 1630 "Cabala ordita per far bottega sul pubblico spavento" . Tutto a mio modesto parere è stato impiegato per scongiurare la rielezione di Trump, e quando i dati erano nuovamente contro di loro, com e più del 2016 si è dato aggio alla più mostruosa macchinazione e falsificazione di voti, facendo intervenire il voto postale he è proprio quello più suscettibile ad essere oggetto di marchiane manipolazioni. Oggi giorno di Natale del 2020 non è ancora detto che Trump abbia realmente perso, ci sono varie possibilità che la colossale truffa sia smascherata: si dice che dobbiamo aspettare la Befana, per veder disvelate delle mosse che Trump il grande nemico del Great Reset ha ancora da muovere: sarebbe l'ultima possibilità della tradizione umana di uscire vincitrice dalla grande lotta contro il mostruoso e recuperare quindi la propria storia, la propria tradizione e l propria libertà, ma occorre che nessuno più si addormenti e vigilare, stabilire paletti, trincee e torri di guardia, perchè i mostri non escano più dall'inferno che li ha vomitati. 
D'altronde nel suo libro più recente Schwab ha manifestato la preoccupazione che qualche tassello possa venire a mancare, a prescindere dalla questione della Presidenza Statunitense e ha fornito un contesto storico, che è contrario al suo decantato globalismo, sottolineando che “l’antiglobalismo è stato forte nel periodo precedente al 1914 e fino al 1918, poi è diminuito durante gli anni Venti, ma si è riacceso negli anni Trenta in seguito alla Grande Depressione” per quindi osservare che con l’inizio del nuovo milennio “il contraccolpo politico e sociale contro la globalizzazione si è rafforzato senza sosta”, ed un certo ” malcontento sociale” si è diffuso in tutto il mondo, citando i Gilet Gialli in Francia tra i vari movimenti, e invoca lo “scenario cupo” che “potrebbe verificarsi di nuovo”. Dunque come può un onesto tecnocrate realizzare il suo futuro ideale per il mondo senza il consenso dell’opinione pubblica mondiale? Come possono Schwab e i suoi amici miliardari imporre la società da loro auspicata al resto del mondo? Una soluzione è attraverso un’incessante propaganda e lavaggio del cervello che i mass media e il mondo accademico di proprietà dell’1% dell’élite (ciò che a loro piace chiamare “una narrazione”). Per Schwab, la riluttanza della maggioranza dell’umanità a salire a bordo del treno verso la quarta rivoluzione industriale rispecchia la tragica circostanza che “al mondo manca una narrazione coerente, positiva e comune che delinei le opportunità e le sfide della quarta rivoluzione industriale, una narrazione che è essenziale se vogliamo dare forza a un insieme diversificato di individui e comunità ed evitare un contraccolpo popolare contro i cambiamenti radicali in corso”e aggiunge che “è quindi fondamentale investire attenzione ed energia nella cooperazione multilaterale al di là dei confini accademici, sociali, politici, nazionali e industriali. Queste interazioni e collaborazioni sono necessarie per creare narrazioni positive, comuni e piene di speranza, che consentano a individui e gruppi di tutte le parti del mondo di partecipare alle trasformazioni in corso e di trarne vantaggio”. Una di queste “narrazioni” occulta le ragioni per cui la tecnologia della quarta rivoluzione industriale deve essere installata ovunque nel mondo il più presto possibile. Schwab è frustrato dal fatto che “più della metà della popolazione mondiale (circa 3,9 miliardi di persone) non possa ancora accedere a Internet”, con l’85% della popolazione dei Paesi in via di sviluppo che rimane offline e quindi irraggiungibile, differentemente dal 22% del mondo sviluppato. L’obiettivo reale della Quarta Rivoluzione Industriale è quello di sfruttare queste popolazioni a scopo di lucro attraverso il tecno-imperialismo globale, ma ovviamente questo non può essere dichiarato nella “narrazione” propagandistica necessaria per vendere il piano. La loro missione deve invece essere presentata, come fa lo stesso Schwab, come un tentativo di “sviluppare tecnologie e sistemi che servano a distribuire valori economici e sociali come il reddito, le opportunità e la libertà a tutti i portatori di interesse”. Si atteggia devotamente a guardiano dei valori liberali illuminati, dichiarando che pensare in modo inclusivo va oltre il pensare alla povertà o alle comunità emarginate semplicemente come un’aberrazione, ma a qualcosa che possiamo risolvere. Ci costringe a realizzare che “i nostri privilegi si trovano sullo stesso piano della loro sofferenza” e va al di là del reddito e dei diritti, anche se questi rimangono importanti. Attraverso l’inclusione degli stakeholder e la distribuzione dei benefici si ampliano le libertà per tutti”. La stessa tecnica, di una finta “narrazione” progettata per ingannare i cittadini benpensanti a sostenere uno schema capitalista imperialista, è stata ampiamente utilizzata per quanto riguarda il cambiamento climatico. È altresì un sostenitore della proposta di un globale New Deal for Nature, in particolare attraverso il programma Voice for the Planet, che è stato lanciato al WEF di Davos nel 2019 dai Global Shapers, un’organizzazione giovanile creata da Schwab nel 2011 e giustamente descritta dal giornalista investigativo Cory Morningstar come “una grottesca esibizione di abuso aziendale mascherata come qualcosa di positivo”. Nel suo libro del 2020, Schwab illustra il modo in cui il finto “attivismo giovanile” viene utilizzato per promuovere i suoi personali obiettivi capitalistici. Scrive, in un passaggio estremamente franco che “l’attivismo giovanile sta aumentando in tutto il mondo, essendo stato rivoluzionato dai social media che aumentano la mobilitazione in una misura che prima sarebbe stata impossibile. Esso assume molte forme diverse, dalla partecipazione politica non istituzionalizzata alle manifestazioni e alle proteste, e affronta questioni diverse come il cambiamento climatico, le riforme economiche, l’uguaglianza di genere e i diritti LGBTQ. La giovane generazione è saldamente all’avanguardia del cambiamento sociale. Non c’è dubbio essa che sarà il catalizzatore del cambiamento e la leva per un momento cruciale per il Grande Reset”. In realtà, ovviamente, il futuro ultra-industriale proposto da Schwab sarà tutt’altro che verde. Non è la natura che gli interessa, ma il “capitale naturale” e “l’incentivazione degli investimenti nei mercati della frontiera verde e sociale”.Le “soluzioni” di Schwab per i danni strazianti inflitti al nostro mondo naturale dal capitalismo industriale consistono nello stesso veleno, se non peggio. La geoingegneria è uno dei suoi cavalli di battaglia: “le proposte includono l’installazione di specchi giganti nella stratosfera per deviare i raggi del sole, la semina chimica dell’atmosfera per aumentare le precipitazioni e il dispiegamento di grandi macchine per rimuovere l’anidride carbonica dall’aria”. E poi aggiunge: “attualmente si stanno immaginando nuovi approcci attraverso la combinazione di tecnologie della Quarta Rivoluzione Industriale, come le nanoparticelle e altri materiali avanzati”. Come tutte le imprese e le ONG pro-capitaliste che sostengono il messo in pericolo New Deal for Nature, Schwab è completamente e profondamente “non-green”. Per lui, la “possibilità ultima” di un’energia “pulita” e “sostenibile” comprende la fusione nucleare. Egli attende con ansia il giorno in cui i satelliti “copriranno tutto il pianeta con percorsi di comunicazione che potrebbero aiutare a collegare gli oltre 4 miliardi di persone ancora prive di accesso online” Schwab inoltre si rammarica molto di tutta quella burocrazia che impedisce l’avanzamento senza ostacoli degli alimenti geneticamente modificati, avvertendo che “la sicurezza alimentare globale sarà raggiunta, tuttavia, solo se le norme sugli alimenti geneticamente modificati saranno adattate per dimostrare che la modificazione genetica offre un metodo preciso, efficiente e sicuro per migliorare le colture”. Il nuovo ordine previsto da Schwab abbraccerà il mondo intero e quindi è necessaria una governance globale per imporlo, come egli afferma ripetutamente.Il suo futuro preferito “si realizzerà solo attraverso una migliore governance globale” insiste. “È necessaria una qualche forma di governance globale efficace”.
Il problema che abbiamo oggi è quello di un possibile “deficit di ordine globale”, afferma, aggiungendo inverosimilmente che l’Organizzazione Mondiale della Sanità “è gravata da risorse limitate e in diminuzione”. Quello che in realtà sta dicendo è che la sua società del grande reset e della quarta rivoluzione industriale funzionerà solo se imposta simultaneamente in tutto il pianeta, altrimenti “rimarremo paralizzati nei nostri tentativi di affrontare e rispondere alle sfide globali”.Egli ammette che “in poche parole, la governance globale il nesso di tutte queste altre questioni”. Questo che ingloba tutto disapprova molto l’idea che una particolare popolazione decida democraticamente di intraprendere un’altra strada. Tali popolazioni “rischierebbero di rimanere isolate dalle norme globali, mettendo queste nazioni a rischio di diventare i ritardatari della nuova economia digitale”, avverte Schwab. Ogni senso di autonomia e di attaccamento alle radici è considerato una minaccia dal punto di vista imperialista di Schwab e deve essere sradicato con la quarta rivoluzione industriale. Gli individui erano soliti identificare la loro vita più da vicino con un luogo, un gruppo etnico, una particolare cultura o anche una lingua. L’avvento del coinvolgimento online e la maggiore esposizione alle idee di altre culture fanno sì che le identità siano ora più fungibili rispetto al passato… Grazie alla combinazione di modelli migratori storici e di connettività a basso costo, si stanno ridefinendo le strutture familiari La democrazia vera e propria rientra essenzialmente nella stessa categoria per Schwab. Egli sa che la maggior parte delle persone non accetterà di buon grado i piani per distruggere le loro vite e renderle schiave di un sistema globale di sfruttamento tecno-fascista, quindi la possibilità dare loro voce in capitolo è semplicemente esclusa. Per questo motivo il concetto di “stakeholder” è stato così importante per il progetto di Schwab. Come già discusso in precedenza, si tratta della negazione della democrazia, con l’accento posto invece sul “raggiungere i gruppi di stakeholder per la costruzione di soluzioni”. Se il pubblico, le persone, sono incluse in questo processo ciò avviene meramente a livello superficiale. Il programma è già stato pre-ipotizzato e le decisioni sono state già prese dietro le quinte. Schwab lo ammette efficacemente quando scrive: “dobbiamo ristabilire un dialogo tra tutti gli stakeholder per garantire una comprensione reciproca che costruisca ulteriormente una cultura di fiducia tra le autorità di regolamentazione, le organizzazioni non governative, i professionisti e gli scienziati.Anche il pubblico deve essere preso in considerazione, perché deve partecipare alla formazione democratica degli sviluppi biotecnologici che riguardano la società, gli individui e le culture”. Quindi “anche” il pubblico deve essere considerato, in un secondo momento. Nemmeno consultato direttamente, solo “considerato”! E il ruolo del popolo, il demos, sarà solo quello di “partecipare” alla “formazione” degli sviluppi biotecnologici. La possibilità che il pubblico respinga di fatto l’idea stessa di sviluppo biotecnologico è stata completamente eliminata grazie ai presupposti volutamente costruiti con la formula degli stakeholder. Lo stesso messaggio è implicito nel titolo della conclusione di Schwab in “Shaping the Future of the Fourth Industrial Revolution:What You Can Do to Shape the Fourth Industrial Revolution La tecno-tirannia non può essere messa in discussione o fermata, semplicemente “plasmata” (shaped). Schwab usa il termine “leadership di sistema” per descrivere il modo profondamente antidemocratico in cui l’1% impone la sua agenda a tutti noi, senza darci la possibilità di dire “no”. Egli scrive che “la leadership dei sistemi consiste nel coltivare una visione condivisa del cambiamento, lavorare insieme a tutti gli stakeholder della società globale e poi agire su di essa per cambiare il modo in cui il sistema offre i suoi benefici e a chi li offre. La leadership di sistema richiede l’azione di tutti gli stakeholder, inclusi gli individui, i dirigenti d’azienda, gli influencer sociali e i decisori politici”. Egli definisce a questo controllo a tutto spettro dall’alto verso il basso come “la gestione del sistema dell’esistenza umana" sebbene altri potrebbero preferire il termine “totalitarismo“.Uno dei tratti distintivi del fascismo storico in Italia e in Germania era la sua insofferenza per le scomode restrizioni imposte alla classe dirigente (“la Nazione” in linguaggio fascista) dalla democrazia e dal liberalismo politico. Tutto questo doveva essere spazzato via per consentire una Blitzkrieg di “modernizzazione” accelerata. Vediamo riaffiorare lo stesso spirito negli appelli di Schwab per una “governance agile” in cui egli sostiene che “il passo dello sviluppo tecnologico e di una serie di caratteristiche delle tecnologie rendono inadeguati i cicli e i processi politici precedenti”. Per Schwab, il ruolo dello Stato è quello di far progredire gli obiettivi capitalistici, non di tenerli sotto controllo in alcun modo. Sebbene egli sia del tutto favorevole al ruolo dello Stato nel consentire l’acquisizione della nostra vita da parte delle imprese, è meno interessato alla sua funzione di regolamentazione, che potrebbe rallentare l’afflusso di profitti nelle mani dei privati, e quindi prevede “lo sviluppo di ecosistemi di regolatori privati, in competizione sui mercati”. Curiosamente, in questo 2020 c’è stata effettivamente una “pandemia” e queste “circostanze di emergenza pre-concordate” sono diventate realtà. Ciò non deve essere stato una sorpresa per Schwab, visto che il suo WEF era tra gli organizzatori della famigerata conferenza “Event 201” dell’ottobre 2019, in cui fu simulata una pandemia di coronavirus fittizia Così ha perso poco tempo per far uscire un nuovo libro, “Covid-19: The Great Reset”, realizzato in collaborazione con Thierry Malleret, che gestisce qualcosa chiamato “The Monthly Barometer”, “una succinta analisi predittiva fornita agli investitori privati, ai CEO, ai decisori e agli opinion maker globali”. Pubblicato nel luglio 2020, il libro si propone di partorire “congetture e idee su come potrebbe e forse dovrebbe apparire il mondo post-pandemico”. Schwab e Malleret ammettono che il Covid-19 è “una delle pandemie meno mortali che il mondo abbia conosciuto negli ultimi 2000 anni”, aggiungendo che “le conseguenze di COVID-19 in termini di salute e mortalità saranno miti rispetto alle pandemie precedenti”. E aggiungono che “essa non costituisce una minaccia esistenziale, né uno shock che lascerà la sua impronta sulla popolazione mondiale per decenni”. Eppure, incredibilmente, questa “lieve” malattia viene presentata contemporaneamente come la scusa per un cambiamento sociale senza precedenti all’insegna del “Grande Reset”! E sebbene dichiarino esplicitamente che il Covid-19 non costituisce un grande “shock”, gli autori usano ripetutamente lo stesso termine per descrivere l’impatto più ampio della crisi. Schwab e Malleret collocano il Covid-19 in una lunga tradizione di eventi che hanno facilitato cambiamenti improvvisi e significativi nelle nostre società. In particolare evocano la Seconda Guerra Mondiale: la Seconda Guerra Mondiale è stata la quintessenza della guerra di trasformazione, innescando non solo cambiamenti fondamentali nell’ordine globale e nell’economia globale, ma anche cambiamenti radicali negli atteggiamenti e nelle credenze sociali che alla fine hanno aperto la strada a politiche e disposizioni da contratto sociale radicalmente nuove (come l’ingresso delle donne nella forza lavoro prima di acquisire il diritto di voto Ci sono ovviamente differenze fondamentali tra una pandemia e una guerra (che considereremo in modo più dettagliato nelle pagine seguenti), ma l’entità del loro potere di trasformazione è paragonabile. Entrambe hanno il potenziale per essere una crisi trasformativa di proporzioni inimmaginabili in precedenza. Si aggiungono anche al coro di molti “teorici della complotto” contemporanei nel fare un confronto diretto tra il Covid-19 e l’11 settembre: “questo è quanto è successo dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001: in tutto il mondo, nuove misure di sicurezza come l’impiego diffuso di telecamere, la richiesta di carte d’identità elettroniche e la registrazione dei dipendenti o dei visitatori in entrata e in uscita sono diventate la norma. All’epoca queste misure erano considerate estreme, ma oggi sono utilizzate ovunque e considerate “normali”. Quando qualsivoglia tiranno dichiara il proprio diritto di governare su un popolo senza tener conto delle sue opinioni, ama giustificare la propria dittatura con la pretesa di avere il diritto morale di farlo perché egli è “illuminato”. Lo stesso vale per la tirannia alimentata dal Covid del Grande Reset di Schwab, che il libro classifica come “leadership illuminata”, aggiungendo: “Alcuni leader e decisori che erano già in prima linea nella lotta contro il cambiamento climatico potrebbero voler approfittare dello shock inflitto dalla pandemia per attuare cambiamenti ambientali più ampi e duraturi. Essi, in effetti, faranno ‘buon uso’ della pandemia non lasciando che la crisi vada sprecata L’élite capitalistica mondiale al potere ha certamente fatto del suo meglio per “approfittare dello shock provocato dal panico”, assicurando tutti noi fin dai primi giorni dell’epidemia che, per qualche imperscrutabile ragione, niente nella nostra vita tornerà come prima.Schwab e Malleret sono, inevitabilmente, entusiasti dell’uso del termine “nuova normalità, nonostante abbiano ammesso che il virus è stato sempre e solo “blando”.“È il nostro momento decisivo”, esclamano. “Molte cose cambieranno per sempre”. “Un nuovo mondo emergerà”. “Lo sconvolgimento sociale scatenato da COVID-19 durerà per anni, e forse per generazioni”. “Molti di noi stanno pensando a quando le cose torneranno alla normalità. La risposta immediata è: mai! ”. Arrivano persino a proporre una nuova separazione storica tra “l’era pre-pandemica” e “il mondo post-pandemico”. Scrivono che “cambiamenti radicali di tale conseguenza che alcuni esperti arrivano a riferirsi ad un’era ‘prima del coronavirus’ (A.C.) e ‘dopo il coronavirus’ (D.C.). Continueremo a rimanere sorpresi sia dalla rapidità che dalla natura inaspettata di questi cambiamenti, poiché essi si fondono l’uno con l’altro, provocando conseguenze di secondo, terzo, quarto ordine e oltre, effetti a cascata ed esiti imprevisti. Così facendo, daranno forma ad una “nuova normalità” radicalmente diversa da quella che ci lasceremo progressivamente alle spalle. Molte delle nostre convinzioni e delle nostre assunzioni su come il mondo potrebbe o dovrebbe apparire saranno distrutte. Come ho precedentemente osservato già nel 2016, Schwab puntava a “nuovi modi di usare la tecnologia per cambiare il comportamento” e prevedeva che “la portata e l’ampiezza della rivoluzione tecnologica in corso porterà a cambiamenti economici, sociali e culturali di proporzioni così fenomenali da essere quasi impossibili da pronosticare”. Trump gli ha rovinato la festa e da qui si diparte la controffensiva innescata per questo 2020 con la farsa di un virus inventato e mantenuto attraverso la paura e la coercizione sanitaria con l'avallo della più liberticida delle concezioni: la invidia della mentalità sinistrorsa. Il Covid-19 è stata evidentemente una grande opportunità per quei capitalisti che speravano di incassare sulla distruzione dell’ambiente. I primi dati mostrano che nel primo trimestre del 2020 il settore della sostenibilità ha superato quello dei fondi convenzionali”. Gli squali capitalisti del cosiddetto “settore della sostenibilità” si stanno fregando le mani con gioia alla prospettiva di tutti i soldi che stanno per fare con il Grande Reset attuato con il pretesto del Covid, in cui lo Stato è reso strumento per finanziare il loro ipocrita affarismo. Schwab e Malleret notano che “la chiave per gonfiare il capitale privato con nuove fonti di valore economico nature-positive sarà quella di spostare le principali leve politiche e gli incentivi della finanza pubblica nell’ambito di un più ampio reset economico”. Il Covid-19 serve perfettamente ai propositi di Schwab, poiché l’urgenza immediata che presenta permette di accelerare e velocizzare l’intero processo senza controllo. “Questa differenza cruciale tra i rispettivi orizzonti temporali di una pandemia e quelli del cambiamento climatico e della perdite della natura significa che il rischio di una pandemia richiede un’azione immediata, seguita da un risultato rapido, mentre il cambiamento climatico e la perdite della natura richiedono sì anch’essi un’azione immediata, ma il risultato (o ‘ricompensa futura’, nel gergo degli economisti) seguirà solo con un certo ritardo”. Per Schwab e i suoi amici, il Covid-19 è il grande acceleratore di tutto ciò che da anni vogliono imporci. Riescono a malapena a nascondere la loro gioia per la direzione che la società sta prendendo: “la pandemia accelererà ancora di più l’innovazione, catalizzando i cambiamenti tecnologici già in atto ( è paragonabile all’effetto esacerbante che ha avuto su altre questioni globali e nazionali di fondo) e “mettendo il turbo” a qualsiasi business digitale e alla dimensione digitale di qualsiasi business”. “Con la pandemia, la ‘trasformazione digitale’ di cui tanti analisti si occupano da anni, senza essere esattamente sicuri di cosa significhi, ha trovato il suo catalizzatore. Uno dei principali effetti del confinamento sarà l’espansione e la progressione del mondo digitale in modo decisivo e spesso permanente. “Nell’aprile del 2020, diversi leader del Big Tech hanno osservato quanto rapidamente e radicalmente le necessità create dalla crisi sanitaria abbiano accelerato l’adozione di una vasta gamma di tecnologie. Nell’arco di un solo mese, è apparso che molte aziende in termini di adozione delle tecnologie siano balzate avanti di diversi anni” Il destino sta chiaramente sorridendo a Klaus Schwab, poiché questa crisi del Covid-19 è riuscita a far avanzare, per sua fortuna, praticamente ogni aspetto dell’agenda che egli ha promosso nel corso dei decenni. E così lui e Malleret riportano con soddisfazione che “la pandemia accelererà l’adozione dell’automazione sul posto di lavoro e l’introduzione di un maggior numero di robot nella nostra vita personale e professionale” I Lockdown in tutto il mondo hanno, inutile dirlo, fornito un grande impulso finanziario alle aziende che offrono shopping online. Gli autori raccontano che “i consumatori hanno bisogno di prodotti e, se non possono fare acquisti, inevitabilmente ricorreranno all’acquisto online. Man mano che l’abitudine prende piede, le persone che non avevano mai fatto acquisti online prima d’ora si sentiranno più a loro agio a farli, mentre le persone che prima facevano acquisti online solo parzialmente faranno presumibilmente più affidamento su di essi. Questo è stato reso evidente durante i lockdown. Negli Stati Uniti, Amazon e Walmart hanno assunto complessivamente 250.000 lavoratori per tenere il passo con l’aumento della domanda e hanno costruito enormi infrastrutture per la fornitura online. Questa crescita accelerata dell’e-commerce significa che i giganti dell’industria del commercio al dettaglio online usciranno probabilmente dalla crisi ancora più forti di quanto non fossero nell’era pre-pandemica”. E aggiungono: “man mano che sempre più beni e servizi ci vengono forniti attraverso i nostri cellulari e computer, le aziende di settori così diversi come l’e-commerce, le operazioni contactless, i contenuti digitali, i robot e le consegne via drone (per citarne solo alcuni) prospereranno. Non è un caso che aziende come Alibaba, Amazon, Netflix o Zoom siano emerse come ‘vincitrici’ dai lockdown”. Il passaggio all’attività online, ispirato dal Covid, va ovviamente a vantaggio della Big Tech, che sta ottenendo enormi profitti dalla crisi, come descrivono gli autori: “il valore di mercato combinato delle aziende leader del settore tecnologico ha raggiunto record su record durante i lockdown, risalendo addirittura al di sopra dei livelli di prima dello scoppio dell’epidemia… è improbabile che questo fenomeno si attenui in tempi brevi, anzi, è probabile che si verifichi piuttosto il contrario”. Ma ci sono buone notizie anche per tutte le imprese coinvolte, che non devono più pagare gli esseri umani per lavorare per loro. L’automazione è, ed è sempre stata, un risparmio di costi e quindi un aumento dei profitti per l’élite capitalista. “La pandemia aumenterà certamente la nostra attenzione per l’igiene. Una nuova ossessione per la pulizia comporterà in particolare la creazione di nuove forme di imballaggio. Saremo incoraggiati a non toccare i prodotti che acquistiamo. Semplici piaceri come annusare un melone o spremere un frutto saranno disapprovati e potrebbero addirittura diventare un ricordo del passato” Dopo un po’ di tempo, le persistenti preoccupazioni per la disoccupazione tecnologica si ridurranno, poiché le società sottolineeranno il bisogno di ristrutturare i luoghi di lavoro in modo da ridurre al minimo lo stretto contatto umano. Infatti, le tecnologie di automazione sono particolarmente adatte ad un mondo in cui gli esseri umani non possono avvicinarsi troppo l’uno all’altro o sono disposti a ridurre le loro interazioni.La nostra persistente e potenzialmente duratura paura di essere infettati da un virus (COVID-19 o un altro) accelererà così l’implacabile marcia dell’automazione, in particolare nei campi più suscettibili all’automazione”. Come già detto, Schwab è stato a lungo frustrato da tutte quelle seccanti normative che impediscono ai capitalisti di fare tutti i soldi che vorrebbero si concentrano su preoccupazioni economicamente irrilevanti come la sicurezza e il benessere degli esseri umani. Ma (hurrà!) la crisi da Covid ha fornito la scusa perfetta per eliminare gran parte di questi ostacoli obsoleti per la prosperità e la crescita. Fin dall’inizio della crisi del Covid, come loro stessi riconoscono, ingenti somme di denaro sono state trasferite dalle casse pubbliche nelle tasche rigonfie dell’1%: “nell’aprile del 2020, proprio quando la pandemia ha iniziato ad inghiottire il mondo, i governi di tutto il mondo avevano annunciato programmi di stimolo per diversi trilioni di dollari, come se otto o nove piani Marshall fossero stati messi in atto quasi contemporaneamente”. Continuano affermando che “il COVID-19 ha riscritto molte delle regole del gioco tra pubblico e privato. … La benevola (o meno) maggiore intrusione dei governi nella vita delle imprese e nella conduzione dei loro affari dipenderà dal paese e dal settore industriale, quindi assumerà molte forme diverse”. “Misure che sarebbero sembrate inconcepibili prima della pandemia potrebbero ben presto diventare la norma in tutto il mondo, con i governi che cercheranno di evitare che la recessione economica si trasformi in una depressione catastrofica. “Sempre più spesso si chiederà al governo di agire come “pagatore di ultima istanza” per prevenire o arginare l’ondata di licenziamenti di massa e di distruzione delle imprese innescati dalla pandemia. Tutti questi cambiamenti stanno alterando le regole del ‘gioco’ della politica economica e monetaria”. Schwab e il suo collega accolgono di buon grado la prospettiva che un aumento dei poteri dello Stato venga utilizzato per sostenere il profitto delle grandi imprese. Scrivono infatti che “una delle grandi lezioni degli ultimi cinque secoli in Europa e in America è la seguente: le crisi acute contribuiscono a rafforzare il potere dello Stato. È sempre stato così e non c’è motivo per cui debba essere diverso con la pandemia COVID-19”. L’idea di riscrivere le regole del gioco ricorda ancora una volta molto il linguaggio fascista, così come, naturalmente, l’idea di aumentare in modo permanente il ruolo dello Stato nell’aiutare il settore privato. Vale infatti la pena di confrontare la posizione di Schwab su questo tema con quella del dittatore fascista italiano Benito Mussolini, che rispose alla crisi economica del 1931 istituendo un apposito organismo di emergenza, L’Istituto mobiliare italiano, per aiutare le imprese. Egli dichiarò che questo fosse “uno strumento per spingere energicamente l’economia italiana verso la sua fase corporativa, cioè un sistema che fondamentalmente rispetta la proprietà e l’iniziativa privata, ma le lega strettamente allo Stato, che da solo può proteggerle, controllarle e nutrirle”. I sospetti sulla natura fascista del grande reset di Schwab sono confermati, naturalmente, dalle misure da stato di polizia che sono state messe in atto in tutto il mondo per garantire il rispetto delle misure “d’emergenza” contro il Covid. La forza bruta che non si nasconde mai sotto la superficie del sistema capitalista diventa sempre più visibile quando entra nella fase fascista e questo è molto evidente nel libro di Schwab e Malleret.
La parola “forza” viene utilizzata più volte nel contesto del Covid-19. A volte questo avviene in ambito commerciale, come nel caso delle affermazioni che “il COVID-19 ha forzato tutte le banche ad accelerare una trasformazione digitale che ora è destinata a permanere” o che “il micro reset forzerà ogni azienda in ogni settore a sperimentare nuovi modi di fare business, di lavorare e di operare”.Ma a volte si applica direttamente agli esseri umani, o ai “consumatori”, come Schwab e i suoi simili preferiscono pensare a noi. “Durante i lockdown, molti consumatori in precedenza riluttanti ad affidarsi troppo alle applicazioni e ai servizi digitali sono stati forzati a cambiare le loro abitudini quasi da un giorno all’altro: guardare film online invece di andare al cinema, farsi consegnare i pasti invece di uscire al ristorante, parlare con gli amici a distanza invece di incontrarli in carne e ossa, parlare con i colleghi su uno schermo invece di chiacchierare alla macchina del caffè, fare esercizio online invece di andare in palestra, e così via… “Molti dei comportamenti tecnologici che siamo stati forzati ad adottare durante il confinamento diventeranno più naturali grazie alla familiarità che avremo acquisito con essi. Con il persistere del distanziamento sociale e fisico, affidarsi maggiormente alle piattaforme digitali per comunicare, o lavorare, o chiedere consigli, o ordinare qualcosa, a poco a poco, guadagnerà terreno su abitudini precedentemente radicate”. Queste “misure coercitive”, che ci si aspetta che tutti noi rispettiamo, comporteranno ovviamente livelli inimmaginabili di sorveglianza fascista delle nostre vite, in particolare nel nostro ruolo di schiavi salariati. Scrivono Schwab e Malleret che “la direzione delle aziende sarà quella di una maggiore sorveglianza; nel bene e nel male, le aziende osserveranno e a volte registreranno ciò che fa la loro forza lavoro. Questa tendenza potrebbe assumere diverse forme, dalla misurazione della temperatura corporea con telecamere termiche al monitoraggio tramite un’app di come i dipendenti si adegueranno al distanziamento sociale”. È anche probabile che misure coercitive di un tipo o di un altro siano usate per costringere le persone a sottoporsi alle vaccinazioni anti-Covid attualmente in produzione. Schwab è profondamente legato a quel mondo, essendo molto amico di Bill Gates ed essendo stato lodato dal pilastro di Big Pharma Henry McKinnell, presidente e CEO di Pfizer Inc, come “una persona dedita ad una causa veramente nobile”. Non sorprende quindi che egli insista, insieme a Malleret, sul fatto che “non si può prevedere un pieno ritorno alla “normalità” prima che sia disponibile un vaccino”. E aggiunge: “Il prossimo ostacolo è la sfida politica di vaccinare un numero sufficiente di persone in tutto il mondo (siamo collettivamente forti quanto l’anello più debole) con un tasso di adesione abbastanza alto nonostante l’aumento degli no-vax”. I no global come minaccia al progetto di Schwa e i “no-vax” si aggiungono così alla lista delle minacce per il progetto di Schwab, insieme ai manifestanti anti-globalismo e agli anti-capitalisti, ai Gilet Gialli e a tutti coloro che sono impegnati in “conflitti di classe”, “resistenza sociale” e “contraccolpi politici”. La maggioranza della popolazione mondiale è già stata esclusa dai processi decisionali a causa della mancanza di democrazia che Schwab vuole accentuare attraverso il suo dominio azionistico delle imprese, la sua “agile governance”, il suo “sistema di gestione totalitario dell’esistenza umana”. Ma come pensa di affrontare lo “scenario cupo” di persone che si ribellano al suo grande reset “neonormalista” e alla sua quarta rivoluzione industriale transumanista? Quale grado di “forza” e di “misure coercitive” sarebbe disposto ad accettare per assicurare l’alba della sua nuova era tecnocratica? La domanda è agghiacciante, ma dobbiamo anche tener presente l’esempio storico del regime del XX secolo in cui è nato Schwab. La nuova normalità nazista di Hitler doveva durare mille anni, ma è crollata con 988 anni di anticipo rispetto all’obiettivo. Solo perché Hitler disse, con tutta la fiducia datagli dal potere, che il suo Reich sarebbe durato un millennio, non significava che sarebbe andata così. Solo perché Klaus Schwab e Thierry Malleret e i loro amici dicono che stiamo entrando nella Quarta Rivoluzione Industriale e che il nostro mondo sarà cambiato per sempre, non significa che andrà così. Non dobbiamo accettare la loro nuova normalità. 
Non dobbiamo cadere nella paura che vogliono infonderci. Non dobbiamo farci i loro vaccini. Non dobbiamo lasciarci impiantare i loro smartphone o lasciare che modifichino il nostro DNA. Non dobbiamo camminare, imbavagliati e sottomessi, dritti verso il loro inferno transumanista. Possiamo denunciare le loro bugie! Smascherare la loro agenda! Rifiutare la loro narrazione! Rifiutare la loro ideologia tossica! Resistere al loro fascismo! Klaus Schwab non è un dio, ma un essere umano. Soltanto un uomo anziano. E quelli con cui lavora, l’élite capitalista globale, sono pochi. I loro scopi non sono gli scopi della stragrande maggioranza dell’umanità. La loro visione transumanista è ripugnante per quasi tutti quelli al di fuori della loro piccola cerchia e non hanno il consenso per la dittatura tecnocratica che cercano di imporci.Questo, dopo tutto, è il motivo per cui hanno dovuto usare la falsa bandiera della lotta contro un virus per cercare di realizzarla. Hanno capito che senza la giustificazione dell'”emergenza” non avremmo mai accettato il loro schema perverso.Hanno paura del nostro potenziale potere perché sanno che se ci alziamo in piedi, li sconfiggeremo. Possiamo far crollare il loro progetto prima ancora che sia iniziato. Ed ecco perchè persone come Trump, come Putin, come Luckacensko, come Bolsonaro, che si oppongono a tutti gli abbietti disegni di questi mostri,  possono essere le nostre guide 


EZIOLOGIA E EFFETTI DELLA PANDEMIA

 

La teoria  che spesso riportava  Manfredo Tafuri   genialissimo professore a Venezia di architettura (ebbe la cattedra a 27 anni  nel 1962) , ma amico di famiglia in quanto cognato del mio intimo amico Sandro Rapisarda, poneva il Classicismo direttamente correlato alla peste nera, ovvero individuava nell'emergenza di un mondo spopolato appunto dall'epidemia che aveva fatto 20 milioni di morti,  (cosa però che a me sembra alquanto gonfiatella  e comunque non la peste bubbonica che era in realtà una grave eruzione coetanea , ma la seconda ondata ovvero quella che colpiva i polmoni ovvero non c'entrava più tanto la sporcizia quanto  la paura che difatti si appunta ai polmoni, secondo le  giustissime tesi della teoria di Geerd Ryke Hamer  e che si evidenziano anche oggi ) l'abbandono dell'esperienza artistica gotica che faceva leva sulla trasmissione del'esperienza della varie manovalanze, spesso e volentieri identificabili in una intera comunità cittadina, ed il ricorso invece ad un codice di pronta applicazione, quale quello desunto da una serie di ritrovamenti archeologici di antiche pratiche costruttive (un esempio classico il De re aedificatoria di Vitruvio) che potessero uniformarsi al pronto impiego nelle varie occasioni progettuali, nell'ambito sopratutto cittadino (una piazza, una strada, un edificio pubblico, una chiesa, una cupola etc) di cui tra l'altro se ne potevano misurare le correlazioni di impatto urbano grazie alla scoperta dello strumento tecnico della prospettiva. Un codice quindi tratto dall'antico , piegabile alle nuove esigenze emerse dal ripensamento del mondo dopo la grande tragedia, la cui efficacia e validità riposava nell'essere appunto una sorta di pellicola (l'ordine onico, Dorico, corinzio, la trabeazione, il capitello, l'arco, la cupola etc) da applicare alla bisogna e da non sottoporre ad eccessiva verifica, pena la perdita di questa straordinaria valenza di pronta adattabilità ad ogni circostanza , tra l'altro perfettamente prevedibile grazie alla prospettiva che poteva applicarsi a livello di ciascun manufatto - esemplare la vicenda artistica di un Filippo Brunelleschi che praticamente ha un esempio per ogni tipo edilizio (dalla più famosa Cupola, ad una piazza, una chiesa, una via , un ospedale) ma che troverà anche un esemplificazione a livello di una intera città ,
ovvero il Rossellino per la Pienza di Papa Pio II Piccolomini e il secolo dopo, l'Addizione Erculea di Biagio Rossetti a Ferrara. All'epoca (1971) trovai tale teoria entusiasmante, ma per capirla bene e sopratutto porvi una correlazione colla situazione attuale, bisogna che approfondiamo alcuni punti che sono da compendio al dato prettamente artistico sociale e anche codicistico. A monte difatti della Grande Pandemia del 1348, che in pochissimo tempo spopolò il mondo facendo oltre 20 milioni di morti, va analizzata al dettaglio la situazione che consentì al morbo di svilupparsi : tra il X secolo e gli inizi del XIV si assistette in Europa a una lenta ma costante crescita della popolazione, che arrivò a raddoppiare in Francia e in Italia e addirittura a triplicare in Germania. Ciò fu favorito da una stabilizzazione delle strutture politiche che portò maggior sicurezza e a un periodo di clima mite, conosciuto come periodo caldo medievale. L'economia prosperò: dopo secoli le vie di comunicazione tornarono a essere mantenute in efficienza e così gli scambi commerciali fiorirono spingendosi fin verso il Mar Nero e l'impero Bizantino. All'inizio del Trecento molte città europee contavano oltre 10 000 abitanti, alcune arrivarono ad averne anche 10 volte tanto; in Italia Milano aveva una popolazione di circa 150 000 anime, Venezia e Firenze 100 000, Genova 60 000 mentre Verona, Brescia, Bologna, Pisa, Siena e Palermo si fermavano alla comunque ragguardevole cifra di circa 40 000 cittadini. Ma coi primi del '300 , quasi all'improvviso si ebbe un generale peggioramento del clima, passato poi alla storia come “piccola era glaciale”, la produzione non riuscì più a soddisfare la domanda.Tra il 1315 e il 1317 l'Europa fu investita da una grande carestia, come non ne accadevano da tempo che in alcune città, in particolare del nord, portò alla morte del 5-10% della popolazione. Altre carestie si succedettero negli anni seguenti, si ricordano quelle del 1338 e del 1343 che interessarono maggiormente l'Europa meridionale. Tra il 1325 e il 1340 le estati furono molto fresche e umide, comportando abbondanti piogge che mandarono in rovina molti raccolti e aumentarono l'estensione delle paludi esistenti. Già nel 1339 e nel 1340 vi furono epidemie, si suppone prevalentemente di infezioni intestinali, che provocarono nelle città italiane un deciso aumento della mortalità. Ad aggravare ulteriormente la situazione, nel 1337 tra il regno di Francia e il regno d'Inghilterra scoppiò un conflitto destinato a durare oltre un secolo. I contadini, impauriti dalla guerra e non più in grado di sopravvivere con gli scarsi prodotti dei loro campi, si riversarono nelle città alla ricerca di sussistenza, andando a creare insediamenti sovrappopolati dalle condizioni igieniche assai precarie, con cumuli di rifiuti giacenti a marcire per strada e assenza di fognature, con rifiuti organici versati direttamente in strada da finestre e balconi. È questo il quadro nel quale, nell'ottobre 1347, la peste, comparsa nei porti del mar Mediterraneo, trovò le condizioni ideali per scatenare una pandemia.
La denominazione di "PESTE NERA" contribuì non poco a terrorizzare l'immaginario collettivo : oltre alle devastanti conseguenze demografiche, la peste nera ebbe un forte impatto nella società del tempo. La popolazione in cerca di spiegazioni e rimedi arrivò talvolta a ritenere responsabili del contagio gli ebrei, dando luogo a persecuzioni e uccisioni; molti attribuirono l'epidemia alla volontà di dio, e cominci . Il soggetto della "danza macabra" fu un tema ricorrente delle rappresentazioni artistiche del secolo successivo. Terminata la grande epidemia, la peste continuò comunque a flagellare la popolazione europea, seppur con minor intensità, a cadenza quasi costante nei secoli successivi, per quasi scomparire nel XVIII secolo, ma ripresentarsi magari con altri nomi in tempi più vicini e riesplodere improvvisamente oggi in pieno terzo millennio, lasciandoci tutti, è il caso di dirlo, trasecolati . Se però dovessimo dare per buona la tesi di Tafuri e accettare il famoso vecchio adagio che non tutto viene per nuocere, potremmo anche ipotizzare che tutto il presente squallore distopico da racconto di Orwell e Huxley possa riservarci un futuro radioso  dove magari le molte discrasie che probabilmente la cattività contingente ha messo drammaticamente in evidenza  (sovrappopolazione, iper consumismo, buonismo sinistrorso, monopolio sanitario/farmaceutico, neo liberismo, regime comunista, etc,) possano venire meno 

martedì 16 marzo 2021

BILA NEMOC LA MALATTIA BIANCA (Karel Čapek)

ben volentieri mi trasferisco questo articolo di Alessandro Catalano  su di una opera di  Karel Capek  stante  la trama così similare all'attuale distopia che stiamo vivendo

 “In Cina, caro mio, quasi ogni anno spunta fuori qualche nuova malattia interessante” è la battuta, dal tono vagamente premonitore, pronunciata da un cinico personaggio del testo teatrale Bílá nemoc (La malattia bianca), portato sulle scene a Praga nel 1937 da Karel Čapek (1890-1938). Come in tutte le opere dello scrittore ceco che, tra le altre cose, ha creato il personaggio letterario del robot, il fantastico irrompe nella quotidianità con tutta la sua carica di devastazione, come purtroppo avviene in occasione di ogni pandemia imprevista e sconvolgente. Dopo un sofferto dialogo con pesanti toni da tragedia medievale tra tre appestati, il vanitoso consigliere di corte Sigelius, nel corso di una autoreferenziale intervista propagandistica, spiega a un giornalista la natura della pandemia in corso: la malattia infettiva morbus tschengi (dal nome del medico cinese che l’ha descritta per primo), trasmessa “da un agens ancora ignoto”, contagia le persone con più di 45 anni, si manifesta con l’insorgere di macchie bianche sul corpo e ha già portato alla morte “almeno cinque milioni di persone”. Legata alla cupa atmosfera della fine degli anni Trenta, La malattia bianca rappresenta molto più che la dissoluzione di una società, affrontando il complesso problema del legame tra pandemia e svolta autoritaria. Čapek cerca affannosamente un artificio letterario per combattere la vertiginosa ascesa della dittatura militare in un bellicoso paese limitrofo, ricorrendo a un sofisticato rovesciamento del tema della degenerazione della razza, visto che a venire colpiti dal nuovo morbo sono proprio gli uomini dalla pelle bianca.

Il caso dello scrittore ceco non è certo nuovo e, com’è noto, le epidemie hanno offerto ripetutamente, nella storia recente e più remota, lo spunto per raccontare il crollo delle società e la disperazione individuale di fronte all’improvvisa diffusione di un nemico subdolo e invisibile. Spesso portata dall’esterno da inconsapevoli untori, poi liquidati come capri espiatori, la pandemia si è dimostrata uno strumento letterario potente per disegnare mondi distopici attigui al nostro, senza dover inventare complesse società sviluppatesi dallo sfruttamento di mirabolanti scoperte scientifiche o in conseguenza di incredibili viaggi intergalattici. Spesso metafore di derive ideologiche e sociali, le epidemie sono state sfruttate da scrittori molto diversi tra loro, da Daniel Defoe ad Albert Camus, passando per Edgar Allan Poe, Alessandro Manzoni, Jack London e molti altri. Ma, nelle società occidentali, in tempi recenti le pandemie sono tristemente tornate di attualità anche come fenomeni reali, rendendo nuovamente attuali testi e pellicole di molti anni fa.

Non c’è troppo da meravigliarsi che uno scrittore come Karel Čapek, da sempre legato al tema del difficile rapporto tra scienza e potere, abbia sentito, nel 1937, l’esigenza di scrivere un’opera teatrale in cui l’epidemia si fa metafora delle preoccupanti pulsioni totalitarie della vicina Germania. Sintomatiche delle preoccupazioni di molti intellettuali cechi, dopo l’ascesa di Franco in Spagna e la generale militarizzazione europea, sono anche le illustrazioni, opera del fratello dell’autore, il pittore Josef Čapek, tratte dal ciclo Gli stivali del dittatore, anch’esso del 1937. Nella Malattia bianca il tema della contrapposizione tra dittatura e democrazia si fonde in modo originale con quello della diffusione incontrollata della pandemia e della lotta per il dominio del pianeta per sollevare un profondo e sostanziale interrogativo: è lecito sottoporre i potenti del mondo a un “ricatto pacifista”, negando loro la cura di una malattia spaventosa, a meno che non rinuncino alle guerre?

Gli stivali del dittatore

Va ricordato che Karel Čapek aveva scritto un primo “ciclo” di opere a carattere distopico tra il 1920 e il 1924, in cui scoperte di carattere scientifico-alchemico alteravano l’ordine naturale delle cose, provocando la rovina del mondo. Nella fortunatissima opera teatrale R.U.R. Rossum’s Universal Robots (1920), di recente pubblicata in una nuova traduzione da Marsilio, aveva presagito l’introduzione nel mercato dei robot (in realtà sotto forma di androidi) che avrebbero dovuto affrancare l’uomo dal lavoro, creando un neologismo, in verità coniato dal fratello Josef a partire dalla parola ceca robota (lavoro servile, fatica) destinato a un incredibile successo.Poco dopo i palcoscenici mondiali hanno accolto con favore anche Věc Makropolus(L’affare Makropulos, 1922), messo in scena con grande successo anche in Italia da Luca Ronconi, in cui la scoperta dell’elisir della lunga vita rappresenta in realtà un pretesto per indagare i problemi connessi al desiderio di liberare l’uomo dalla morte. Nello sperimentale romanzo-feulleiton Továrna na absolutno(La fabbrica dell’assoluto, 1922), di cui Voland ha appena proposto una nuova traduzione, protagonisti sono invece degli stupefacenti “carburatori” nucleari che producono come materiale di scarto nientemeno che l’assoluto, la divinità, con il conseguente stravolgimento di ogni valore umano. Questa serie è stata chiusa da Krakatit (Krakatite, 1924), che finalmente Miraggi ha presentato per la prima volta anche ai nostri lettori sanando uno dei maggiori debiti dell’editoria italiana. Quest’ultimo romanzo vede il febbrile protagonista Prokop, scopritore di un devastante esplosivo basato sulla fissione nucleare, alle prese con la concreta opportunità di poter dominare il mondo. Se in tutte queste opere l’unica possibile soluzione al conflitto era la distruzione della scoperta che aveva provocato lo stravolgimento dell’ordine e il conseguente ritorno alla vita “naturale”, molto più cupo sarà il finale del secondo ciclo di opere utopiste della seconda metà degli anni Trenta. Del romanzo 1936 Válka s mloky (La guerra delle salamandre), uno dei testi in assoluto più noti di Čapek, esistono varie edizioni della stessa traduzione italiana, particolarmente preziosa è quella del 1961, arricchita dalle curiose illustrazioni di Tono Zancaro. Il romanzo riprende in una nuova forma sperimentale la formula dei robot, dando vita però all’evoluzione di un nuovo alter ego dell’uomo dalle caratteristiche ridotte e alterate, ideale per essere sfruttato a fini lavorativi e bellici. Il fossile di una grande salamandra estinta, all’inizio erroneamente attribuito da Johann Jacob Scheuchzer, nel 1725, a “un uomo che fu testimone del Diluvio universale” offre a Čapek la straordinaria opportunità di analizzare il totale fallimento dell’uomo nel rapporto con questo essere dalla “natura golemica e diabolica” (G. Giudici), che lo priverà progressivamente di ogni spazio vitale.

La malattia bianca, pubblicata dalla rivista Sipario nel lontano 1966 in un numero speciale dedicato al teatro cecoslovacco e mai più riproposta in italiano, porta invece sul palcoscenico un insolito scontro tra le pulsioni totalitarie della società e il curioso tentativo di imporre l’utopia della pace. Il medico Galén, ennesimo nome “parlante” dell’opera di Čapek, è infatti l’unico in grado di curare la pandemia ma, in cambio del siero, pretende dai potenti del mondo l’impegno a rinunciare alla guerra (“E io non la darò finché… finché non mi prometteranno che non si ucciderà più”). L’irremovibilità del medico, in evidente contrasto con il suo giuramento, incontra comunque il netto rifiuto del dittatore: “Non possiamo mica permettere che un qualsiasi utopista c’imponga le sue condizioni!”. In un’atmosfera di febbrile militarizzazione e fabbriche a pieno servizio dell’industria bellica, di produzione di gas tossici e proposte di rinchiudere i malati in campi di concentramento, un inquietante Maresciallo vuole realizzare la sua “missione superiore” nell’interesse del suo popolo, e sta per proclamare la guerra contro “quel piccolo, miserabile staterello che aveva creduto di potere impunemente provocare e offendere il nostro grande popolo”. Il contesto non può naturalmente non richiamare la contrapposizione tra la piccola Cecoslovacchia democratica e la Germania nazista, che da lì a poco avrebbe portato alla fallimentare Conferenza di Monaco, che Čapek ha commentato infatti con queste amare parole: “non ci hanno venduti, ci hanno dati in regalo”. Non stupisce dunque che La malattia bianca, in modo alquanto inconsueto rispetto alla produzione dell’autore ceco, si chiuda senza alcuna speranza: quando il Maresciallo malato sembra deciso a proclamare la pace, Galén resta schiacciato nella ressa mentre sta andando a portargli la medicina. Il passo indietro del dittatore è quindi impedito da una folla ottusa che grida “Un traditore di meno. Gloria al Maresciallo!”.Se Krakatite è un romanzo-mondo, che attira il lettore in un vortice di temi e stili diversi, anche La malattia bianca, diviso in tre atti intitolati “Il Consigliere di Corte”, “Il barone Krüg” e “Il maresciallo”, è un’opera che osserva le vicende da punti di vista divergenti e con cambiamenti di scena repentini. I tre atti possono essere infatti letti come i frustranti incontri/scontri di questo “bambinone”, com’era scherzosamente chiamato Galén da giovane, con la scienza, la grande industria e lo stato militare, in un momento di evidente deformazione del funzionamento delle società moderne. E qui il Maresciallo, il grande imprenditore Krüg (dal tedesco Krieg, la guerra), lo scienziato Sigelius (dal tedesco Siege, la vittoria) e la folla ideologizzata testimoniano il fallimento di un’intera società, chiaramente modellata su quella tedesca, anche se in Čapek non mancano mai i riferimenti al modello originale delle dittature degli anni Trenta, il fascismo italiano. Con grande gusto l’autore ceco si sofferma in particolare sulla malleabilità della scienza di fronte alle pulsioni totalitarie, offrendo una mordace satira del servilismo e sciovinismo di quelle classi intellettuali che, in un articolo, ha definito “prostitute dei regimi contingenti e delle loro ideologie”, vendutesi per “un piatto di lenticchie”. Ciò che sta a cuore all’autore è infatti il confuso legame tra populismo, potere e malattia, che tristemente vediamo all’opera anche nel tempo presente.

A questo piano della “grande storia” si alterna la storia privata di una famiglia normale, grazie alla quale l’autore, attraverso il carrierismo del padre, può rappresentare la pandemia anche come bieca occasione di guadagno economico e sociale. Non a caso alla fine proprio il figlio sarà uno dei capi della folla che provoca la morte di Galén, questa sorta di Don Chisciotte dell’epoca totalitaria. Figura dai tratti di un messia, obiettore di coscienza a qualsiasi costo, quest’ultimo è un cittadino greco naturalizzato, ex assistente universitario, ora medico della mutua per via della sua origine sospetta, non è un grande arringatore di folle, anzi spesso si limita a ripetere frasi semplici («ma davvero non è possibile»), e si comporta come uno straniero che osserva, suo malgrado, una società malata. La sua scoperta del siero permette a Čapek di sviluppare il tema del singolo che tiene in scacco l’intera umanità: nella prefazione ha ricordato che era stato un amico dottore a suggerirgli l’idea di un medico che scopre nuovi raggi potentissimi in grado di distruggere i tumori, cosa che dà presto allo scienziato un potere assoluto. Quello della responsabilità della scienza è del resto un tema che Čapek ha affrontato ripetutamente, in quest’opera rovesciando l’assunto di Krakatite: se lì era stato tratteggiato l’angosciante dilemma interiore di chi potrebbe diventare dittatore assoluto del mondo, qui è invece un medico che cerca di utilizzare il suo potere per il bene dell’umanità intera.Se nella versione manoscritta dell’opera il medico si chiamava Herzfeld ed era ebreo, a testimonianza della critica espressa nella prefazione (“non più l’uomo, ma la classe sociale, lo stato, la nazione o la razza è ora portatrice di tutti i diritti”), nella versione definitiva il rimando è stato spostato dall’autore verso la cultura greca. Com’era già avvenuto in R.U.R. e Krakatite, la perdita dell’eredità classica segna infatti, nella nostra storia e nella nostra cultura, una cesura di tali proporzioni da spalancare la strada alla barbarie. L’ingenuo tentativo di Galén di sfruttare l’influenza sociale delle élite per ottenere la pace a ogni costo, contrapponendosi al vero dittatore ed ergendosi a medico-dittatore e fanatico della pace, termina però con un completo fallimento. Come purtroppo vediamo anche ai giorni nostri, conoscere i sintomi di una malattia, come a volte la letteratura è in grado di fare con grande anticipo rispetto alla scienza, non significa certo aver trovato una cura. Da questo punto di vista Galén è stato quindi giustamente considerato la «prima vittima della Seconda guerra mondiale».Come spesso avviene nel caso delle opere letterarie dense e polisemiche, anche La malattia bianca assume oggi una serie di nuovi significati e si colloca in modo originale nella linea di opere letterarie centrate sulle pandemie che abbiamo tratteggiato. L’intera opera di Karel Čapek è infatti a lungo rimasta nell’ombra di una precisa linea evolutiva della distopia che, per semplificare, viene di solito descritta lungo la direttrice Wells-Zamjatin-Huxley-Orwell. Lo sperimentalismo con i generi letterari, il rifiuto del finale distopico e la mancata descrizione della società del futuro, collocano di per sé l’opera di Čapek in una posizione diversa. Anche se naturalmente non sono pochi i punti di contatto con molte importanti distopie della cultura occidentale, merita qui di essere citato almeno il film Vita futura (1936), con sceneggiatura di H.G. Wells, in cui un mondo distopico sconvolto dalla seconda guerra mondiale è attraversato in un lontano futuro da un’epidemia devastante («la piaga errante»).Va inoltre ricordato che La malattia bianca rappresenta per Karel Čapek un ritorno al teatro dopo una pausa di vari anni, legato evidentemente alla necessità di far tuonare nuovamente la sua voce sul palcoscenico, nella sua concezione dello spazio teatrale come un pulpito da cui ammonire l’umanità. Le prime notizie su una nuova opera teatrale risalgono al dicembre del 1936, e il testo è stato pubblicato e messo in scena per la prima volta, a Praga e a Brno, nel gennaio del 1937. La rappresentazione ha suscitato, anche per l’attualità internazionale del tema, un’eco notevole, seguita poi dal conferimento del premio di stato per la letteratura. Uno dei grandi promotori della letteratura ceca all’estero nel periodo tra le due guerre, Max Brod, ne ha subito predetto il sicuro successo internazionale e Thomas Mann ha poi parlato di “successo trionfale” e di una fusione di elementi fantastici e simboli realizzata “con la maggiore vitalità e plasticità possibili”. Meno entusiasta è stato Karel Čapek rispetto alla messa in scena londinese del 1938 (con il titolo Power and Glory), in cui il regista ha deciso di far recitare i ruoli del dottor Galén e del Maresciallo allo stesso attore. Nella rassegnata riflessione affidata a una lettera inviata al Manchster Guardian, Čapek, pure avvezzo al continuo fraintendimento delle sue intenzioni, si è rammaricato della stravaganza di alcuni registi, paragonando l’intervento sulla propria opera a una rappresentazione in cui Otello e Desdemona venissero impersonati dallo stesso attore.Senz’altro con maggiore interesse deve avere invece accolto la riuscita trasposizione cinematografica, realizzata in tempi brevissimi con gli stessi attori della messa in scena teatrale, anche se con un’importante modifica del finale: il Maresciallo infatti firma la pace e Galén, prima di morire, lascia a un collega la formula della medicina (il film si può vedere sul canale dei classici cechi: https://www.youtube.com/watch?v=HJMUIBEzYnI). La prima proiezione ha avuto luogo il 21 dicembre del 1937 ed è stata seguita, due giorni dopo, dalla vibrante protesta dell’ambasciata tedesca. Non c’è quindi da meravigliarsi se, dopo la conferenza di Monaco, nel novembre del 1938, il film sia stato immediatamente bandito dalle sale cinematografiche, anche se per fortuna, grazie a una copia portata all’estero, siano state poi prodotte le versioni francese e inglese.Il tentativo di Karel Čapek di richiamare l’attenzione sui cambiamenti antropologici in atto nelle società occidentali e impedire la caduta della Cecoslovacchia era ovviamente destinato al fallimento, come hanno da lì a poco sancito le lugubri parole di Chamberlain nel suo discorso Peace for our Time, in cui, lasciando mano libera a Hitler, rifiutava la guerra “per una lite in un paese lontano, di cui non si sapeva niente”. La morte di Čapek, che ha assunto nel contesto ceco una chiara valenza simbolica, è apparsa qualche settimana dopo, davvero come la fine di un’epoca, anche se forse ha evitato all’autore una fine ancora peggiore. Qualche mese dopo infatti il fratello Josef, uno dei pittori cechi più significativi della prima metà del XX secolo, sarebbe stato arrestato e trascinato nei campi di Dachau, Buchenwald e Sachsenhausen, per morire poi a Bergen-Belsen poche settimane prima della fine della guerra.Come dimostra la sensazione di assoluto pessimismo con cui termina La malattia bianca, in Karel Čapek si era indebolita la fiducia nella gente comune e nella reale possibilità di fermare l’avanzare del totalitarismo. Anche se la situazione storica è oggi completamente diversa, si tratta di temi tornati di grande attualità ed è sempre più necessario tornare a interrogarsi su quali siano i rapporti tra potere, populismo, fanatismo e pandemia. Il grande potere della letteratura è in fondo proprio quello di anticipare molti problemi prima della loro esplosione e Čapek, negli anni Venti e Trenta, ha sollevato delle questioni nodali che hanno poi angosciato l’immaginario delle nostre culture per tutto il XX secolo. Nel 1937, agli occhi di un autore ceco sulla soglia di una catastrofe che sta per inghiottire tutto il mondo, la risposta è tristemente univoca: nemmeno una pandemia è in grado di bloccare la deriva militarista della società europea e, una volta linciato Galén, il corteo prosegue urlando i suoi triti slogan, “Viva la guerra! Viva il Maresciallo!”.

Karel Čapek (Malé Svatoňovice 1890 – Praga 1938), giornalista, drammaturgo e narratore, è stato uno dei maggiori scrittori cechi del Novecento ed è stato ripetutamente tradotto in italiano fin dagli anni Venti. Grande sperimentatore di nuove forme e generi letterari, ha affrontato nella sua opera temi di grande attualità: l’intelligenza artificiale, l’energia atomica, la diffusione di epidemie etc. Deve la sua consacrazione internazionale all’opera teatrale R.U.R. Rossum’s Universal Robots (1920), che ha introdotto nella cultura mondiale il termine “robot”. Molto noti sono anche l’opera teatrale L’affare Makropulos (1922), i Racconti da una e dall’altra tasca (1929) e i romanzi La fabbrica dell’assoluto (1922), Krakatite (1924) e La guerra delle salamandre 

ENTUSIASMO PER GLI DEI DELL'ETA' DELL'ORO

  La Techne' fu una  pratica di rappresentazione sempre piu’ raffinata - termine che nella accezione antica aveva pero’ un significato m...